Inaugurazione della Biennale d’Arte di Venezia 2024, Padiglione Italia. “Due qui/To Hear”, il titolo. Parterre: sindaco Luigi Brugnaro, curatore Luca Cerizza, presidente della Biennale Pierangelo Buttafuoco, ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Il primo cittadino, intellettualmente inerme davanti all’opera di Massimo Bartolini, artista “residente”, ha subito cura di far schizzare con attitudine diportistica l’acqua contenuta nell’installazione di quest’ultimo. Poi pronunciando: “A me sinceramente questo Padiglione Italia non è piaciuto. A me piace il figurativo”. La risentita reazione dell’autore dell’opera “violata”. Dunque dell’imene ontologico dell’elaborazione artistica stessa. Brugnaro riporta alla memoria le vignette della “Settimana Enigmistica” sull’anatomia del cubismo picassiano, il turbamento rionale di Alberto Sordi visitatore di una trascorsa Biennale davanti al gregge di ovini esposto in Laguna da un artista israeliano; forse perfino il tragico turbamento di Yves Klein per le “Antropometrie” derise da Gualtiero Jacopetti nel film “Mondo cane”, 1962. Infine, su tutto, il frasario del pubblico “inavvertito” davanti alla complessità delle avanguardie, citazioni testuali riportate dal critico Guido Ballo nel volume “Occhio critico”, 1966: “Questo lo sa fare anche mio figlio”, “E questo che mi significa?”, “Questo sembra dipinto da una scimmia con la coda”.
Il gesto del sindaco Brugnaro cancella Marcel Duchamp, l’artista che consegna perfino a un orinatoio dignità estetica e concettuale. Dadaismo venuto invano al mondo.
Con sorriso non meno diportistico, ribatte, complice verso il primo cittadino lagunare, Buttafuoco: “Il dissenso è importante”. Citando poi, a dispetto della cancellazione appena avvenuta, proprio i baffi che Duchamp disegnò alla Gioconda.
Per pertinenza tematica, assodata la presenza dell’acqua nel lavoro appena deriso, assai più opportuno citare Pino Pascali, il suo “32 mq di mare circa” del 1967. Un allestimento ambientale che mostra trenta vaschette quadrate di alluminio zincato contenenti acqua colorata con blu di metilene. I fischi risentiti e complici dei pervicaci visitatori della Biennale, rivolti a Brugnaro, riconsegnano presto centralità alle ragioni estetiche dell’artista Bartolini.
Ulteriore chiosa del sindaco: “Spero che in futuro non ci sia solo un artista. Sono stato rimproverato per avere messo le mani in acqua, ma penso che lo farebbe un bambino. Dico quel che penso, l'arte deve essere discussione".
Possibile morale: nel 1950, Picasso, militante del Partito comunista francese, realizza un’opera di impegno politico, La guerra e la pace, nella navata della cappella piccola del castello di Vallauris, decorando le volte dell’antico santuario abbandonato. Anni dopo, nottetempo, un collega pittore si introduce segretamente nella cappella profanando il lavoro picassiano. Avviliti, mortificati per non essere riusciti a proteggere l’opera, i responsabili del museo invitano l’artista a constatare il danno irreparabile. Il volto sorridente di Picasso giunto sul posto, nessun patema, nessuna traccia di risentimento verso il “vandalo”; nei giorni successivi tornerà con un pennello a correggere le parti violate. L’imene dell’arte è salvo.