Nada, quella che al Festival di Sanremo ’69 spaccò con Ma che freddo fa, stasera torna in tv, ma in versione ragazzina: Rai 1 ripropone La bambina che non voleva cantare, film di Costanza Quatriglio tratto dal suo romanzo autobiografico Il mio cuore umano. Una storia di provincia, madre ossessiva e talento usato come cerotto per il dolore. Un biopic che, nel 2021, è stato ben accolto dalla critica, tranne alcune voci fuori dal coro. Vediamo quali.

C’è chi l’ha amata. Paolo Sutera su TvBlog la descrive così: "Assume piuttosto i connotati della favola italiana" e sottolinea che "non rinuncia mai a quella vena di ottimismo… anche nelle scene più drammatiche". Per lui è una carezza, non uno schiaffo. Mauro Donzelli su ComingSoon rincara la dose positiva: "Una storia semplice… eppure piena di speranza genuina per il futuro". E aggiunge: "La Quatriglio conferma un’abilità rara nel tratteggiare… le delicate tempeste emotive". Quasi una regista-sismografo delle fragilità. Poi c’è Martina De Angelis di Cinematographe, che esalta la misura: "La sua regia è lineare, pulita e attenta" e ha "il grande merito di non cadere in virtuosismi esagerati". Tradotto: non è un film da festival indie radical chic, ma non è nemmeno fotoromanzo di Rai Premium.

E poi ci sono quelli che si sono annoiati a morte. Davide Turrini sul Fatto Quotidiano non ci gira attorno: "Che incredibile noia. Tanta attesa per i titoli di coda". E massacra la fotografia: "Uno tsunami accecante… un labirinto di luce che distrugge il vano tentativo di pathos". In pratica: servivano occhiali da sole, non fazzoletti. Il più tecnico è Alan Smithee su FilmTV.it: "Sceneggiatura elementare, pedante sino alla banalità". E colpisce duro sul nodo centrale: "Perché rinunciare al timbro di Nada e ricorrere a un sano playback?". Per lui, la scelta di affidare a Tecla Insolia le parti cantate senza usare l’audio originale toglie identità e spessore. Quindi: com’è La bambina che non voleva cantare? Sussurro o urlo? Quatriglio sceglie il primo. Se vuoi un racconto intimo, madre-figlia e un’aria da favola malinconica, ti trovi d’accordo con Sutera, Donzelli e De Angelis. Se invece cerchi l’abisso, la ferita aperta e il dramma visivo, sarai con Turrini e Alan Smithee a sbuffare davanti alla tv. In una parola? Divisivo. Che, nel piattume della fiction tv italiana, è già una vittoria.
