Il karaoke, una qualunque serata di karaoke, potrebbe avere senso solo se si è ubriachi e si fa parte del gruppo di persone che sta passando la sbronza a stonare qualunque classico della canzone italiana come internazionale. Trova il proprio significato nel momento, nella condivisione hic et nunc di qualcosa che il giorno seguente nessuno dei coinvolti avrebbe piacere di ricordare, men che meno con video a supporto. Messo davanti alla registrazione del caos perpetrato, anche il più entusiasta dei partecipanti la stopperebbe nel giro di pochi secondi, con i timpani a minacciare di richiedere asilo politico in quel di Guantanamo. Ebbene Prime Video, invece, ha deciso di puntare su Karaoke Night, un nuovissimo format in cui sette sciagurati vip (in realtà sei, più una influencer che, all'infuori della bolla di Instagram, potrebbe essere chiunque) vengono rinchiusi dal "conduttore" Dargen D'Amico nel sottoscala, comunque super lusso, di un locale. Per sfidarsi on stage a chi canta... peggio. "Vince" il blasonato concorrente che si sarà saputo dimostrare maggiormente privo di vergogna nell'atto di massacrare brani storici ed evergreen. Quattro puntate da mezz'ora per un totale di 120 minuti d'agonia inflitti tramite latrati e miagolii da Tommaso Zorzi, Claudia Gerini, Francesca Manzini, Pierpaolo Spollon, Lele Adani e Nicola Ventola (in coppia) e Alessia Lanza (bionda, svociata, un milione e mezzo di follower su Instagram). Perché Prime Video ci odia.
Le loffie edizioni che hanno fatto seguito alla prima di Lol - Chi Ride è Fuori, quella sciagura insensata di Sa Sa Prova con Frank Matano al timone, le totalmente inutili stagioni di Celebrity Hunted. Prime Video tiene i dobloni, ne tiene tantissimi, abbastanza per inventarsi addirittura documentari sulle lunghissime carriere di Blanco, Rocco Hunt e compagnia rappante. Senza un perché. Ma è nei programmi di intrattenimento che la piattaforma di Bezos riesce a sfoggiare il peggio del proprio sadismo. E ce lo conferma questo Karaoke Night in cui, forse, l'unico a salvarsi è Pierpaolo Spollon. Il giovane boccoloso, di professione attore, sembra se non altro aver voglia di divertire lo spettatore o comunque dà l'impressione di aver presente che, alla fine dei conti, ce ne sia almeno uno di fronte allo schermo a farsi harakiri ai timpani. Fulminante, in particolare, una battuta del nostro: "Perché sono famoso? Perché ho lavorato con Luca Argentero. La gente mi ferma per strada, sì, ma solo per quello". Fa ridere perché è vero. E, dunque, apprezziamo cotanta autorironica (?) presa di coscienza.
Apprezziamo molto meno, invece, Tommaso Zorzi che massacra Pappalardo (Ricominciamo) sentendosi la regina del celebrità. Arriverà, perfino, a rappare la sigla di Pollon Combinaguai. Con fierezza. Mentre Claudia Gerini, oggettivamente sexy da morire, si pensa Marilyn Monroe e miagola languidamente qualunque cosa, dalla Carrà al vostro peggior incubo. Con la voce di un motore a scoppio. Senz'audio, potrebbe pure funzionare. Invece, purtroppo.
In buona sostanza, Karaoke Night ci espone per due ore a latrati e miagolii di sette milionari pagati profutamente per stonare malissimo una notte intera. Nelle mini-clip tra una performance e l'altra, li vediamo interagire al cesso del locale con scambi telefonatissimi e gradevoli quanto una spinta al buio. Francesca Manzini si produce in qualche imitazione, piuttosto sciatta a dire il vero, solo per dare un senso alla propria presenza, Adani e Ventola si imparruccano fluo credendosi spassosissimi, il danno ai timpani, comunque, non dovrebbe essere permanente. Mentre il "conduttore" Dargen D'Amico, tra i giudici più impalpabili che la storia di X Factor possa ricordare, lascia che le cose accadano, ammiccando in camera ogni tanto per ricordarci che c'è, the artist is present. Ma non è che gliene freghi più di tanto.
Karaoke Night più che uno show di intrattenimento può essere vissuto come un nuovo life goal: diventare abbastanza ricchi da venire pagati per non (saper) fare niente. Le piattaforme streaming, si diceva, avrebbero segnato il futuro dell'intrattenimento tv, portando i telespettatori in mondi inesplorati, con format nuovissimi che non sapessero puntualmente di semolino. Benvenuti nel futuro, dunque. Il futuro, sorpresa, non ha senso. E ci prende per imbecilli, acefali totali a cui basta vedere un influencer qualunque che stona per raggiungere il nirvana del divertimento possibile. Che amarezza. Al termine della visione, non resta che chiedersi: dopo l'inquinamento acustico spacciato per spassosissimo entertainment, cosa si inventeranno per ferire l'abbonato medio? Attendiamo. Con timore.