Kid Yugi è in rampa di lancio. Vedi il piccolo video pubblicato su Instagram e capisci che il periodo di vuoto musicale, lean e versi da pteranodonte è per lo più finito, o comunque non tornerà a dominare le classifiche dello streaming perché adesso c’è questo. La clip, pubblicata senza grossi preamboli, dura all’incirca due minuti e mezzo. È un monologo scritto da Kid Yugi e interpretato da Filippo Timi, attore appena uscito da ‘Dostoevskij’ dei fratelli d’Innocenzo che per l’occasione è vestito da sacerdote. Sta recitando una sorta di omelia funebre in un finto funerale con le luci del set in bella vista, l’erbetta finta, due pannelli per lo sfondo e le comparse attorno alla bara.
Kid Yugi annuncia così il suo prossimo progetto, Agem, dandoci appuntamento per mercoledì 10 dicembre alle ore 14:00, quando ne sapremo di più. Sappiamo, per ora, che la copertina ha raffigurata una spada bastarda, una spada cioè che si può reggere con una o due mani, su sfondo rosso, che restando nella tripla A del rap italiano ricorda un po’ il Salmo di Hellvisback. La poetica quindi è la stessa di tutti i suoi riuscitissimi progetti, ultraviolenza e delicato classicismo. Kid Yugi funziona perché è come il Batman di Cristopher Nolan, quello con Heath Ledger: un filo teso tra l’alto e il basso, tra l’intrattenimento piacione e la poesia, tra chiamare un pezzo Hybris e cantarci dentro di “pezzi giganti grossi come agrumi”. Per piacere ai fighetti e pure ai suoi amici, agli spacciatori e agli scafisti pugliesi.
Il discorso del prete funziona, è potente e semplice: «Cosa vuol dire essere un eroe?», si chiede il prete. «“Operare il bene con tutte le proprie forze”, direbbero i più. “Fallire miseramente in nome di un’utopia!”, tuonerebbero i malvagi. “Dar prova di coraggio e abnegazione di fronte a pericoli e avversità”, intonerebbero gli accademici. Ecco, tutte queste definizioni sono sbagliate, vecchie, obsolete, superate, adatte ad epoche passate, a un mondo in cui la distinzione tra bene e male era netta e irriducibile.
La società contemporanea, quella dei consumi che promuove l’individualismo e glorifica l’egoismo, la società che ha sacrificato i valori della giustizia sostituendoli con quelli del merito, è riuscita ad amalgamare i due assoluti. Ma quindi, se bene e male si somigliano, se le persone optano per l’uno o per l’altro secondo un unico criterio - l’utilità - come possiamo noi riconoscere un eroe? O, ancora peggio, è possibile che questo mondo non sia più in grado di produrne? Ecco che la civiltà che ha sopperito a questi dilemmi nel modo più stupido e ingiusto: rendendoci tutti speciali. O almeno, facendocelo credere.
Ci hanno insegnato che ognuno di noi è l’eroe della propria storia, che ognuno di noi è un predestinato, un talentoso, un genio mandato sulla terra per assolvere a un compito divino. In questo voi credete. E in questo credo anch’io. Ora più che mai la mia missione appare chiara, limpida, come il cielo di marzo. Io sono il vostro memorandum e porto un unico messaggio: anche gli eroi muoiono».
Manca pochissimo.