Può sembrare un ossimoro. “La Zanzara” e “pensiero critico”, due elementi che a primo acchito possono sembrare del tutto estranei tra di loro. Del resto lo rimarca anche il Fatto Quotidiano, nell’articolo del 31 Ottobre dedicato proprio al programma radiofonico condotto da Giuseppe Cruciani, definendolo tra le altre cose “il programma più assurdo dell’etere”, “immorale”, “estraneo a ogni forma di buon senso”. Secondo il Fatto Cruciani si proclamerebbe sostenitore della libertà, ma appoggiando senza se e senza l’azione di Israele in Palestina si renderebbe colpevole di tradire i suoi stessi princìpi. “E sti grandissimi caz*i” – risponderebbe lui, e certo che in quest’occasione ne avrebbe ragione da vendere. La Zanzara, infatti, è l’unico programma in Italia che ha veramente e manifestatamente a cuore la libertà d’opinione, di espressione, di parola in generale. È del tutto evidente ascoltando i primi fatidici minuti, quelli del riepilogo dei recenti scontri avvenuti in trasmissione: chiunque può chiamare in diretta per esternare la propria opinione. Basta che questa venga esternata in modo forte, deciso, senza compromessi di sorta. A Cruciani non interessa affatto che gli ascoltatori la pensino come lui (dove sarebbe la “caserma zanzara”?), che appare in trasmissione candidamente avvolto dalla bandiera di Israele inneggiando alle (evidenti) libertà che sia Israele che l’Occidente possono vantare contro Russia, Iran e mondo arabo. Quello che conta è che a La Zanzara chiunque può dire la sua, non “nonostante” la diversa opinione dei due conduttori, ma “preferibilmente”. Tutto è apparecchiato per lo scontro, il dissidio, la battaglia verbale. “La Zanzara contro tutti!” – così urlava un’eccitato (l’accento è spataliniano) Cruciani dall’alto del suo scranno all’inizio della puntata del 30 ottobre. La Zanzara è l’unico programma d’Italia, forse del mondo, veramente eracliteo: ci ricorda che Pòlemos è origine di tutte le cose. È solo il dissidio verbale che conta, solo lo scontro ha la dignità dell’ascolto. Una cosa che molti altri giornalai dovrebbero imparare. Contrariamente infatti ai vari talk-show e trasmissioni che pure mimano il fenomeno dello scontro mantenendo però sullo sfondo un ben definito “colore” politico, a La Zanzara non viene consentito che una linea di pensiero prevalga come autenticamente “vera” o “più credibile” a discapito di altre. Le stesse opinioni di Cruciani e Parenzo (non da ultimo quelle relative alla guerra in Palestina, ma anche quelle sui vaccini, sull’ambientalismo ecc…) vengono continuamente messe di fronte alla prova del fuoco, all’attacco incrociato dell’opinione diversa, spesso anzi opposta, senza pretendere che tra questi due opposti ci sia hegelianamente un “superamento”, senza l’ipocrisia che si debba a tutti i costi arrivare a una sintesi.
I detrattori del programma credono che esso faccia parte del “rumore” di fondo che governa la componente oscura delle nostre vite, a cui si rende necessario contrappore proprio il “pensiero critico”, ovvero la capacità di fare distinzioni e precisazioni, argomentazioni fondate su verità e omissioni del falso, non avvedendosi però di come la nozione di “verità” oggi più che mai sia estremamente problematica, nel migliore dei casi tautologica, nel peggiore illusoria. La Zanzara ha la capacità di ricordarci che il pensiero critico nasce sempre dalla lotta e dal dissidio che governano i ragionamenti contrari, su modello delle Quaestiones Disputatae che tanto andavano di moda nel medioevo latino quando si discettava di universali e questioni teologiche dentro e fuori dalle università, che iniziavano citando sempre le opinioni contrapposte. L’unica differenza è l’incazzatura, che nella sciagurata trasmissione di Radio24 deve essere sempre portata a livelli estremi. In virtù di questa sua propensione al diverso, all’Altro (che, se seguiamo Lévinas, potrebbe assumere persino valenza etica), il programma riesce a insegnarci che nella vita quello che conta davvero è non elevare le proprie idee a statuto universale. Coglioni non si è, ma “si fa”. Ciò vuol dire che a chiunque può capitare di spararla grossa: quello che conta è riderci su, esporsi alla possibilità della propria sconfitta, nonché all’ammissione della propria ignoranza. Ciò ha valenza etica anche perché ci insegna a essere meno permalosi, a prendersela meno, ed è questa la grande differenza che separa La Zanzara dai giornalisti del Fatto, o da qualsiasi giornalista o trasmissione in generale. Un tempo sulla soglia del tempo dell’oracolo di Delfi veniva riportata la scritta γνῶθι σαυτόν (conosci te stesso). Sul tempio della comunicazione mediatica odierna invece andrebbe riportato: “Al casello di Carisio voglio ridere”. Nel tempo della morte di Dio – lo dico agli autoproclamatisi “intellettuali” – solo la risata ci può salvare, perché solo da essa può nascere il pensiero critico, che è sempre un pensiero che agisce per contrapposizioni, per scontri, per “dissidi”. Anche in caso di guerra. Anzi, direi soprattutto in caso di guerra.