La faccenda dei mali che che non vengono mai soli l’ho già usata. L’ha ricordato giorni fa Grazia Sambruna, non posso certo far finta di niente e sperare di Non posso neanche citarmi di nuovo, credo in tutta onestà di avere scritto a mio modo “un classico” della critica musicale, un pezzo appunto che possa serenamente venir citato da altri a distanza di quasi dieci anni, ma forse non così tanto classico da diventare un cliché. Del resto ripetermi quasi sul medesimo tema, nello specifico sulla medesima artista, lì parlavo di un album di Laura Pausini scritto in parte da Biagio Antonacci, qui di Lazza con un featuring proprio di Laura Pausini, suonerebbe quasi una faccenda personale, una roba tra me e lei, e non sia mai che qualcuno pensi che mi stia sul cu*o Laura Pausini. O Lazza. Il fatto è che mi sembra davvero troppa grazia, la nuova canzone di un artista di grande, grandissimo successo che però non brilla esattamente per simpatia e empatia, in compagnia della regina di Solarolo, a sua volta piuttosto divisiva in fatto di simpatia (e visto che parlavo di stare sul cu*o, che il cu*o sia divisivo l’ha da poco cristallizzato in una canzone Mille, qui potete leggerne, una che, vuole leggenda, ha fatto il dito medio a un giornalista di fronte a cinquantamila persone a San Siro solo per il reato di “lesa maestà”, per intendersi, simpatia portami via, a dirla tutta anche Lazza ha spesso attaccato i giornalisti, accusandoli di fare agli artisti domande e interviste troppo banali, ovviamente spalleggiato proprio da Laura Pausini, i due sembra si siano conosciuti proprio in quell’occasione. Che dire?, in effetti visti i testi che scrive vien voglia proprio di interfacciarsi con lui come se avessimo di fronte David Foster Wallace redivivo, mica l’autore di versi immorali quali “siamo un capolavoro del cinema/ con un finale da dimenticare” o “parlare con te è come cercare di afferrare il vento con le mani”, le domande dovrebbero farglie fare al tipo di Ovosodo di Virzì che diceva Alabama coi rutti, Dio santo.
Comunque, queste sono tutte premesse, figlie di pregiudizi. Sono, cioè, quel che ho pensato quando ho visto sui social che Lazza, che almeno lì palesa autoironia chiamandosi Lazzino, stava per tirare fuori il suo primo singolo del nuovo album Locura, Zero in più (Locura), singolo con uno dei soli tre featuring annunciati per l’album, niente in pratica di questi tempi, gli altri due sono i giganti del genere Sfera Ebbasta e Ghali (sto qui che attendo di vedere il video del brano che lo vede duettare con l’autore di Casa mia), e questo singolo era con Laura Pausini. Boom. Due artisti che stimo pochissimo, nel caso della Pausini per niente, insieme. Una cuccagna. Anche perché, ce ne fosse bisogno, nel reel di accompagnamento Laura Pausini sembra vagamente borchiata, una via di mezzo tra la protagonista di un reboot de La famiglia Addams e la Nicole Kidman di Eyes Wide Shut (no, non quella a culo di fuori, quella del famoso ballo in maschera). Forse anche troppo. Ma i pregiudizi sono appunto tali, dati preventivamente, quindi spesso falsati da visioni personali, antipatie, anche, volendo anche un pizzico di malafede, quella malafede che nel mio caso potrebbe comodamente risiedere nella certezza che se stronco una qualsiasi cosa che riguardi la Pausini avrò tutti i fan, non famosi per il proprio acume, parlo dei fan in generale, e se sei fan della Pausini hai pure le aggravanti del dolo, rendendo quindi il pezzo virale, io in trend topic, magari a mandarmi per l’ennesima volta a cagare con la diretta interessata, lei mi ha bloccato su X, ma non sugli altri social. Nella favola spesso autopromossa della Pausini io sono il cattivo, il villain, è noto, e un villain è tale perché si comporta da villain. Che poi i villain siano spesso più fighi dei protagonisti, beh, che ve lo dico a