Bresh a Sanremo gioca quasi in casa, e il primo argomento non poteva essere che la sua squadra del cuore, per la quale ha scritto anche l'inno: il Genoa: “La cosa bella è che il mio primo abbonamento l'ho fatto a dieci anni, se non sbaglio, nel '96, in Serie C. Quindi ho visto una scalata di promozioni che mi ha gratificato, anche quando ci hanno ributtato giù l'anno prima”. Per un genovese come Bresh, poi, cosa rappresenta la scelta di cantare un pezzo di Fabrizio De Andrè, in dialetto, con il figlio del cantautore più importante d'Italia? “Lo dico in modo semplice: è una botta incredibile, un trip incredibile. Scherzi a parte, è un'emozione unica. Era un sogno che avevo da bambino. Se avessi dovuto immaginarmi sul palco di Sanremo, mi sarei visto cantare Creuza de ma fin da piccolo, perché è super rappresentativa. Credo che in un festival come questo sia importante portare la propria personalità, e Creuza fa parte della mia e di tanti altri. Avere Cristiano al mio fianco... non ci posso nemmeno pensare. Più ne parlo, più mi cago sotto”.


Un cantautore, Bresh, che come molti giovani suoi contemporanei non può prescindere dal genere dominante: “Io vengo dall'urban, dal rap. Ho sempre fatto un rap melodico, cantautorale, chiamalo come vuoi. C'è un termine orrendo, cantauto-rap, che proprio non mi piace. Comunque, vengo da un mondo che non ha mai avuto l'ambizione di cantare a Sanremo. Poi però, essendo il Festival della Musica Italiana, la musica italiana oggi è anche questa. E sono contento di essere qui. Forse il sogno l'avevano più le donne della mia famiglia: mia madre, mia zia, mia cugina, mia nonna, mia sorella. Quindi alle cene di Natale posso stare tranquillo. Ora sanno che faccio il cantante”. Il brano di Sanremo non è stato scritto apposta per il Festival: “No, è nato in una notte in studio, su un beat bellissimo di Dibla e Jeetz, poi in seguito anche Shune. Voglio salutarli perché mi hanno accompagnato dall'inizio. Ritrovarsi tutti insieme su questo palco è importantissimo. Il pezzo è nato così, in freestyle, poi il ritornello l'ho lavorato dopo”. Come vive il Festival? “Non so se è apatia o altro, ma cerco di non farmi prendere dall'ansia. Voglio vivere il palco come un mio concerto, anche se so che è impossibile. Spero sia la chiave giusta”. Vivere il palco, anche fuori dal Festival: “Sanremo, poi album e tour. Abbiamo già un palazzetto sold out, un Forum, ne apriremo un altro. Sono felicissimo” Quindi un genoano che vince? “Diciamo che non succede spesso, ma stavolta sì!”. Magari non al Fantasanremo, perché deve “ancora capire bene le regole”.

