Nel corso di questa settimana, Elio, all’anagrafe Stefano Belisari, ha spento 60 candeline. Un traguardo anagrafico importante ma tutto sommato relativo visto che Elio a me è sempre sembrato più o meno uguale negli ultimi 30 anni: immutabile nel tempo (dopotutto io non facevo altro che fissargli le importantissime, incredibili sopracciglia, il suo tratto estetico dominante) e nello spazio, foriero di divertimento surreale, di risate spazzanti ma anche di una curiosità che continuava ad alimentare negli anni nei suoi fan, incapaci di vedere una traiettoria carrieristica “lineare”.
I suoi 60 sono anni fatti di notevolissima musica (non sono mai stato un fan sfegatato della sua creatura più nota, gli Elio e Le Storie Tese ma certe intuizioni lessico-musicali sono senza ombra di dubbio geniali), di importanti doppiaggi (tra cui parecchie stagioni della serie cult di MTV Beavis & Butt Head e l’alieno Paul dell’omonimo film di Gregg Mottola con Simon Pegg e Nick Frost), di grande televisione (con la sua band è uno dei protagonisti del cast delle meraviglie di Mai Dire Gol della Gialappa’s, provvedendo alle indimenticabili sigle, senza contare la partecipazione a Crozza Italia su LA 7 e a Drammi Medicali, la geniale parodia del serial ospedaliero ad opera di Maccio Capatonda), e radio (Cordialmente su Radio Deejay).
Anni in cui non mancano ovviamente sortite nel teatro più impegnato come L’Opera da Tre Soldi di Brecht o Storie di Amore e di Anarchia di Lina Wertmuller, che vidi al Teatro Manzoni. Insomma, quello che emerge incontestabilmente è un solo fatto: Elio è un vero uomo del Rinascimento, un artista incapace di incanalare le proprie pulsioni in un unico medium, onnivoro, coltissimo, curioso, polivalente e totalmente libero. «Ho sempre amato fare tante cose, male e contemporaneamente, ma amo anche fare le cose male, bene. Elio e le Storie Tese sono un esempio di gruppo che fa le cose male, bene» è la sua onesta e illuminante dichiarazione che apre il pezzo celebrativo pubblicato dal Corriere. Tante cose colpiscono del suo incredibile percorso artistico e umano.
Mi vengono in mente in ordine sparso: quando era già tranquillamente in grado di vivere della propria musica ma ha deciso, negli anni 2000, di riprendere gli studi conseguendo nel 2003 la laurea in ingegneria elettronica al politecnico; il suo diploma al conservatorio Giuseppe Verdi in uno strumento così poco glamour, apparentemente lontano dalle coordinate sonore che gli appartengono, il flauto traverso; il suo amore sconfinato nei confronti del baseball, uno sport che in Italia è meno cagato del curling e che assieme al fedele compagno Faso pratica (nella squadra Ares Milano da loro fondata nel 1988) e commenta televisivamente da anni; l’incredibile naturalezza con cui si è calato in ruoli apparentemente difficili con ottimi risultati (penso al teatro ma anche al suo importante ruolo come giurato autorevole e ironico nel megaformat X Factor, o alla sua mitologica prova in LOL, lui che aveva dichiarato candidamente di non essere un vero comico né di avere un repertorio in tal senso); l’aver fatto il cameriere (è storia recente) per PizzaAut, una pizzeria gestita da ragazzi autistici a Cassina de Pecchi (MI) - Elio ha un figlio autistico e si è sempre distinto per un grande impegno sociale e per la sensibilizzazione sul tema dell’autismo e dell’inclusione.
Ho incontrato Elio di sfuggita varie volte nel corso del mio lavoro di autore televisivo ma ho avuto modo di parlarci un po’ proprio durante le riprese di LOL: un format nuovo e in buona parte destrutturato, con poche semplici regole, una scommessa. Elio, calmissimo, non si è stupito o preoccupato come tanti suoi colleghi ma ha dichiarato che sarebbe stato interessante partecipare come un artista sempre in “performance”. Un mito. Alla cena fatta a Milano al termine delle riprese mi sono ritrovato seduto al fianco di Luca Ravenna ad ascoltare i suoi racconti sulla sua amata Inter: parlava sgranando gli occhi, rapito da un amore senza nome, lo stesso che anima me quando parlo di Star Wars, chitarre o cacio e pepe. Solo pochi anni fa ho scoperto che Elio era nato nella mia stessa zona, Corvetto, a sud di Milano, e aveva frequentato il liceo scientifico Einstein, che stava a 500 metri da casa mia e al quale erano iscritti quasi tutti i miei amici (a me i numeri facevano e fanno ancora paura, ragion per cui ho scelto il Classico).
Proprio sui suoi banchi, assieme al compagno Marco Conforti (fratello di Sergio/Rocco Tanica) e il futuro architetto Mangoni, appena 18enne fonda gli Elio e Le Storie Tese. Nel 2016, in occasione del 50 anniversario della scuola, Elio è tra i protagonisti di una maxi riunione a scuola, teaserata da un suo videomessaggio. Ci ho pensato in questi giorni e ho realizzato che il motivo per cui Elio è un mito e piace a tutti è lo stesso per cui chiunque ama Bill Murray: uno che ha abituato i suoi fan a ruoli cinematografici tra i più disparati, uno che ha suonato sul palco di Crossroads con Clapton, uno che compare a una festa in casa ad Austin, Texas, da perfetto imbucato, e a un party di liceali in Scozia in cui inizia a lavare i piatti uno che invita una fan casuale a vedere una partita di baseball seduta vicino a lui. Elio è come Bill Murray: fa quello che vuole, fa tante cose male ma bene. Elio è libero. Lunga vita a Elio.