Ridere, che bellezza. E chi se lo ricordava che effetto faceva? In un anno, tra inni d’Italia, canti in terrazza in diretta streaming, conferenze stampa che ci hanno insegnato a contare i morti come fossero cartelle di Equitalia, giornate passate a litigare su Facebook “perché il virus di notte contagia, mentre di giorno no”, “chi sei tu per dirmi che bisogna stare chiusi in casa?”, “mettiti la mascherina quando fai le foto”, c’ eravamo dimenticati tutto.
Poi ci si è messa anche la tv generalista, rimasta al finestrino elettrico delle automobili come momento storico di massima innovazione, a riempirci le giornate con il Ken umano e Angela da Mondello, che pareva impossibile ritrovare il gusto della battuta di spirito. Sigmund Freud, nel suo straordinario saggio pubblicato a inizio ‘900 “Il Motto di spirito”, ci ha insegnato che “la battuta di spirito è molto più che un modo creativo o simpatico di interpretare la realtà e che la risata è un mezzo per liberarsi della tensione emotiva”. Ci serviva ridere, come un bene necessario, come il numero dieci in ogni squadra di calcio.
E per chi ama le coincidenze, i numeri e il fatalismo (io no), ad aprile, a un passo dal tracollo, mentre aspettiamo che tutto torni perlomeno come prima o magari meglio, è arrivato lo show perfetto: “Lol - Chi ride è fuori”.
Il comedy show Amazon Original, distribuito da Prime Video, prende spunto dal format giapponese “Documental” ideato dal comico Hitoshi Matsumoto e, dopo aver riscosso un grande successo in molti paesi del mondo tra i quali la Francia, Germania, Spagna, Australia e Messico, è arrivato in Italia e, a meno di un mese dalla sua pubblicazione, è già un prodotto cult. Sui social network, sui media, per strada, tra le varie generazioni, non si parla d’altro e le battute “so’ Lillo” e “hai cagato” con la voce di Cannavacciuolo, sono entrate di diritto del vocabolario del 2021. Quasi un miracolo per questa miniserie di sei puntate che nella versione italiana, prodotta da Endemol Shine Italy e condotta da Fedez e Mara Maionchi, ha battuto tutti i record della piattaforma Prime Video, risultando a oggi il titolo più visto di sempre.
Proprio in questi giorni, mentre sui motori di ricerca di internet si dà già per certa la notizia della seconda edizione del programma con tanto di rumors dei partecipanti, abbiamo incontrato Alessio Pollacci, il regista che ha messo in scena questa straordinaria commedia a eliminazione nel nostro paese e che, in passato, ha firmato programmi come il Grande Fratello, l’Isola dei Famosi, Name That Tune e Guess My Age con Enrico Papi e Celebrity Hunted.
Subito una curiosità: quando si gira un programma come LOL dove si scoppia dal ridere ma non si può ridere, pena l’eliminazione, non c’è il rischio che gli operatori non riescano a trattenersi istigando la risata dei concorrenti?
“Chi ha lavorato all’interno del teatro ha fatto più fatica di noi che eravamo in regia. Ti assicuro che non era certo semplice in certi momenti resistere, anche perché Fedez e Mara Maionchi non si trattenevano e quando qualcuno dei concorrenti si lasciava andare, era una liberazione per tutti. Te la godevi la risata, come fossi tornato bambino”.
C’è un segreto, un motivo scatenante che, secondo te, ha determinato un successo così importante del format?
