Jon Fosse, appena laureato Nobel per la letteratura, è un Cormac McCarthy Ikea. Un attimo e mi spiego. Prima una premessa. Criticare le scelte dell’Accademia Svedese ha portato bene a Fosse – non era d’accordo con l’assegnazione del Nobel per la Letteratura a Dario Fo e a Bob Dylan, e in questo sono d’accordo con lui – quindi critico anche io e mi porto avanti: prima o poi dovranno darmelo – sono molto tradotto in scandinavia (su*ate) e l’understatement non è di questi tempi, data la fine che ha fatto il già citato Cormac e lo spaziale Thomas Pynchon… (Thomas amore mio, urlalo e pretendilo, Jon Fosse docet!).
Seconda premessa. Amo la Scandinavia tutta, amo le università scandinave, che danno soldi per le traduzioni e dall’italiano a una delle lingue scandinave (io ho fatto bingo, ce le ho tutte) e dalle lingue scandinave all’italiano (Elisabetta Sgarbi lo sa, che pubblicare Jon Fosse ha in premio la collaborazione con le università vikinghe). Amo anche Alfred Nobel e tengo sempre qualche candelotto di dinamite a casa come sex toys: le mie amiche maso li adorano!
E però comunque Jon Fosse è un Cormac McCarthy Ikea. Pareti di legno, pavimenti di legno, minimalismo, anzi, di più: minimalismo delle origini; casette di legno e pesce o costolette di agnello affumicate; camino, due sedie, un tavolo – avete presente la stanza di Vincent van Gogh?
Già Mariarosa Mancuso ha fatto notare che nella motivazione appare per l’ennesima volta la parola “indicibile”, che in effetti è weird per la pagina scritta: o la scrivi o non la puoi scrivere. C’è però un caso in cui l’indicibile può essere usato, e nel caso di Jon Fosse è usato correttamente: egli è infatti un fan di Meister Eckhart (che in una intervista a La Stampa chiamano Maestro Eckhart, errato: o lo chiamate Maestro Eccardo oppure Meister Eckhart, oppure sa troppo di Jagermeister, purtroppo la gente non legge, anche chi scrive), Maestro Eccardo che sull’indicibile ha fondato la sua fisica teorica (l’indicibile, oggi, è detto dalla fisica teorica e gli unici due scrittori italiani, oggi – oltre me, naturalmente – sono Carlo Rovelli e Paolo Zellini). Però, Jon Fosse, rende ridicolmente dicibile questo indicibile. Senza la maestria “letteraria” di McCarthy, che l’indicibilità non la nomina mai ma la nascode tra le righe della sua punteggiatura perfetta. Ecco: Jon Fosse, nella Settologia e anche altrove, elimina i “punti”, e quindi il suo “indicibile” diventa un banale Ingmar Bergman, un pescatore e la morte, questo spegnersi all’interno di “cabinet” (costruzioni in legno che impallidiscono di fronte alle meravigliose architetture in legno degli eroi della frontiera).
Perché mentre i CormacMcCarthiany escono e affrontano le praterie, i deserti, gli orizzonti infiniti, i cieli stellati (il povero Wes Anderson ha intuito dove dovrebbe andare la narrazione, con Asteroid City, ma non ce la fa, come ha ben fatto notare il mitico Zac qui su MOW), Jon Fosse parla di gesti quotidiani, di ripetitività, di quadri astratti che lui abbozza ma che “non vuole vedere” o meglio “sui quali non vuole soffermarsi”, la famosa fuga cristiana (al quale Fosse si è convertito) al posto della sfida della fisica teorica: e allora date il Nobel a Chuck Lorre, creatore della serie The Big Bang Theory. Attenzione: Meister Eckhart non sfugge alla sfida, ma non la consiglia a tutti (abbiamo visto cervelli esplodere), beati i poveri di spirito…
L’indicibile della motivazione è invece tutto detto: non c’è indicibile in Jon Fosse e gli accademici del Nobel non sanno scrivere le motivazioni. L’indicibile sarebbe la morte? La metafisica? Ciò che oltrepassa? Jon Fosse ci riempie i cabbasisi “dicendo” tutto questo “indicibile”, rendendolo manifesto anziché “esoterico”.
Si muore al chiuso, con Jon Fosse. Incontrando gli amici morti: sai che novità! (Io tengo il conto delle centinaia dei miei animali che dovrò incontrare, altro che “poesia” di un paio di amici, magari rompico*lioni), e mi immagino anche alluci valghi redenti (per non dire cervelli), una perfezione la cui mancanza obbliga a riflette sull’indicibile.
Non vorrei farmi noioso e complicato: in sintesi Jon Fosse è, come appunti “in principio”, un Cormac McCarthy da salottino Ikea; parquet, sedia di paglia al posto del divanetto bianco, finestra e orizzonte al posto del maxischermo oled, stoccafisso in luogo delle polpettine. È Ikea, non ve ne rendete conto?
Ma è anche meraviglioso che gli abbiano dato il Nobel per la Letteratura: la borghesia dice “indicibile” laddove il pensiero, quello vero, vede vettori, e cominciamento del Tempo, e, come Meister Eckhart, un Dio supremo del Niente e un dio minore della Creazione.
Col Nobel a Jon Fosse è stata eliminata definitivamente la letteratura borghese degli interni. Almeno lo spero. Altrimenti anche il Nobel, da oggi, sarà inutile. A parte i candelotti di dinamite come sex Toys.