fare. Pregiudizi, dicevo. Pregiudizi perché prima di ascoltare una canzone di Lazza con un featuring di Laura Pausini non posso sapere che ne verrà fuori. Nessuno può saperlo, perché sulla carta è una sorta di aberrazione contro natura, a rileggere le dichiarazioni di Nostra Signora del Disco contro i rapper, contro chi usa l’autotune, contro chi veicola certi messaggi c’è da passare qualche settimana, una aberrazione davvero contro natura, una roba alla Frankestein, senza neanche la scusante della curiosità dello scienziato, più una roba alla Buffalo Bill, il serial killer di Il silenzio degli innocenti, che si faceva un capottino togliendo la pelle alle proprie vittime. Un pregiudizio, anche questo va detto, che però ha uno storico, addirittura due storici, conosco, perché voi magari siete lì che invidiate il mio essere un critico musicale che va ai concerti senza pagare il biglietto, anzi pagato per farlo, e che magari è anche amico di quegli artisti che voi pagate per andare a vedere ai già citati concerti, ma la vita del critico musicale ha anche lati molto oscuri, quai horror, un pregiudizio, quindi, anche questo va detto, che però ha uno storico, anzi due, perché conosco la discografia di Laura Pausini, Dio perdonami e di Lazza, è qualcosa quella conoscenza potrà pur dirmi. Certo, poi magari è una sorpresa, ma sulla carta, Dio mio, sulla carta qualcosa di orribile c’è da aspettarselo. E quel qualcosa non è solo dovuto dall’esperienza personale, uno mette la mano sul fuoco e sa che si brucerà perché lo ha fatto una volta da piccolo, ma per quella cosa chiamata istinto, che ci permette di evitare quei pericoli che istintivamente, appunto, sappiamo essere tali, pur non avendone fatto esperienza.
Per dire, non mi sono mai fatto inchiappettare, e pur avendo letto ogni tipo di libri, da Dennis Cooper a Henry Miller, e avendo anche letto articoli che sostengono che la stimolazione anale sia il non plus ultra, così, a occhio, preferisco evitare di farlo, anche usando certi retaggi omofobi della cultura cattolica, e, si, dai, certo machismo latente, saran pregiudizi ma li guarderei anche con affetto, a volte. Non so cosa mi perdo, ma va bene così. Col che non sto dicendo che ascoltare Lazza con la Pausini sia come farsi inchiappettare, il tutto da leggere come scritto e pensato da chi non pensa che farsi inchiappettare sia il top, i gusti son gusti, se diciamo ‘vaffanculo” volendo insultare qualcosa di fondo vorremo pur dire, sto dicendo che non sempre si deve guardare ai pregiudizi con pregiudizio, come a qualcosa di sbagliato, che a pensare male, come diceva Andreotti, si fa peccato, come a farsi inculare, basta con questo “inchiappettare” figlio della cultura woke, del resto, ma ci si prende, a volte. Ecco, non so se ascoltare Lazza e la Pausini sia neanche da considerare un peccato, stando nei canoni della Chiesa cattolica, intendo, ma so che non esiste l’abiezione di coscienza per i critici musicali, come per i ginecologi antiabortisti, quindi in caso peccherò. E no, non sto neanche dicendo che ascoltare Lazza con la Pausini sia una cosa come abortire, non ero io il destinatario di quel dito medio, checchè ne pensino tutti i fan e tutti colleghi, molti lo hanno pure scritto in articoli, veicolatori di una colossale fake news, come Pasolini io so il nome, comunque, dicevo, non sono io il titolare di quel dito medio, il destinatario di quel dito medio, ma se allestissi un paragone del genere un dito medio da parte sua ci potrebbe pure stare, non è questo il caso, seppur mi sia capitato di leggere, forse anche di scrivere, che una certa canzone era una abortitura, il tutto per dire che era un abominio, certo, ma senza tirare davvero in ballo l’aborto, figuriamoci se in un’epoca come questa vado a impelagarmi in una faccenda spinosa, addirittura tendente al suicidio, come parlare con leggerezza