Una semplice domanda. No, non quella di Alessandro Cattelan su Netflix, non ve ne vogliamo ancora così tanto. Una semplice domanda, dicevamo: ma da quando per l’Italia l’Eurovision è diventato l’evento dell’anno? Va bene il trionfo dei Maneskin della passata edizione, fu una gioia patriottica bissata poi solo dalla vittoria agli Europei di calcio. Ma da qui a dire che la manifestazione tenga “core italiano” ne passano di aperture ai Rolling Stones sotto i ponti. Se anche voi, all’interno della vostra bolla social non leggete altro che #Torino2022 e non riuscite a capire come mai la nostra nazione stia impazzendo per l’annuale sagra di Paese europea, ebbene: il disorientamento che percepite ha strenua ragione di esistere.
Partiamo dalle origini del Male: l’Eurovision è una kermesse che ha visto la sua prima edizione nel 1956. Di cinque anni più giovane del Festival di Sanremo, la gara canora ha assunto, di anno in anno, proporzioni sempre più esagerate per l’Europa tutta, Italia esclusa. Non che non ci avessimo partecipato con ardore, certo. Ma la partecipazione del nostro bel Paese è stata piuttosto intermittente nel corso del tempo. Un anno ci girava che sì, altri cinque, invece, che no.
Il periodo di letargo più lungo che abbiamo osservato rispetto al sacro evento è durato ben 13 anni e si è interrotto nel 2011 con la partecipazione di Raphael Gualazzi perché quell’anno dalla centrale operativa di Sanremo, si era deciso che il vincitore della kermesse nella città dei fiori, sarebbe volato, di diritto, a cantarle all’Europa in una gara di cui, fino al giorno prima, nessuno sapeva pressoché nulla. E l’interesse medio, nell’ultimo decennio, non è che sia diventato poi così dirompente. Perfino la Rai mandava in onda la kermesse su qualche canale satellite che, ai tempi del telecomando con i tasti grandi, era questione di tecnica delle castagne riuscire a trovare.
Ben prima dei Maneskin, ci hanno partecipato un po’ tutti: da Nina Zilli a Francesco Gabbani con la scimmia, fino a Mahmood che quest’anno ritorna in compagnia di Blanco per cercare di regalare Brividi all’Europa intera. Insieme a bici di diamanti, s’intende. Perché quest’anno le cose si fanno in grande: l’evento verrà trasmesso da Rai 1 e vedrà alla conduzione Laura Pausini, Alessandro Cattelan e Mika. Potremo così ammirare le sia le semifinali che la finalissima della competizione, prevista per il prossimo 14 maggio. 40 i Paesi a darsi battaglia sul palco del neonato Eurovillage al parco del Valentino di Torino.
Come mai proprio Torino? Il capoluogo sabaudo è stato a lungo in ballottaggio con Roma, patria natia dei Maneskin e Milano, accaparrandosi per un soffio il privilegio di diventare location di questo tanto blasonato evento. Verrebbe da pensare che, metteteci pure i biglietti per la finale che vanno da 100 a 350 euro a cranio, forse non ci sia mai stata grandissima speranza in un’affluenza di massa da parte del pubblico nostrano. Ma questo lo ipotizzerebbero solo le malelingue che dopotutto siamo.
Insomma, se proprio non riuscite a comprendere questa patriottica fibrillazione mediatica verso l’Eurovision, non siete i soli. Passerà anche questa Eurosciagura e nessuno ne Europarlerà più. Come, almeno qui da noi, è sempre stato.