"Credo siano tanti fattori insieme: al di là dell’idea del format che è vincente, prima di tutto direi la qualità del prodotto, una prerogativa di Amazon. A differenza di un reality show, dove ci sta anche un racconto più sporco, le puntate di LOL passano dal montaggio, quindi l’immagine e la fotografia sono curate nel dettaglio con la massima attenzione all’estetica. Poi aggiungerei il cast: ottima l’intuizione di Mara Maionchi e Fedez che sono stati bravissimi e inoltre, chi ha scelto i concorrenti è stato capace di mettere insieme un’amalgama che ha funzionato per raggiungere una platea molto vasta. Abbiamo visto, ad esempio, Lillo Petrolo e Caterina Guzzanti che i più giovani probabilmente non conoscevano, insieme a stand up comedian come Luca Ravenna, Michela Giraud e Katia Follesa, a volti molto noti su web come Ciro Priello e Gianluca Fru e personaggi televisivi tipo Frank Matano, Angelo Pintus ed Elio. Bravi poi gli autori a costruire un racconto che potesse lasciare il giusto spazio per le geniali improvvisazioni dei comici, diventate subito meme che hanno invaso i social network".
Quanto ha inciso il metodo di fruizione? Avrebbe funzionato anche come evento televisivo?
"LOL è un prodotto che ha le caratteristiche di un programma televisivo. Su Prime Video funziona perché è veloce e lo puoi guardare tutto dall’inizio alla fine, quando vuoi. È il segno dei tempi e Amazon sta investendo molto per offrire prodotti di elevata qualità. Penso che tutto questo sia positivo e anche un’opportunità per le produzioni italiane".
La Tv generalista in Italia è finita?
"No e non lo dico io, lo dicono i numeri. Resta sempre un importante mezzo aggregatore e lo vediamo quando ci sono i grandi appuntamenti: agli italiani piace passare una serata davanti alla televisione. Credo si potrebbe sperimentare di più e non cercare sempre il porto sicuro, che poi sicuro non è, mettendo in onda format stranieri perché hanno già raccolto consensi in altri paesi. La logica degli ascolti ha fatto scomparire la seconda serata dove si potevano realizzare idee innovative senza l’ansia dell’audience".
Nel tuo curriculum c’è anche il Grande Fratello: amato, odiato, criticato, ma è un reality che resiste ancora dopo vent’anni.
"È un racconto che funzionerà sempre perché fotografa la realtà, i costumi, i cambiamenti di linguaggio, il modo di esporsi delle varie generazioni. Quest’anno è stata un’edizione molto complessa per la durata di cinque mesi e anche per le misure di sicurezza alle quali dovevamo attenerci per l’emergenza Covid. Credo sia doveroso un applauso a tutti perché non è per niente facile portare a termine una produzione enorme come quella".
Fai parte della nuova generazione dei registi televisivi italiani, una scuola di grandi professionisti.
“All’inizio del mio percorso, dopo sei mesi alla scuola di Mediaset, ho lavorato nel team di Roberto Cenci che era stato anche mio professore. Una persona squisita, un vero maestro che identifica un pezzo di storia della televisione italiana. Lo stesso vale per Fabio Calvi e Sergio Colabona con i quali ho lavorato in altre occasioni. Osservarli sul campo, al lavoro, e rubare loro ogni giorno qualcosa è stato determinante per la mia formazione. Poi permettimi di fare un altro nome, che non è di un regista, ma di un vero genio dello spettacolo italiano: Adriano Celentano. Ho avuto il privilegio di essere il regista della prima versione di 'Aspettando Adrian'. Quando te lo trovi di fronte pensi di essere fortunato, Adriano Celentano ti affascina per il modo in cui parla, per la sua umiltà, per le sue idee visionarie. Come Enrico Papi con cui lavoro da quattro anni, un ottimo professionista, simpatico. In Italia abbiamo enorme potenziale nel mondo dello spettacolo, serve ritrovare il coraggio delle nostre idee”.
Ma alla fine c'è stato un momento, durante le riprese di LOL, in cui hai pensato “questa volta non ce la faccio ora devo proprio ridere”?
“Ammetto che il robosex di Ciro con Michela Giraud mi ha steso. È stata, secondo me, un’improvvisazione straordinaria. Ho fatto fatica a trattenermi e mi chiedevo come facessero gli altri concorrenti a resistere. Per fortuna mi trovavo in regia altrimenti avrebbero notato la mia espressione e li avrei fatti eliminare tutti”.