Ligabue è in crisi? Partiamo dalla fine. Ticketone per i suoi concerti estivi - San Siro e l'Olimpico - parla chiaro. A poco più di un mese dal debutto, c'è ancora ampissima disponibilità (persino nel prato a Roma, primo settore a riempire). Tant'è che rispetto al passato sarà più una rimpatriata di vecchi amici. Quelli che continuano ad acquistare i ticket. Un (mezzo) flop, perché di questo si tratta, che si sarebbe potuto facilmente prevedere, anche solo analizzando le vendite del precedente tour, anno 2019.
Capirai, chiunque - addetti ai lavori in primis - si accorge che la prevendita non sta andando bene. La storia è questa. Nel 1997 Luciano Ligabue riempiva gli stadi, nel 2023 non più. Lui è sempre lo stesso, e pure il suo pubblico. Solo che nel frattempo chi era adolescente ai tempi si è sposato, ha fatto il mutuo, i figli, e ha sempre meno tempo (e soldi) per andare a sorbirsi la stessa canzone dal vivo.
Non si può neanche dire che rock sia in crisi, anzi. Allora, se questo è vero, sarebbe il caso di valutare che difficilmente si può coltivare nuovo pubblico servendo sempre lo stesso, e per giunta con questo riempirci uno stadio intero, a meno che non si adotti la cara e vecchia pratica (familiare a tanti), a colpi di biglietti omaggio o scontatissimi.
Poco male, il rocker di Correggio ha l'umiltà per rendersene conto. O forse no. Forse gli secca ammetterlo. Chiaro, se eri abituato ai record, l'acquolina in bocca ti viene. Ma a un certo punto occorre fare i conti con la realtà e capire che per salvare l'immagine è meglio avere un teatro (o palasport) pieno che uno stadio mezzo vuoto. Anche perché uno spettacolo di queste dimensioni ha dei costi che vanno rimessi in pareggio (almeno, si spera sempre nel guadagno) ed è difficile farlo se i numeri precipitano. Che chi si accontenta gode, perlomeno.