L’Italia è uno dei Paesi al mondo dove si cresce in mezzo all’arte. Io sono di una generazione in cui a scuola si faceva ancora la lettura iconografica di un’opera quindi mi viene naturale interrogarmi sui simboli, sui significati. Ebbene, la nuova cover di Vanity Fair è disperatamente vuota, un tripudio di estetismo e non di Estetica ma proviamoci. Cito dal profilo Instragram della rivista: «Com'è possibile che due ragazzi così diversi, così fuori dagli schemi, così poco tradizionali conquistino tutta ma proprio tutta l’Italia?». Se lo chiede il direttore @marchettisimone nell'editoriale del nuovo numero di Vanity Fair. Ecco la risposta è: col pesce. Col pesce nascosto dalle mani, preciserei, per quel po’ di vedo non vedo, di “Lo penso ma non ho il coraggio di dirlo” che contraddistingue la stampa nazionale bigotta e la comunicazione tutta.
Se volevate ridurre questi due giovani talenti a un fenomeno stereotipato ci siete riusciti. Sono belli, sono fisicati e un po’ ammiccanti, quindi che si fa? Si fa una cover coi boni. Che per carità non c’è niente di male. Siamo tutti fan della bellezza. Allora però fateci vedere il cazzo. Chiamiamolo come si chiama per favore, non possiamo più sottostare alla dittatura delle parole proibite. Sotto le mani a coppetta di Mamhood e Blanco c’è il pesce del desiderio, il vello d’oro, la nerchia, la sensualità, il proibito. Sarebbe stato un atto di coraggio farlo ammirare a tutto il Paese per una volta Reale. Ma vi immaginate l’etichetta discografica, i manager, gli sponsor, l’editore, le pubblicità? Seee, ciao. Il linguaggio è così povero ormai che ci si deve censurare anche tra adulti, regrediti ormai a bambinetti che hanno paura di parlare di pulsioni, di realtà.
Un giornale finisce in luoghi pubblici in cui anche minori e bambini possono vederlo e quindi sarebbe pornografia? Ma non dovrebbe esserlo, dovrebbe essere arte. Questa cover ha la pretesa di essere artistica, come un nudo di Michelangelo o Newton. Ma interviene l’algoritmo: i canoni di censura dei social sono così radicati nel costume che ci tocca sempre giustificarci. No capezzoli, no palle, sì ok a pose ammiccanti, a bombe che escono dai bikini e labbra rifatte a bocchino, sì a tutto l’ammiccamento ma guai a essere seri. Deve essere tutto sciocco, depotenziato, masticato da altri e sputato nel nostro cervello perché possiamo digerirlo. Ci spaventano davvero due cazzi?
Sapete perché la cover è brutta? Oltre alla censura dei pesci sono le colombe il problema. Ecco le colombe proprio mi fanno stare male. Perchè per mascherare un’idea raffazzonata cosa si fa? Si mette il finto nudo in copertina, si strizza l’occhio a tutti i voyeur sperando e pregando Gesù che spendano un euro e mezzo per comprare il giornale, ma per non sentirci zozzi ci inventiamo il sottotesto. Simbolo di purezza e procreazione, di erotismo e innocenza, la colomba dovrebbe rimandarci a un significato più alto dell’opera in questione. Il volto di Mamhood tradisce forse un’emozione, perché la fotografia cattura sempre il vero e sembra dire: «ma che diavolo sto facendo?» Un leggero imbarazzo pervade il suo sguardo mentre posa per uno shooting di lavoro, costretto a spacciarsi per simbolo di eros e purezza quando invece forse vorrebbe solo cantare. A Blanco sfugge un sorriso, consapevole forse del momento folle che sta passando (“Ciao mamma guarda come mi diverto” cit.) tanto che pesta un piede all’amico forse in richiesta di aiuto.
Boh, non lo so. Per carità a Vanity Fair sono liberi di fare quello che vogliono, ma sarebbe stato emancipante andare oltre la deriva del “body”, della “positivity”, del “mostrati per come sei”. Non se ne può più. Sono due boni da paura e spaccano lo schermo, li mandiamo tutti ignudi sul palco come Achille Lauro e Damiano dei Maneskin perché alla gente arrapa. Dai! È solo marketing, posizionamento di un prodotto. Nessuno commenta mai la musica di questi artisti, a nessuno frega niente della musica, oggi è tutto “video” e mentre ci intratteniamo vogliamo vedere dei bei manzi. Ormai nel nudo in cover di un giornale non c’è più niente di provocatorio. la gente è già tutta nuda sui social, su Onlyfans, su Tinder. Ci manca solo di vedere l’anoscopia della collega d’ufficio e poi abbiamo visto tutto. Non esistendo quasi più le edicole, proprio per via del fatto che i giornali oggi sono così, l’unico posto dove vedo le riviste sono i supermercati tipo l’Esselunga. Quindi tendo a immaginarmi la copia di Vanity Fair all’ingresso del negozio poco prima degli shampoo in offerta e delle FFP2, mentre alcuni tizi sovrappeso, con il pile, poco alfabetizzati ci butteranno un occhio. E nonostante questo son convinto che pochissimi compreranno il giornale. E se lo faranno non sarà certo per le stramaledette colombe.