Grande levata di scudi e lance e freccette da tiro a segno posizionato sotto le chiappe contro un ritratto satirico di Stefano Coletta scritto sul Giornale da Luigi Mascheroni, il quale è stato accusato di essere omofobico e transfobico. Tutta gente che lavora in televisione, quindi su Rai Uno, emittente di Stato che con Coletta è effettivamente diventata più aperta, meno provinciale, uno svecchiamento che ci voleva e speriamo che la destra non ci metta uno che legge Dante come fondatore del pensiero di destra come la sinistra ci aveva messo Benigni che leggeva Dante come fondatore del pensiero di sinistra, motivo per cui Dante mi ha rotto i coglioni più di quanto me li rompesse a scuola. Quindi tutti addosso a Mascheroni, da Antonella Clerici all’attivista LGBT Imma Battaglia a Vladimir Luxuria e tanti altri. Tuttavia mentre Mascheroni ha scritto magistralmente un pezzo di satira culturale, chi lo accusa di omofobia e transfobia è di un’ipocrisia abissale. Sono così liberi a Rai Uno? Un par di palle. Perché sono tutti cattolici, inclusa Vladimir Luxuria, e infatti provatevi a trovare qualcuno sulla Rai che anziché prendersela con Mascheroni se la prenda con le religioni. Nulla è più sessista e omofobo e maschilista delle religioni, e tutti a aspettare che papa Francesco apra ai gay, anziché aprirsi la mente e mettersi a studiare e capire che siamo una specie che ha duecentomila anni sospesa nel buio in un lager che ha quattro miliardi e mezzo di anni.
Invece sono tutti preti, etero o gay che siano, ma il Giornale sopporta me da anni tenendomi sotto contratto in esclusiva, sapendo che sono uno dei più grandi scrittori italiani e mi lascia libero di attaccare tutte le credenze e i comodini (libero io ma anche loro a pubblicarmi), di scrivere che ho un compagno, una compagna e una figlia (tutti molto amici di Mascheroni, il miglior giornalista culturale in circolazione insieme a Alessandro Gnocchi, e infatti le pagine culturali del Giornale sono le più libere della stampa italiana), e sopportando anche le proteste di lettori cattolici che talvolta si sentono offesi dai miei articoli (pochi in compenso ai lettori e anche studiosi dei miei romanzi che comprano il Giornale apposta e i miei pezzi li archiviano). Articoli non politicamente corretti, che sarebbero impubblicabili su Repubblica e dal giro dei repubblichini (e in venticinque anni non hanno mai recensito un mio libro, hanno sbianchettato una riga dell’astrofisico Nanni Bignami che mi citava, senza contare quanto abbiano snobbato i romanzi di Aldo Busi).
Mi auguro quindi un Sanremo fluido, gay, transgender, però con un Fiorello che da etero (credo), contro l’omofobia, commenti per esempio la Cappella Sistina (come farebbero Ricky Gervais o Louis CK o Jim Jeffereis o qualsiasi grande comico anglosassone, lì non risparmiano nessuno), dove la divinità inventata dai cristiani è un vecchio uomo bianco etero e omofobico e maschilista che tende l’indice a un giovane maschio bianco etero, molto patriarcale e sessista, come d’altra parte nell’ultima cena del romanzo fantasy dei cristiani il figlio del signore onnipotente bianco ha dodici apostoli maschi, con i quali si rinchiude per un’ultima cena trasformando l’acqua in vino (lì forse vengono dei dubbi su cosa facessero dentro, anche perché lo stesso romanzo è opera collettiva di quattro maschi).
Ma Luxuria, cattolica come la Murgia e compagnia bella, preferisce prendersela con Mascheroni e si lamenta perché non può fare la comunione, poverina. Lunga vita alla Rai di Coletta, che conosco personalmente e è anche una persona delicata e fantastica, lunga vita ai ritratti di Mascheroni, mentre gli altri gay e trans e fluidi se vogliono tirare fuori la lingua non la usino per leccare il culo o desiderare di essere accettati dalla Chiesa (come un ebreo che volesse essere accettato dal Terzo Reich) ma per collegarla al cervello e poi alle palle.