Se è vero che i Måneskin hanno raggiunto una certa fama internazionale paragonabile per esempio a quella di Laura Pausini e Eros Ramazzotti, è anche vero che il loro successo è diverso. Questo perché non hanno sfondato in mercati specifici grazie alla familiarità del pubblico locale con il pop italiano (i Paesi ispanofoni, per dire), com’è successo appunto alle voci de La solitudine e Terra promessa, ma hanno ottenuto invece consensi anche in quei mercati in cui gli artisti italiani hanno sempre faticato, vedi gli Stati Uniti e il Regno Unito. Non a caso la maggior parte delle loro canzoni, specie dall'Eurovision in poi, ha il testo in inglese, e l'ultimo disco “Rush!”, è stato registrato in parte a Los Angeles assieme a Max Martin, l’uomo dietro a successi pop planetari come “Baby One More Time” di Britney Spears e “I Want It That Way” dei Backstreet Boys. Non solo, la massiccia promozione della casa discografica (Sony) che ha scommesso molto in tal senso (portafoglio alla mano), con tanto di cartelloni giganti proiettati a Times Square (per esempio) dimostra quanta ambizione c'è. Ed è proprio questo che nostra signora di Solarolo, fresca di “Anime parallele” (nuovo disco), rivendica alla stampa, ricordando anche la sua esperienza in America. Potevamo avere la nostra Britney Spears, e invece...
Era novembre 2002 quando negli Usa vide la luce “From the inside”, scritto interamente in inglese; a promuovere il disco c'è Surrender, primo singolo ufficiale, uscito ad agosto di quell'anno. Sia Surrender che If That’s Love salgono al 1ºposto nella classifica Billboard Dance/Club Play Songs, ma i pezzi hanno un sound diverso da ciò che aveva reso famosa la Pausini in Europa, che delusa dalle promozione in terra americana decide di rimpatriare. “Nel 2001 in America mi fecero fare un disco in inglese trasformando in chiave dance le mie canzoni e chiedendomi di andare in tv in minigonna: volevano fossi la Britney italiana! - spiega lei - Nonostante il successo di Surrender, feci le valigie e tornai in Italia...”, e così si sofferma sulla band romana, fenomeno mondiale. “Amo molto la musica dei Måneskin, sono orgogliosa del loro percorso, ma cantano in inglese, non in italiano...”. Quindi un accenno di vena polemica ai tempi che cambiano: “Io ed Eros (Ramazzotti ndr) siamo fortunati, siamo conosciuti, abbiamo le nostre carriere, possiamo permetterci di fare concerti e di avere successo all'estero con un pubblico che canta nella nostra lingua. Ma purtroppo non è così per tutti... Dal 2010 in poi - prosegue - accade sempre meno di frequente che artisti di casa nostra esportino la loro musica. Se vuoi entrare in una radio francese, per esempio, devi cantare in francese...”. Da un lato chi ha rifiutato di conformarsi a certe aspettative e si è affermato ugualmente, dall'altro il nuovo che avanza con potenza, malgrado tutto. Come finirà questa storia?