Il treno viaggiava veloce sulla ferrovia e il suo rumore copriva le parole dei tanti passeggeri. Era domenica e la giovane suora sedeva anch'essa su d'una delle ormai logore poltrone del vagone.
Dopo due giorni passati con la sua famiglia, stava facendo ritorno al convento. Sarebbe arrivata in tempo per la messa domenicale. D'un tratto alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, sentendosi sfiorare un piede. Un giovane uomo cercava di raggiungere la poltrona di fronte a lei.
La suora lo guardò senza farsi notare. Era un bell'uomo, pensò già un po’ spaventata da un leggero senso di colpa per quel pensiero.
Il giovane tirò fuori dalla sua valigetta un libro e cominciò a leggere.
La suora continuava a guardarlo facendo attenzione a non farsi notare.
D'un tratto il ragazzo alzò gli occhi, e per un momento i loro sguardi si incrociarono.
La giovane suora sentendosi avvampare, continuò a leggere il suo libro.
Ormai però l'aveva notato e la sua curiosità di donna cominciò ad emergere. Chi era quel ragazzo? Dove andava? Qual era il suo nome?
La suora si poneva tutte queste domande senza riuscire a governare i propri pensieri e allo stesso tempo il senso di colpa e la vergogna prendevano il sopravvento su di lei. Cominciò a sentirsi sporca e debole per avere , anche se solo con il pensiero, prestato tanta attenzione ad un uomo.
È vero, era da poco che aveva preso i voti ma non le era mai capitato di provare desiderio per qualcuno.
Quel bel giovane però la attraeva e incuriosiva a tal punto da far crescere in lei pensieri impuri, insieme ad un attanagliante senso di inadeguatezza e di colpa.
Se fosse stata sola, si sarebbe segnata e avrebbe pregato il suo Dio di perdonarla.
Il giovane ora la stava fissando, sentiva il suo sguardo su di lei.
Pensava che fosse una bella donna, nonostante la tunica che le copriva i capelli e le incorniciava il volto.
"Perché mi guarda?" pensò la suora "Penserà che sono una poco di buono, penserà che non riesco a resistere ai miei istinti" e si vergognava sempre più e sempre più desiderava che il ragazzo le rivolgesse la parola. Aveva il viso in fiamme e la bocca serrata per non rischiare di parlare e dare così dimostrazione di non essere all'altezza dei voti fatti. Il ragazzo continuava a fissarla e la suora continuava a tenere lo sguardo fisso sul libro fingendo di leggere. "Cosa direbbero di me le mie consorelle?" pensava "Mi giudicherebbero una debole? Chi è costui che tanto mi turba?"
I pensieri continuavano a tormentarla e turbarla ma d'un tratto il treno rallentò e il giovane fece per alzarsi. Prese il bagaglio sopra di lui, dopo di che la guardò dolcemente: "Mi chiamo Stefano" le disse con un sorriso, "Tu come ti chiami?".
"Lucia, mi chiamo Lucia".
Il ragazzo le sorrise di nuovo e uscì dal vagone.
La giovane suora dopo un momento di smarrimento, si rese conto di essere felice. Le aveva parlato, le aveva detto il suo nome e in questo non c'era niente di male. I sensi di colpa erano spariti insieme al ragazzo.
Quella sera avrebbe pregato per lui e ringraziato il suo Signore per quegli attimi di vita ed emozione che le aveva regalato.