A una manciata di giorni dalla partenza, l'Eurovision Song Contest made in Italy aveva già individuato i suoi papabili vincitori. Come da noi pronosticato (quasi) un mese fa, dai bookmakers in primis, e codazzo di appassionati al seguito, tutti tifavano per i Kalush, alias i rappresentanti dell'Ucraina. Come una sorta di ricompensa fresca fresca, per ripagarli del conflitto che piega il loro Paese, e che ha portato pure all'esclusione della Russia. Alla faccia dei pacieri! Ma bando alle malinconie, se perfino Mahmood - in gara con Blanco - nella kermesse canora tornata in auge nel Belpaese per via dei Måneskin (ospiti della finale), aveva spinto per il trionfo degli avversari, potevamo pure evitare la farsa, e consegnargli in mano già il trofeo, risparmiandoci così una settimana di divertimento. Che se ne faccia una ragione pure Achille Lauro, che tanto aveva sudato per partecipare ugualmente, ed eliminato banalmente, seppure con San Marino al seguito. In fondo, in gara e in guerra (quasi) tutto è concesso.
E dunque, siccome la voce di Kiev è la vincitrice honoris causa dell'evento, scopriamo pure le carte in tavola una buona volta e per sempre, rivelando contro chi la nostra "Brividi" ha avuto la peggio.
Come annunciato nell'incipit, a portare la bandiera dell'Ucraina sul palco del PalaOlimpico è toccato ai Kalush, detti anche Kalush Orchestra, in gara con "Stefania", brano dedicato alla madre del leader della band, e diventato poi un vero e proprio inno contro i russi. A onor del vero, una canzone senza infamia e senza lode, che punta però facilmente al fattore emotivo puro e semplice. Ma tornando al gruppo, che prende il nome dalla città natale del frontman ventisettenne (Oleh Psiuk), trattasi di una realtà hip hop di nascita recente (2019), che mescola suoni della tradizione popolare con quelli moderni, usando pure strumenti folk. Di sicuro sul palcoscenico torinese le origini del sestetto sono state esplicite anche nel look, in quanto hanno sfilato coi tradizionali giubbotti "hutsul keepar", il cappello da pescatore rosa in tipico stile ucraino, e il travestimento da Hutsul molfars, inclusi ornamenti di colore rosso e nero, rispettivamente simbolo di amore e sofferenza, e oscurità e fertilità della terra.
Ma tornando alle genesi, come già rivelato, il gruppo rap si è formata solamente nel 2019, quando i membri Ihor Didenčuk (già visto all'Eurovision coi Go_A) e il Dj MC Kylymmen hanno risposto a un post su Facebook di Oleh, in cui cercava musicisti per formare una band (vi ricorda qualcosa? Leggi Måneskin again). Ai tre si sono aggiunti poi i polistrumentisti Tymofii Muzychuk e Vitaliy Duzhyk, tutti ragazzi che hanno partecipato attivamente alla resistenza in Ucraina. Infatti, fino a poco tempo fa, non si sapeva se si sarebbero esibiti in presenza, ma il governo ha concesso loro un permesso speciale per lasciare il Paese, visto che dallo scoppio del conflitto tutti gli uomini tra i diciotto e i sessant'anni sono circoscritti.
Deroga a parte, anche il pass della loro semifinale, quella del 10 maggio, in cui, tra le altre, l'Italia aveva diritto di voto, era in realtà una pura formalità. "Sarebbe davvero un sogno riportare la gara in una Kiev pacificata", disquisiva il frontman, ben consapevole della vittoria in tasca. Ma i Kalush, in realtà, quanto sono popolari in Ucraina? È presto detto. Con in mano un contratto con l’etichetta Come True (in orbita Sony), firmato nel 2019, i musicisti hanno pubblicato il loro primo (e finora unico) album, “Hotin”, nel 2021, ottenendo i primi riconoscimenti a livello nazionale, e vincendo anche un premio, con il singolo "Hori", per la miglior canzone hip hop.
Scelti quest’anno per partecipare alla kermesse Vidbir, che permette di selezionare il rappresentante ucraino all’Eurovision, si sono sì piazzati sul podio, ma solo secondi, cedendo lo scettro ad Alina Pas, costretta poi al forfait forzato per uno scandalo che ha a che fare con questioni politiche, e quindi delegati in corsa per prendere il suo posto. Allo scoppio della guerra, avevano appena concluso un tour nazionale, e adesso hanno agguantato lo scontato trionfo all'ESC, col beneplacito del mondo intero, e tifo da stadio di Zelensky, che durante la gara invitava a votare per il suo Paese.
E così l'EBU l'ha permesso veramente, infischiandosene di scegliere un host più rassicurante, e concedendo una vittoria pilotata, che poco ha a che fare col merito, pur di tirare uno schiaffo simbolico a Mosca. Un trionfo politico, più che musicale, che lascia l'amaro in bocca, ma fa felici gli ipocriti.