“Siamo soltanto inquilini temporanei di questo studio. Questo fa di noi dei guardiani di quelle istituzioni e tradizioni democratiche per le quali hanno combattuto e sono morti i nostri predecessori. Indipendentemente dalle questioni della politica quotidiana, spetta a noi lasciare questi strumenti della nostra democrazia forti almeno quanto li abbiamo trovati”.
C'è una ritualità quasi spirituale, nelle cadenze della politica americana. Certezze inviolabili, così come deve apparirgli la loro costituzione, la loro democrazia e ogni dettaglio di quelle contorte elezioni che facciamo sempre fatica a capire. Lo spiega bene Barack Obama, in un passaggio (qui sopra) della lettera che lasciò a Donald Trump nel giorno del suo insediamento. Esattamente l’oggi di quattro anni fa.
Lo racconta nella sua biografia, come la vittoria di un uomo che rappresentava per gli Stati Uniti e per il mondo intero ogni cosa contro cui aveva lottato per otto anni di presidenza, non era solo una sconfitta, ma una tragica umiliazione. Ma quella lettera la scrisse lo stesso, e la scrisse con il cuore. Che Obama è un grande scrittore e quando i grandi scrittori non ci mettono impegno, sono i peggiori ladri di questo mondo.
È una lettera a cuore aperto, una mano tesa per cercare di prendere quella di uomo così diverso da lui. Difficile immaginare cos’ha provato, il primo presidente afroamericano della storia americana, a stare in piedi accanto a un uomo che negli anni della sua presidenza lo ha insultato, fino a negarne l’etnia, infangarne gli antenati e metterne in dubbio la religione. Ma ci è andato. Lo ha fatto perché “spetta a noi lasciare questi strumenti della nostra democrazia forti almeno quanto li abbiamo trovati”. E il rispetto per i propri avversari, il passaggio di ruoli e di consegne è uno di questi.
Joe Biden, che oggi si insedierà alla Casa Bianca in mezzo a una Washington blindata, non avrà questo onore. Non ci sarà la folla ad accoglierlo, non potrà fare tutta la passeggiata dell'insediamento, non ci sarà nessun presidente a stringergli la mano dopo il giuramento, e con ogni probabilità non ci sarà una lettera ad attenderlo nel cassetto della scrivania dello Studio Ovale.
Ma non è triste, il Presidente Biden. Lo ha detto lui stesso negli scorsi giorni, ripetuto fino ad averne la nausea. Non è triste perché la battaglia più importante l'ha comunque vinta lui. Nel nome di suo figlio Beau, la cui promessa fatta prima della sua morte prematura ha spinto Biden a tentare questa cavalcata verso la presidenza. Ma anche un po' nel nome di Obama, che per otto anni ha accompagnato in un viaggio incredibile, da vicepresidente.
Quando morì Beau, Barack fece un elogio straordinario al suo funerale, dicendo una cosa che oggi andrebbe scritta su un foglio, e lasciata nel cassetto della scrivania dello Studio Ovale, a ricordare a Biden ciò davvero conta.
Le responsabilità e i privilegi dell'avere un ruolo, qualunque esso sia. Una lettera a cui dovrà far fede, anche se non la riceverà mai. Perché "nella vita i mezzi sono tanto importanti quanto il fine”.
La lettera completa di Barack Obama a Donald Trump
Congratulazioni per un’impresa notevole. Milioni di persone hanno riposto le loro speranze in lei, e tutti noi, indipendentemente dal partito, dobbiamo sperare che la prosperità e la sicurezza continuino durante il suo mandato. Questo è un incarico unico, senza una chiara strada per il successo, perciò non so se qualche mio consiglio personale sarà particolarmente utile. Ciononostante, lasci che condivida qualche riflessione sugli ultimi otto anni.
Primo, siamo stati entrambi benedetti, in modi diversi, con una grande fortuna. Non tutti sono così fortunati. Spetta a noi fare tutto il possibile per costruire più scale per il successo per ogni bambino e famiglia disposti a lavorare sodo. Secondo, la leadership americana nel mondo è realmente indispensabile. Spetta a noi, con le azioni e con l’esempio, mantenere l’ordine internazionale che si è diffuso stabilmente dopo la fine della Guerra fredda, e dal quale dipendono il nostro benessere e la nostra sicurezza. Terzo, siamo soltanto inquilini temporanei di questo studio.
Questo fa di noi dei guardiani di quelle istituzioni e tradizioni democratiche – tipo lo stato di diritto, la separazione dei poteri, l’uguaglianza dei diritti e le libertà civili – per le quali hanno combattuto e sono morti i nostri predecessori. Indipendentemente dalle questioni della politica quotidiana, spetta a noi lasciare questi strumenti della nostra democrazia forti almeno quanto li abbiamo trovati.
E infine, trovi il tempo, nella furia degli eventi e delle responsabilità, per gli amici e per la famiglia. La aiuteranno a superare gli inevitabili momenti difficili. Michelle e io auguriamo a lei e Melania il meglio, mentre vi imbarcate in questa grande avventura, e sappiate che siamo pronti ad aiutare in qualsiasi modo possiamo.
Buona fortuna,
BO