dell’aborto. Sono un uomo, mi par di capire che non rientri nei miei diritti farlo. È invece mio diritto parlare della canzone nuova di Lazza, featuring Laura Pausini, Zeri in più (Locura), e sarebbe stato mio diritto farlo anche senza averla ascoltata, dando sfogo a un mio pregiudizio, figlio di esperienza e competenza, figuriamoci dopo che l’ho ascoltata davvero. Nonostante nel reel che lo annunciava Lazza, che oltre a non risultare un mostro di simpatia non risulta neanche un mostro di eleganza, se ne saliva lì per una volta senza il suo caz*o di cappellino tenuto in pizzo alla testa, per guadagnare inutilmente quei cinque centimetri in più, a bordo di una macchina di quelle da duecentomila euri, tipo quelle che il suo collega Fedez, collega in quanto con lui ha messo sul mercato un invenduto e fallimentare energy drink, Lazza almeno cantare senza autotune sa cantare, credo grazie alle sapienti lezioni di Francesco Rapaccioli, che farebbe cantare bene anche uno che provasse a cantare col buco del cu*o, come la protagonista di Pelle di Edoardo Casanova, una macchina da duecentomila euri, tipo quelle che il suo collega Fedez usava per andare a fare l’elemosina ai barboni, cosa ci siamo persi per colpa del pandoro gate, maledizione. Qualcosa che nel mio immaginario ha meno appeal di un video che mostra un prolasso anale, e lo dico consapevole che se Lazza avesse lanciato la canzone con Laura Pausini mostrando un prolasso anale di colpo, puf, tutti i miei pregiudizi sarebbero svaniti nel nulla, non saprei dire se sostituiti da qualcosa di meglio o peggio, ma sicuramente di diverso. C’è gente che ama vedere video di donne o uomini che hanno prolassi anali, dopo scene di sesso lievemente violenta, non ci sarebbe da meravigliarsi di niente, neanche di un duetto tra Lazza e Laura Pausini. Qualcosa che, sulla carta, risulta quantomeno improbabile, visti i generi praticati dai due. E non basta certo il fatto che lei ora flirti con le nuove generazioni, da Madame a Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari passando per Tananai, qui c’è di mezzo Lazza. Uno che subito dopo aver vinto moralmente il Sanremo 2023, quello vinto nei fatti da Mengoni, ha tirato fuori un singolo ruvido come Zonda, per far capire che non si era venduto al mainstream. Certo, con 100 messaggi un po’ si è venduto, ma mica sta a me giudicare cosa un artista decide di fare della sua vita, metaforicamente avrei dovuto dire del suo cu*o, ma mi sembra che di culi abbiamo parlato anche troppo, qui, oggi. Certo è che Laura Pausini non è Elodie, spesso,ospite di rapper, ma decisamente a loro più vicina come modo di cantare e come immaginario. Non è neanche Annalisa, Angelina Mango, Gaia, Noemi o una delle tante nostre popstar che duettano coi rapper quando i rapper vogliono fare il pop. Lei è Laura Pausini, l’urlatrice di Solarolo, cinquanta anni compiuti, una signora carriera alle spalle (e temo anche di fronte), una che sulla carta con Lazza non ci dovrebbe entrare niente. E invece, eccoli qua. Perché in effetti all’una di notte, come usa adesso, Zeri in più (Locura) è uscita. Direttamente col video ufficiale, anche qui, come usa adesso. E io l’ho pure ascoltata. Non all’una di notte, mi pagano bene ma non abbastanza. Non c’è un abbastanza che potrebbe farmi stare sveglio all’una di notte per ascoltare la Pausini. Né Lazza. La canzone inizia con la Pausini che, spagnoleggiando (dove per spagnoleggiando si intende cantando il pezzo preso da La Locura del cantante spagnolo José Luis Perales alla maniera di una che intona una melodia dai sapori ispanici, nessun altro tipo di spagnola è stata maltrattata in questo articolo, intendiamoci) intona una melodia. È in effetti vestita come nel reel, toh, con tanto di unghie affilate come l’estetista cinese che lavora all’angolo del mio isolato.
Di cosa parla la canzone?
