“It’s all about tennis”. Tutto gira attorno al tennis, ce lo ha spiegato bene anche Luca Guadagnino nel suo ultimo film, Challengers. Dal fenomeno Jannik Sinner fino alla (ex) rockstar Matteo Berrettini, sembra proprio che l’Italia e il mondo (specie quello social) si stiano sempre più appassionando a questo sport, un po’ elitario, un po’ fighetto ma anche dannatamente sexy. Noi abbiamo chiesto al dispensatore per eccellenza di curiosità e saperi del mondo della moda, Antonio Mancinelli, cosa ne pensa di questa dilagante tennis-mania. E anche sull’estetica “old money”, la fine dell’era degli influencer, la t-shirt “I Told Ya” creata da JW Anderson per Challengers emulando il guardaroba di John F. Kennedy Jr…
Tutti parlano di tennis, anche nel mondo della moda. Sinner ora è anche brand ambassador di Gucci. Com’è cambiato il rapporto tra la moda e il tennis negli anni?
Io sono molto cinico, direi che in questo momento storico sicuramente le persone più adatte a diramare un messaggio positivo di un brand che abbia anche un valore di tipo etico e morale sono gli sportivi. Primo perché abbiamo visto che gli influencer non funzionano più, secondo perché i divi, i personaggi famosi, sono troppo distanti dalle persone e terzo perché nel modello dello sportivo, penso a Sinner ma anche a Federica Pellegrini, vediamo una figura molto positiva, estremamente ammirevole, perché le loro vittorie sono dovute a dei sacrifici. Gli sportivi sono personaggi ambitissimi dal mondo della moda: sono fisicamente molto gradevoli, giovani, sani e incarnano uno stile di vita vincente. C’è tutto un tipo di mitologia e di riferimento a una figura di testimonial che è molto lontana se ci pensi da quella delle influencer o dalle modelle, grandi attrici e attori, e quindi fanno gola ai grandi marchi. Il vero punto della situazione è che gli sportivi fanno guadagnare tantissima reputazione ai brand.
I tennisti sono “le vere nuove stelle della moda” come ha scritto Vanity Fair?
Sì, lo sono. Anche di un lifestyle, uno stile di vita sano a contatto con la natura. Coinvolge anche l’idea di fare dei sacrifici per raggiungere una vittoria senza che questa sia inquinata da alcun tipo di sospetto. Se penso al pioniere di questo tipo di collaborazioni che è stato Prada con Luna rossa in questo modo si va anche a toccare tutta una fetta di mercato che alla moda non si sarebbe mai interessata. Quando Luna Rossa chiamò Soldini con Prada fece addirittura la regata con una linea di moda con le strisce rosse proprio perché era una strategia di marketing che andava a solleticare una fascia di pubblico lontana dalla moda e questo secondo me è proprio un vero segno dei tempi.
Perché?
Il corpo sano, che realizza la vittoria tramite se stesso, la persona che si sacrifica, il giovane dai sani principi, c’è anche un certo tipo di patriottismo, ecco tutte queste cose rendono gli sportivi delle persone perfette per veicolare anche un concetto di made in Italy. Costituiscono un modello di riferimento che persino i genitori possono raccomandare ai figli. Ora si parla tanto di “tenniscore”. Pensiamo anche a Zendaya che è andata a promuovere Challengers con JW Anderson, un abitino da giocatrice di tennis con gonnellina a pieghe e tacchi infilati nelle palline da tennis, è un andare e venire fuor dal marketing.
Un tempo c’erano i “pazzi” Borg e McEnroe, poi sono arrivati i tennisti un po’ fighetti come Federer, mentre ora abbiamo delle rockstar penso a Sinner, Berrettini… tutti li vogliono. C'è anche chi sostiene che Chiara Ferragni abbia un flirt con il tennista Zverev, poi smentito. Cosa è cambiato nell’immaginario collettivo?
