Proseguono le polemiche per la statua della “Spigolatrice” inaugurata a Sapri, in provincia di Salerno, alla presenza delle autorità locali e del presidente M5s Giuseppe Conte in tour elettorale nella zona. Il monumento in bronzo rappresenta la lavoratrice dei campi, addetta alla spigolatura, al centro della poesia di Luigi Mercantini dedicata al fallito tentativo di insurrezione antiborbonica nel Cilento. Ma a far discutere è stata la scelta dell’artista Emanuele Stifano di mettere in evidenza le forme della donna con un abito “trasparente” che rievoca un effetto di nudo. Troppo formosa, in abiti quasi velati e sfuggenti, "uno schiaffo sessista". “La spigolatrice di Sapri” è una poesia di Luigi Mercantini ispirata alla fallita spedizione di Sapri di Carlo Pisacane (1857) che aveva lo scopo di innescare una rivoluzione antiborbonica nel Regno delle Due Sicilie. Si tratta, insieme all'Inno di Garibaldi, di uno dei componimenti a cui la fama di Mercantini come cantore del Risorgimento è indissolubilmente legata. Per inquadrare meglio la questione, abbiamo chiesto un parere al critico d’arte Luca Cantore D’Amore.
La "Spigolatrice" inaugurata a Sapri, in provincia di Salerno, sta facendo discutere perché troppo formosa, in abiti velati e sfuggenti e c’è chi ha accusato l’autore di aver prodotto un’opera "sessista". Ma intanto, le sembra artisticamente rilevante?
Spesso si perde di vista, nel tumulto delle polemiche, che ci debba essere una valenza artistica. Per cui, la risposta è sì, ha una valenza artistica benché relativa. C’è una validità tecnica, mentre quella concettuale era già stata affrontata in precedenza. Come spesso accade nell’arte, le tematiche, le figurazioni, le estetiche, le composizioni, si ripetono perché si ripetono i temi, che vengono rielaborati in chiave moderna. Con l’amore, la religione, gli usi e i costumi quotidiani. Quindi, la validità estetica non è assoluta, ma relativa al fatto che non è un inedito. Ci ricorda l’esistenza di una classe sociale che fatica per produrre ciò che poi mangerà. Al pari de “I mangiatori di patate” di Vincent van Gogh.
In generale, nella storia dell’arte, non sono mai mancate opere “formose”, in “abiti velati” o apertamente “svelati”. Il sessismo è una accusa che regge verso un’opera d’arte?
Si tratta di una retorica imbarazzante, quella della censura rispetto al nudo o all’estremizzazione delle forme, che siano di una donna o di un uomo. Occorre ricordare a chi si sente turbato dalla voluttà della “Spigolatrice”, che la maggior parte delle opere d’arte sono nude. Ed è bene che siano così. Nessuno si sconvolge che il David di Michelangelo sia nudo. Così come per le meravigliose e burrose nudità raffigurate nelle opere di Rubens. Nessuno ha mai pensato di censurarle. Non se ne accorgono perché sono nei musei? Forse non hanno prestato abbastanza attenzione al fatto che il sessanta per cento delle opere è nuda.
C’è un motivo?
L’opera d’arte è nuda. Paolo Sorrentino diceva che esiste solo un solo tipo di amore: l’amore nudo. L’arte insegue la verità e spesso la verità è sinonimo di nudità. Il sessismo, così come qualsiasi altri topo di attacco verso l’arte, non regge. Ammesso, certo, che ci sia una valenza artistica. Perché contraddice ciò che l’arte rappresenta, cioè il sorpassare il limite, anche della decenza se fatto con intelligenza. Nel caso specifico non mi sembra ci sia niente di scandaloso.
Spesso, però, le statue inaugurate negli ultimi anni sono accompagnate da polemiche. Come mai le amministrazioni pubbliche non riescono quasi mai a commissionare opere di grande rilevanza artistica?
Perché la rilevanza artistica dovrebbe essere frutto di uno choc, della naturale conseguenza di una riflessione sul nostro tempo. Va a braccetto con la prima risposta: spesso, per fortuna o purtroppo, ciò che si esprime è già stato espresso. Molti artisti, infatti, anche contemporanei e all’avanguardia, vanno a ricercare l’ispirazione all’interno del baule dei ricordi con la possibilità di riproporre, ma non proporre qualcosa di nuovo. Per questo le amministrazioni pubbliche non riescono quasi mai a commissionare opere d’arte di rilevanza artistica, perché la rilevanza artistica dovrebbe essere qualcosa che da intrinseca fuoriesca poi per prendere forma grazie all’opera d’arte. Come in tutte le missioni che falliscono, non si sa bene se il colpevole sia il committente o il commissionato, l’intento o il risultato. Comunque, la questione esula dal solo punto di vista artistico, sfociando in quello psicologico e sociologico. Ma posso ricordare un altro cortocircuito?
Prego.
Quando il presidente iraniano Hassan Rohani venne in visita a Roma e qualcuno decise di coprire le nudità delle statue dei Musei capitolini. Una soluzione rispetto all’eventuale choc per la cultura musulmana che fu più scandalosa di quel presunto scandalo che avrebbe potuto suscitare guardando quella nudità. Trovo molto più scandalose certe dinamiche del mondo contemporaneo, più sessiste e violente, perché sottintese, taciute, verso le quali non diamo peso perché non le troviamo in strada come la “Spigolatrice”. Ma l’opera d’arte che funziona fa scandalo, altrimenti non è. Infatti, nessuno si è mai lamentato dei miliardi di rivisitazioni dell’Ultima cena di Leonardo, nonostante si parli di un tema religioso. Per cui, questa “Spigolatrice”, benché sia di realizzazione classica, si potrebbe intendere come una scultura pop: ci propone un messaggio antico, ma che si adegua agli stilemi e alle forme del contemporaneo.