Inizia con la Pausini che parla di un incontro scritto nel destino, e ci sta. Poi attacca Lazza, che fino al primo ritornello devasta, letteralmente, un collega. Lo prende a ceffoni come mai era successo prima in un brano destinato indubbiamente a diventare una hit anche fuori dal genere rap, se no perché chiamare la Pausini. Lo fa senza citarlo, la citazione di Gemitaiz non sta però lì per caso, quindi potrebbe essere che parli del rapper romano, come di Rondodasosa, vallo a capire. Poi arriva appunto il ritornello, che al primo ascolto mi ha spiazzato. Perché, giuro, questo ho sentito: “Guardami ora, prega per me se morirò sarà ad Ancona". Ancona? Io ho scritto Seppellite il mio cuore sul Monte Conero. Lui pensa di morire nella mia città natale. Perché? Semplice, perché con sto caz*o di autotune ho capito male. Dice “da icona”, cioè “Prega per me, se morirò sarà da icona”. Eh, fra’, spiace dirlo, ma morire, ti auguro tra cent’anni, si muore tutti. Poi attacca comunque la seconda strofa, che un flexare antipatico e sbruffone, come sempre. Lazza è uno sbruffone, uno che ci tiene a farci sapere che ha successo, e ce l’ha, che riempiva i Forum prima di Sanremo, che ha i platini, che è un genio e gli altri no. Oh, tutto vero, intendiamoci. Ma anche meno. Fare una canzone così, con la Pausini, per perculare un collega, senza manco citarlo, o chicchessia, comunque, mi sembra davvero un gesto folle, e io amo i folli. Dirò di più, amo anche questa canzone, con una base davvero perfetta costruita da Drillionaire, che non è esattamente uno di passaggio. Restano tutte le cose che ho scritto e che penso. Resta che lamentarsi di avere successo, come del resto ha fatto anche il suo compagnuccio Sfera Ebbasta tempo fa, mentre intorno c’è la devastazione, tradisce non esattamente il suo stare in sintonia col mondo, oltre che seri problemi di empatia. Sì, dimenticavo, perché il titolo del pezzo, Zeri in più, fa riferimento a quelli degli euri in banca, o degli streaming, zeri in più che portano problemi in più, povero cucciolo. Ma Zeri in più (Locura) è una gran bella canzone. Forse la prima e sola in cui c’è Laura Pausini che non mi ha fatto letteralmente cagare, ma questo è probabilmente anche dovuto al fatto che sto invecchiando e inizio a perdere i colpi. Io, per la cronaca, invece di fare lo sbruffone e dire “se morirò sarà da icona” avrei detto “ad Ancona”, avrebbe mandato fuori di testa una intera città, che gli avrebbe dichiarato amore eterno, e di questi tempi avere dalla propria un capoluogo di regione è tanta grazia. Gli avrebbero pure perdonato l’aver detto “Ad Ancona” invece che “in Ancona”, come si dice da quelle parti. Altra cosa, il passaggio in cui passa dal citare Amici come prima di Paola e Chiara e poi al chiedere scusa ai bambini come Balenciaga, sempre con riferimento a Gemitaiz, immagino, è geniale. Meno quando per dire che l’altro, sempre Gemitaiz, è una barzelletta, cita la barzelletta che Lazza stesso ha raccontato da Cattelan. Cioè, buon per Cattelan, che ora potrà a sua volta flexare, ma quelle barzellette da Cattelan facevano ridere quanto un monologo di Brignano, e lo dice un fan di Giorgio Montanini. Ciò detto, grande canzone. Davvero. Spiace quasi dirlo, ma tant’è. Il grado di vendicatività di uno che al top va scavare parecchi piani sotto per togliersi un macigno da una scarpa è qualcosa di ammirevole, da vero cattivo dei fumetti. Lazza come Pinguino. Chissà cosa ne pensa Laura Pausini, che ha sempre detto che mai avrebbe duettato con questi rapper che veicolano messaggi violenti. Magari neanche l’aveva capito fino a ora. Due chiose. La prima, scherzosa, parte dai nomi. Lazza in realtà non si chiama Lazza, ma Jacopo Lazzarini. Lazzarini, Lazza. Non è che la Pausini si vuole far ispirare e passare a Pausa? Intendo come modalità, non come nome. Chiosa seria, invece, sul titolo del disco di Lazza, Locura. La locura, lo sappiamo bene, è la pazzia, che caz*o, la cerveza, la tradizione, o merda, come diceva Renè, ma con una bella spruzzata di pazzia. Il peggior conservatorismo, che però si tinge di simpatia, di colore, di paillette. In una parola: Platinette! Perché Platinette ci assolve da tutti i nostri mali, da tutte le nostre malefatte: sono cattolico, ma sono giovane e vitale perché mi divertono le minchiate del sabato sera. È vero o no? Ci fa sentire la coscienza a posto. Ecco. Mai come stavolta parole che risultano profetiche. Questa è l’Italia del futuro: un paese di musichette mentre fuori c’è la morte. Questo per dire cosa? Che serve un qualche cazzo di futuro, Renato! Serve un qualche cazzo di futuro. Ascoltatevi Zeri in più (Locura), quindi, ma ricordatevi di pregare per me, se morirò, cosa di cui dubito fortemente, sarà ad Ancona.