Io vengo da una generazione in cui gli sportivi facevano gli sportivi, venivano sponsorizzati da ditte che si occupavano di sport. C’è una scena in Challengers di Guadagnino che è rappresentativa al 100% della figura del tennista oggi: Zendaya (che nel film è Tashi Duncan) si fa male al ginocchio e si mette una crema che costa più di 100 euro, spalmandosela senza paura, quando una persona normale la centellinerebbe, ecco in questa sequenza si sta facendo product placement del brand del medico Augustinus Bader. Quindi ora che Gucci faccia di Sinner il suo portavoce, non solo vestendolo in campo ma anche fuori, per carità era successo anche con il calciatore David Beckham e altri, sta traslando la figura dello sportivo, magari prima potevano fare pubblicità agli orologi Rolex per intenderci, per il concetto di tempo che è fondamentale nello sport, tuttavia ora vedere che molti fanno pubblicità ad altri tipi di prodotti che non sono strettamente connessi alla loro attività mi fa un po’ impressione. Sicuramente sono contratti importanti, per cui chi li condanna? Noi no, però ecco questa cosa non mi piace molto. Un conto è sponsorizzare Lacoste che ha una tradizione del tennis, un altro Dolce e Gabbana.
Questo “tenniscore” rientra nell’estetica della "old money"?
Certo, perché il tennis per definizione è uno sport d’élite anche molto costoso, basta pensare all'attrezzatura professionale. Un tempo era considerato uno sport nobile come l’equitazione. Il tennis ha anche un tipo ben preciso di contorno, pensa a un evento come Wimbledon che è estremamente mondano. Hai Chanel, Rolex e svariati marchi entrati come sponsor di eventi di tennis, perché questi sono ambienti concepiti come elitari. Il tennis è connesso a una classe sociale superiore. Mentre per quello che riguarda il tenniscore, credo sia il volto ginnico e piacevole dell'old money aesthetic, e se ci pensi non è neanche paragonabile al giubbotto casual con la felpa, è tutto molto più sofisticato e più bello da vedere. È sicuramente un tipo di estetica che verrà adottata sempre di più nel mondo del lusso.
E che ritroveremo nelle prossime sfilate?
Tantissimo, perché è confortevole ma anche espresso attraverso materiali preziosi ed estremamente elegante. Penso soprattutto alle divise da campionessa. Poi che dire, i biglietti per le partite di tennis ad esempio costano tantissimo, e già questo risponde a un concetto di élite in cui trovi campioni giovani e belli, insomma un'occasione perfetta per proporre oggetti di lusso.
Guadagnino in un'intervista ha detto che gli oggetti di lusso di Challengers li avevano comprati, non erano sponsor.
Mi sembra alquanto improbabile, per il semplice fatto che Challengers è una buona riproduzione del mondo del tennis. Nel film c'è addirittura una scena in cui due personaggi fanno pubblicità ad Aston Martin. Logicamente non posso mettere in dubbio la sua esternazione, però c’è da dire che ha fatto una operazione di marketing geniale, del resto ci sono Uniqlo, Adidas, il favoloso JW Anderson che ha fatto i costumi e che io amo tantissimo. Lui ha fatto una operazione molto intelligente, ha reso i brandi di lusso dei veri e propri elementi narrativi e questo è importantissimo. Appunto ripensa alla scena della crema costosissima che Zendaya si spalma, il sottotesto è chiaramente “ne uso tantissima come se fosse Nivea perché sono molto ricca”. Il fatto che abbia fatto diventare elementi di narrazione questi oggetti, lo trovo geniale. È un po’ la stessa cosa che è successa con il film Barbie, in cui la protagonista (Margot Robbie) a un certo punto si stufa dei tacchi e indossa le Birkenstock e l'azienda, il giorno dopo, ha annunciato di quotarsi in borsa.
Dopo Challengers la maglietta I Told Ya è diventata una vera e propria mania.
Bè, anche io l'ho comprata (ride, ndr). Devi sapere però che quella maglietta richiama John Fitzgerald Kennedy Jr. (Jonh John) che io ho anche conosciuto. Lui era esattamente la personificazione dell’old money aesthetic, un giovane bellissimo, intelligente che si era sposato con una donna protagonista del Jet set moderno dell’epoca. Kennedy andava in giro con quella maglietta. L'ottimo desgner JW Anderson nel film ha deciso di inserire un elemento riconoscibile di un ragazzo ricco ma che non vuole far pesare la propria condizione negli anni Novanta, di una classe che non ha bisogno di esibire. Se penso anche a sua moglie, Carolyn Bessette, lei il giorno del matrimonio aveva optato per un abito di una semplicità assoluta. Voler dare l'idea di fare parte di una classe sociale elevata ma di essere soprattutto molto alla mano, è questo il messaggio che si voleva trasmettere. E questa t-shirt ne è la prova.