La Riviera non è mai stata così pop. Dopo l’addio (per nulla silenzioso) di Linus e del suo circo Deejay On Stage, Riccione ha fatto la sua mossa: fuori i “fighetti” della radio e dentro Gerry Scotti, l’uomo che ha trasformato il preserale in un all inclusive aperto a tutti e che ora si mette il costume per raccontare la Perla Verde dell’Adriatico. Non solo con la voce, ma anche con i reel su Instagram, i sorrisi rassicuranti e le pubblicità a tappeto su tutte le reti Mediaset. Il Comune ha sganciato circa 140mila euro, e non per portarsi a casa una hit estiva: stavolta si punta tutto sull’effetto nostalgia, su quel Gerry Scotti che parla a tre generazioni e fa venire voglia di piadina e tombola in spiaggia: “Una città che non ha bisogno di urlare per farsi notare”, dicono dal Comune. E allora vai col sorriso e con lo slogan “Riccione mette tutti d’accordo”. Anche se è chiaro che la mossa è una dichiarazione di guerra.

Perché Linus, intanto, non sta a guardare. Dopo essere stato sfrattato da Riccione, se ne va con tutto il carrozzone a Rimini. Non era mai successo, e infatti ci sarà un evento lungo tre giorni a fine mese per celebrare l’approdo: concerti, dj set, gente che urla “power!” e content creator che ballano sotto al sole. È la faida dell’estate, ma con gli accenti giusti: Linus è ancora l’uomo delle playlist studiate a tavolino e delle camicie bianche stirate bene, Gerry invece è il vecchio zio simpatico che ti passa il cocomero al pranzo di Ferragosto. Entrambi, curiosamente, figli di Claudio Cecchetto: due ex allievi che ora si sfidano a colpi di contenuti branded tra i lidi dove un tempo regnavano Fiorello e la gita all’Aquafan. Il resto è contorno da Riviera 4.0: vagoni Trenitalia brandizzati “Riccione”, spot su Spotify per colpire i 18-44enni in cerca di mare e algoritmi, e un’intera macchina promozionale divisa tra i volti storici del nostro immaginario collettivo. Altro che nord contro sud: l’unico derby vero, quest’anno, è tra Riccione e Rimini. E non si gioca in spiaggia, ma a colpi di share, like e jingle. Con due generali che conoscono molto bene la guerra del consenso.
