La giornata di ieri, 14 ottobre 2022, è stata decisamente nera. Non solo perché abbiamo visto un mesto teatrino che ha portato all’elezione di un ex missino col busto di Mussolini in casa alla seconda carica dello stato, Ignazio Benito Maria La Russa è presidente del Senato, incarico che gli è stato conferito grazie ai voti di un manipolo di “traditori” del centro sinistra, Forza Italia si è astenuta dal sostenerlo, per questioni concernenti il probabile mancato ministero a Licia Ronzulli, ma perché in serata è arrivata la triste notizia della morte di Christina Moser, da sette anni vedova di Maurizio Arcieri con cui per anni è stata due cuori, un’anima e una bella manciata di Synth, metà dei Krisma. Ora, ci siamo abituati a guardare con disagio e imbarazzo all’electropop, per colpa prevalentemente di Michele Iorfida Canova e di quell’arretratezza che la nostra discografia non si vergogna mai a ostentare, confondendo quelle cagatelle che hanno sfornato prima che l’indie e la trap li spazzassero via i tanti cantanti italici per un’arte che affonda le radici nella new wave e volendo anche nel krautrock. Certo, siamo giustificati d’ufficio, perché troppe brutte canzoni hanno finito per farci associare pavlovianamente l’uso delle macchine a roba che non vorremmo ascoltare neanche ci trovassimo nei panni di Alex sottoposto alla Cura Ludovico, ma l’electropop è roba seria, e proprio i Krisma ne sono stati portatori sani nel nostro paese, laddove per sani si intende puri, perché il loro sound aveva le giusti dosi di sensualità e irregolarità per farceli apparire in realtà piuttosto irriverenti.
Un breve ripasso della storia, Maurizio Arcieri è il leader belloccio dei New Dada, band beat di buon successo che però il nostro vede come un ostacolo alle proprie velleità artistiche. Velleità che esplodono con tutto un carico di ormoni nel momento in cui Maurizio incontra la bellezza aggressiva e spavalda di Christina Moser, all’epoca giovanissima cantante svizzera disinibita e decisamente poco banale, siamo nel 1966. Tra i due sarà amore, almeno finché morte non li ha separati, e furore artistico, a partire dal 1976, furore capace di esternarsi nel progetto che prende il nome dalla crasi dei loro due, dapprima Chrisma e poi un più iconico Krisma. La nostra versione degli Eurythmics, verrebbe da dire, forti del fatto che chi afferma ciò, che poi sarei io, ha le immagini votive di Dave Stewart e Annie Lennox lì, nel Pantheon degli artisti più amati di sempre. Capaci con le loro canzoni di provare a traghettarci fuori dai confini italiani, quando l’idea di Europa stava forse giusto nelle sinapsi di Romano Prodi, allora ancora giovane professore universitario.
A partire dalla loro apparizione a Festivalbar 1976, con Amore, prodotta da Niko Papathanassiou, meglio noto per essere stato il fratello di quel genio assoluto di Vangelis, con Amore, brano che lasciava più che altro intuire quel che i due avrebbero fatto poi, spesso lontani da classifiche che faticavano a capirne il genio, i Krisma si sono avventurati senza paura verso una strada fatta di sperimentazioni e giochi, divertiti, evidentemente, condividendo i due non solo il palco ma anche la vita privata, dove la figura eterea e al tempo stesso carnalissima di Christina è andata sempre più facendosi largo, la sua voce centrale in una produzione new wave che si è saputa rinnovare di anno in anno, dal primo lavoro sulla lunga misura, Chinese Restaurant in poi. Col tempo divenuto culto per molti, grazie anche ai passaggi nei programmi di Red Ronnie e di Piero Chiambretti, i Krisma hanno avuto il grande pregio di non sputtanarsi mai, o quasi mai, perseguendo la propria idea di elettronica e di pop alto, colto, ironico e sempre e comunque poco incline a seguire le mode, semmai a provare a dettarle. Dieci album, nove a nome Krisma, a partire dal 1980 con Cathode Mamma, qualche incursione in classifica, come con Many Kisses.
Christina Moser è morta a settant’anni, nella sua Svizzera, Maurizio era morto nel 2015 a Varese, settantaduenne. Dal momento della separazione in Terra la Moser non ha più voluto cantare, come a sancire un legame indissolubile, solo ora ricomposto da qualche parte. Si dice sempre, quando muore qualcuno di famoso, che con lui o con lei se ne va un pezzo di qualcosa, in questo caso dire che se ne va un pezzo importante del nostro pop, a discapito del successo forse non arrivato come avrebbe dovuto, e delle hit mancate, è sicuramente vero. Il fatto che la morte sia arrivata mentre Fedez e Salmo andavano a tirare fuori quella cosa indegna che si intitola Viola, che prova a giocare con pop e punk, terreni che i Krisma hanno saputo plasmare con grande eleganza e maestria non fa che rendere il tutto ancora più malinconico, ripeto, ieri è stata davvero una giornata nera. Resta solo la speranza che, come direbbe Fidel Castro, la storia darà loro ragione, un giorno, forse.