Lucia Borgonzoni, sottosegretario alla Cultura nei governi Conte I, Draghi e Meloni, ha rilasciato un’intervista a Fortune Italia Entertainment. L’intervento è uscito nel numero di settembre della rivista. I temi toccati sono stati molti, ma il nodo centrale è quello della ripresa del cinema italiano dopo due anni di pandemia. Rispetto a luglio 2022, sottolinea la senatrice della Lega, “si registrano +127,5% di presenze e +138% di incasso. Risultati come questi ci incoraggiano a proseguire con ancora più fiducia ed entusiasmo.” Innegabile, se si considera l’intera stagione estiva, l’impatto di blockbuster come Barbie e Oppenheimer. Viste le posticipazioni causa scioperi, il prossimo anno ci sarà ancora qualche pezzo grosso che muoverà in massa gli spettatori verso la sala: pensiamo a Dune 2 con Timothée Chalamet o a Challengers di Luca Guadagnino, passando per il film sulla Formula 1 con Brad Pitt. Attorno a questo nucleo solido, però, orbitano alcune problematiche che, come sta già accadendo negli Stati Uniti, non possono più essere ignorate. Queste sono principalmente due: copyright e trasparenza sui dati dei profitti delle piattaforme streaming. Il primo punto riguarda soprattutto lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. Il timore è che possa sostituire autori e attori, lasciando un buco occupazionale difficile da sistemare. Non a caso, sottolinea il sottosegretario, il 19 settembre sarà organizzato un convegno promosso dal ministero in cui saranno considerati i nuovi intrecci possibili tra arte, tecnologia e diritto d’autore. La posizione nella “diatriba” uomo-macchina è chiara: “La visione da adottare dovrà necessariamente essere umanocentrica: la macchina dietro o accanto, mai che possa sopraffare l’artigianalità e la creatività dell’uomo.” Per migliorare la situazione è necessario che anche le piattaforme cedano il passo a regole più stringenti riguardo alla divulgazione dei dati di ascolto. Lo streaming ha livellato verso il basso gli introiti relativi alla distribuzione verso paesi esteri: le piattaforme, infatti, nel momento in cui rilasciano un nuovo contenuto, possono decidere di farlo in qualsiasi paese esse siano presenti. Ad ogni modo, il messaggio del sottosegretario non è rivolto solo ai colossi dello streaming, ma a tutte le realtà coinvolte, specialmente in ambito italiano. La presenza dello Stato, fa sapere, non verrà mai meno: sarà aperto a breve (e un suo intervento il 5 settembre al Festival di Venezia lo ha confermato) un tavolo di confronto con gli operatori del settore “per riformulare al meglio la struttura del contributo in modo da renderlo ancora più efficace, adattandolo al nuovo contesto produttivo”. Salvaguardare la qualità dei prodotti e la creatività e, contemporaneamente, adeguare l’aiuto statale in funzione dei cambiamenti che di volta in volta determinano l’andamento del mercato audiovisivo.
Tutto molto interessante, peccato che, nonostante le similitudini tra le necessità del mercato americano e le comuni richieste di molti professionisti del settore, l’Italia presenti alcune specificità dovute proprio al massiccio intervento da parte dello Stato. Pier Paolo Mocci, curatore editoriale di Fortune Italia Entertainment, osserva invece a pagina 7: “I nostri artisti ricevono compensi fuori mercato perché gonfiati dall’intervento statale a sostegno, praticamente, del 90% dei film che, prima di approdare sulle piattaforme, vengono passati sul grande schermo.” Una situazione, quella degli stipendi di sceneggiatori e attori, che è dovuta all’eccessiva presenza dello Stato piuttosto che alla sua assenza. Secondo Mocci, gli artisti dovrebbero rivolgere la loro attenzione verso i produttori, rinunciando alla stabilità e alla sicurezza del “fisso” garantito da parte dello Stato per puntare verso il raggiungimento di traguardi prefissati in termini di visione. Su questo, come si diceva, la collaborazione delle piattaforme diventa fondamentale. Ma chiedere i soldi esclusivamente a queste ultime sarebbe un errore: “I soldi, semmai, gli artisti li pretendano dai produttori”, anche perché, conclude Mocci, “spesso attori e registi sono essi stessi i produttori.” Ognuno si prenda le sue responsabilità, quindi. Un concetto ribadito dal sottosegretario Borgonzoni e che rende l’idea di un panorama italiano diverso da quello americano. Presenza dello Stato sì, ma con le dovute cautele. Saranno garantiti, inoltre, strumenti finanziare che permettano l’integrazione tra società italiane, “affinché possano camminare sulle proprie gambe senza dover necessariamente entrare a far parte di gruppi internazionali per crescere e conquistare nuovi mercati”. Il tavolo di coordinamento ci sarà, in una delle occasioni in cui cinema e politica si intrecceranno nel prossimo futuro (non ultima, la decisione sulla presidenza del Centro Sperimentale). Alle parole devono seguire i fatti e tutti, produttori compresi, “devono rimboccarsi le maniche”. Come verranno convinti a farlo? Non è dato sapere dall'intervista a Borgonzoni, per cui il rischio è che rispondano come Rhett a Rossella nella scena finale di Via col vento: "Francamente me ne infischio".