Il mondo editoriale italiano è attraversato da un acceso dibattito che coinvolge alcuni tra i principali protagonisti dell’editoria indipendente e una delle presenze più note del Salone del Libro di Torino: la catena Libraccio. In vista dell’edizione 2025, 126 editori indipendenti hanno inviato una lettera agli organizzatori del Salone per chiedere l’esclusione del Libraccio, se non in veste esclusivamente editoriale e limitatamente alla vendita delle proprie pubblicazioni.
Il nodo della protesta risiede nella natura dell’attività che il Libraccio svolge all’interno della fiera: pur partecipando formalmente come editore, di fatto opera come una libreria dell’usato, proponendo al pubblico migliaia di titoli a prezzi molto inferiori rispetto a quelli di copertina, inclusi libri recenti pubblicati dagli stessi editori indipendenti presenti con un proprio stand. Secondo i firmatari, questa dinamica rappresenterebbe una forma di concorrenza sleale, tanto più dannosa in un contesto economico in cui il potere d’acquisto dei lettori è ridotto e il costo del biglietto d’ingresso elevato.

Il Libraccio occupa uno dei maggiori spazi espositivi del Padiglione 1 – ben 350 metri quadrati – ed è spesso tra gli stand più frequentati. La visibilità strategica e l’ampia offerta di libri usati, anche recenti, attraggono lettori che, secondo gli editori, finiscono per esaurire il proprio budget nello spazio della catena, anziché distribuirlo tra le case editrici presenti. A titolo di esempio, viene citato l’utilizzo dei Buoni libro della Regione Piemonte, che presso lo stand Libraccio possono fruttare due o tre volumi, rispetto al singolo titolo acquistabile in altri stand.
Le critiche sollevate non sono passate inosservate e hanno portato a un accordo tra il Salone del Libro e il Libraccio: a partire dall’edizione 2025, la catena si impegna a non vendere volumi pubblicati negli ultimi due anni. Ma per gli editori indipendenti si tratta di un compromesso insufficiente. Il problema, spiegano, non è tanto cosa vende il Libraccio, quanto quanto vende: il volume d’affari generato sottrarrebbe vendite agli altri espositori, vanificando in parte gli investimenti sostenuti per partecipare all’evento.
La lettera inviata al Salone si chiude con una riflessione che tocca il cuore delle criticità strutturali dell’editoria italiana: “Qual è la logica di accogliere una mega libreria che sottrae vendite a tutti gli editori? Nessuna, se non che si tratta dell’ennesima anomalia del settore editoriale italiano”. Dietro la polemica si intravede un malcontento più ampio, legato al difficile equilibrio tra logiche di mercato, sostenibilità economica degli editori indipendenti e la missione culturale di una manifestazione come il Salone del Libro, che dovrebbe, secondo molti, sostenere la bibliodiversità e non favorire modelli commerciali invasivi.
