Sarebbe stato un buon film. Di quelli intensi, pretenziosetti, trasmessi in prima visione nella seconda serata di Rai 3. Dopo essere stato presentato, naturalmente, a qualche prestigioso Festival del cinema italiano o internazionale - ma fuori concorso. Il tempo di fare un red carpet "così glamour" con il cast seguito da elitaria proiezione stampa. Qualche applauso sentito, dimenticato poi a due minuti dalla pubblicazione dell'entusiastica recensione. La vita bugiarda degli adulti, invece, ha scelto di essere una serie in sei episodi ed è a piede libero su Netflix da mercoledì 5 gennaio. C'era grande attesa intorno a questo titolo, anche perché tratto dall'ultimo romanzo di Elena Ferrante. Per quanto, si dice, l'opera sia la meno riuscita della misteriosa autrice. A sostenerlo, sul web, anche i più aficionados della stessa. La grande N ha voluto comunque puntare su questa trasposizione e, se il progetto ha l'intenzione di scuotere le anime dei telespettatori, magari strappando anche qualche piantino rigenerante dalle cornee, il risultato, di puntata in puntata, è una spossante sensazione di déjà vu. Napoli povera, Napoli ricca, adolescenti in crescita, genitori pressoché egoisti che agiscono guidati da ciò che hanno nelle mutande, un bracciale "per domarli, un bracciale per trovarli, un bracciale per ghermirli e nel buio incatenarli". Meriti e sbadigli dell'ennesima serie italiana su una famiglia con problemi a Napoli. Procediamo.
"Quando sei piccola, ogni cosa ti pare grossa. Quando sei grande, ogni cosa ti pare niente", così la pensa Giovanna (Giannina), sedicenne benestante che vive nella Napoli del Vomero insieme a due genitori che sostanzialmente adora. Fino a che l'incontro con zia Vittoria, disconosciuta dalla famiglia per alcuni misteriosi fatti occorsi in passato, non le farà vedere il dorato microcosmo in cui è cresciuta, con occhi diversi, decisamente più disincantati. Ne conseguiranno apocalissi e rinascite. Giannina (l'esordiente assoluta Giordana Marengo) e zia Vittoria (Valeria Golino) sono i due motivi per cui potrebbe valere la pena di dare un occhio alla serie. La prima, vent'anni all'anagrafe e una incredibile somiglianza a Timothée Chalamet, per copione deve fare la parte della sedicenne (che si sente) bruttina: è, in realtà, una giovane donna bellissima e non c'è felpona unisex o taglio di capelli a scodella arruffato che possa nasconderlo. Ne sentiremo parlare. Anche perché, fa quasi strano dirlo, sa recitare.
Valeria Golino rappresenta la cellula impazzita della famiglia, quella che ne è stata scacciata anni e anni prima proprio perché non conforme alla rispettabilità ostentata dal resto del parentado. Vive in una catapecchia della Napoli del Pascone. E, indovinate un po', pur non avendo la grana del fratello, il padre di Giannina (Alessandro Preziosi), tiene un cuore grande. Ricchi ipocriti e stronzi, poveri sorridenti e generosissimi, nonostante la respingenza iniziale dei modi. Sì, siamo in questa stringente dicotomia di cliché. E qui rimarremo, soprattutto quando verremo a scoprire che il più pulito dei "ricchi" tiene la rogna.
La protagonista Giannina si troverà a realizzare qualcosa di insospettabile: gli adulti mentono, il più possibile, per cercare di tenere insieme le proprie vite. Inaccettabile per i suoi occhi da sedicenne, ma, in questo romanzo di formazione audiovisivo, piano piano perfino a lei toccherà scendere a patti col compromesso. O quasi. Le bugie che deve affrontare (o anche dire) sono abbastanza intriganti da legittimare sei ore di narrazione? Sinceramente, no. Per quanto la regia di Edoardo De Angelis non sia per nulla scontata e, alle volte, perfino più affascinante della trama stessa, la serie procede stancamente, salvo qualche guizzo dovuto soprattutto ai dialoghi, verso i titoli di coda, mostrandosi di minuto in minuto come un grande e ben recitato "Vorrei ma non posso". Se le storie famigliari sono fin da sempre Sacro Graal - nonché croce e delizia - della narrazione nostrana, impossibile non pensare che ce ne saranno state di sicuro di più interessanti da raccontare, questa volta. Sempre visto quanto paia impossibile farne a meno. È come se, appena prima di cominciare a scrivere, a ogni sceneggiatore italiano si ponesse davanti un bivio: Mafia o famiglia? I più temerari, tentano di unire entrambi i filoni, generando mostri ibridi tipo Bang Bang Baby (Prime Video). In ogni caso, poco convincenti. Ma onore al merito di averci provato.
Il telespettatore, nel frattempo, si spossa. Per quanto La vita bugiarda degli adulti, di scena in scena, reclami a gran voce il proprio sedicente essere "qualcosa di più" della solita serie italiana, è la solita serie italiana. Solo, meglio girata e recitata. Ma farle i complimenti per questi aspetti, sarebbe, al solito, batterci le mani da soli per aver appena inventato la ruota. Chi critica, ma anche chi guarda, non può accontentarsi di qualche scambio brillante nei dialoghi e di un po' di interpretazione fatta come si deve per entusiasmarsi. Sarebbe irrispettoso nei confronti dell'amor proprio che ognuno di noi, si auspica, possiede.
Acclamatissima da recensioni al profumo di incenso, La vita bugiarda degli adulti può essere un discreto passatempo per serate a divano e camomilla. Dubitiamo che qualcuno se ne ricorderà davvero, una volta che l'hype pubblicitario per il lancio del progetto si diraderà dalle nostre bolle social. Asserire il contrario, sarebbe una bugia. E qui siamo adulti, sì, talvolta bugiardi nei limiti della sopravvivenza, ma sicuro non fessi. Ad maiora.