Giustizia per Alberto Tomba. Il suo primo (e unico) film da protagonista uscì nel 2000 e ancora oggi è considerato uno scult per sommelier dell'abisso cinematografico. Il campione di sci non era in grado di recitare nemmeno una battuta, anzi, in alcune scene si teneva le battute scritte sul pamo della mano, a favor di camera, e leggeva impunemente per levarsi l'onere del set il prima possibile. Al suo fianco, un'altrettanto poco straordinaria Michelle Hunziker. Come mai tirare in ballo questo disastro di due decenni orsono? Perché su Apple Tv Plus, piattaforma in genere foriera di grandi serie tv, a fine luglio è approdata The Crowded Room, il cui protagonista, lo "Spiderman" Tom Holland ricorda molto da vicino per espressività, mimica e complessiva inettitudine il leggendario sciatore nostrano costretto di fronte alla macchina da presa. Non sappiamo come il giovanotto se la cavi con lo slalom gigante, ma la recitazione sembra essergli totalmente aliena. Peccato. Perché il progetto di per sé aveva premesse tra le più accattivanti: raccontare la storia di Billy Milligan, criminale che negli anni Settanta, in sede di processo per rapimento e stupro di tre ragazze, fu scoperto affetto da personalità multiple. Da ben 26 personalità multiple. Al tempo, la diagnosi di tale disturbo ancora non esisteva ma l'intera linea difensiva puntò a insinuare nella giuria il dubbio: quell'uomo poteva davvero essere considerato "responsabile" delle proprie azioni? Un bel dilemma. Almeno quanto l'impresa titanica che interpretare un personaggio che, in realtà, ne è quasi 30. Tocca prendere un attore con la "A" maiuscola, tipo il James McAvoy di Split (per la regia di M. Night Shyamalan, 2016). Invece, l'ufficio casting ha scelto il 27enne Tom Holland, mandando a rotoli non solo la serie, ma tirandogli anche un bruttissimo tiro dato che, oggi lo sappiamo senza dubbio alcuno, enza la maschera dell'Uomo Ragno a coprirgli il volto, non lascia traccia, non esiste in scena. E pensare che Leonardo DiCaprio scalpita per interpretare Milligan fin dagli anni Novanta in un film omonimo di cui si parla almeno dal 2015 ma che, ora come ora, con ogni probabilità non vedremo mai... Andiamo a dragare questo abisso, dettagliando, senza spoiler, come e perché i dieci episodi di The Crowded Room siano a tutti gli effetti un colossale furto di tempo.
"Danny, sai spiegarmi il motivo per cui sei qui?" chiede già all'inizio del trailer la psicologa interpretata da Amanda Seyfried (candidata all'Oscar e vincitrice di un Emmy per la sua incredibile performance nella miniserie Disney Plus The Dropout - recuperatela!) a Danny Sullivan, il protagonista a cui presta il volto Tom Holland e appunto ispirato a Billy Milligan. Il sospetto è che lo volesse, con tutta se stessa, domandare anche allo stesso cucciolo di "attore" che si trovava davanti. Sostenerlo non è cattiveria, ma mera analisi oggettiva. E possiamo assicurare di non essere in brodo di giuggiole per aver buttato via dieci ore del nostro tempo di fronte a questa sbobba che, forse, avrebbe fatto inarcare il sopracciglio destro, ma pure quello sinistro, perfino a Netflix che in genere somministra ai suoi abbonati titoli e titolacci per tutti i palati, specie quelli meno gourmet.
La storia si distanzia fin dall'inizio dai reali fattacci commessi da Milligan. Qui il nostro protagonista non rapisce tre ragazze (anche perché non si poteva copiare, pari pari, la trama di Split), ma "si limita" a sparare tra la folla, senza uccidere nessuno, e viene ingabbiato seduta stante. Ovviamente, non ricorda di averlo fatto. No, era con un'amica a cui è saltato il matto e, all'improvviso, lei ha tirato fuori una pistola sputando proiettili come fossero noccioli di ciliegie. L'inconsistente sceneggiatura, per altro scritta dallo stesso autore che ha vergato quella di "A Beautiful Mind" con Russel Crowe (!!), rende da subito evidente che il nostro, per essere un disagiato a cui nessuno a scuola (ma nemmeno in famiglia) rivolge la parola... abbia un po' troppi "amici" intorno. E da dove salteranno mai fuori questi qui? Fin dai primissimi minuti, si subodora aria di sconvolgente plot twist, anzichenò.
Ogni "amico" di Danny è interpretato da un diverso attore, come anche da differenti attrici. Una meravigliosa compagine nel boschetto della sua fantasia che, oltre a frastagliare la narrazione in modo non sempre necessario, dà un eccellente assist a Holland: lui non deve fare niente. Seduto di fronte alla psicologa Seyfried, spiattella i propri ricordi, buchi di memoria compresi, con espressione perennemente basita. E basta. Il suo lavoro interpretativo si conclude così, senza il bisogno - né lo sforzo - di un'espressione in più, una scintilla di vita nello sguardo vitreo che tiene. Peccato che, nel giorno dell'apertura dei casting, non fosse passato il nostro falegname che con trentamila lire...
La scelta di non far gravare sul groppone di Holland tutte le personalità da cui il suo personaggio è affetto, si può spiegare come espediente narrativo. La conferma che non sia (solo) così, però, arriva prepotente quando, verso l'ottavo episodio, lo vediamo calarsi nei panni di una di queste. Il reparto make up, disperato, gli ha "pandato" gli occhi di matita e strass nero pece dalle orbite fin sopra le sopracciglia per cercare di infondergli un piglio anche solo vagamente carismatico o, almeno almeno, differente. Nulla, purtroppo, ha potuto contro l'inettitudine di Holland, meno espressivo del caro vecchio Alberto Tomba. Da quelle (poche) scene risulta evidente quanto la scelta di allargare il cast non sia stata, nei fatti, una "scelta". Ma una vera e propria necessità. Sembra di sentire ancora l'eco delle imprecazioni durante la call di produzione che avrà certamente fatto seguito al primo ciak. Aggiungere meme tratto da Boris a piacere.
Può essere, dunque, che l'intera sceneggiatura si sia piegata all'inettudine del protagonista. Oppure che sia stata scritta, fin dall'inizio, con il solo alluce del piede sinistro. Già nel 1996, un giovane Edward Norton (sì, lo sappiamo, altri tempi, altro campionato) aveva interpretato alla perfezione un personaggio "doppio" e disturbato sotto processo nel film Schegge di Paura. Come è stato per McAvoy in Split, "basta" un battito di ciglia, una leggera inflessione della voce, un tic che possa sembrare casuale o l'insieme di tutti questi dettagli per passare in pochissimi secondi da una "personalità" all'altra e regalare al cinema una performance memorabile. Insomma, basta saperlo fare. Nel caso vogliate recuperarli o rivederli, entrambi i titoli qui citati sono disponibili su Netflix.
Comunque, fa davvero specie pensare che Tom Holland abbia oltre 60 milioni di follower su Instagram in qualità di attore hollywoodiano di fama mondiale. In qualità di "attore", più che altro. Basandoci sulla miserimma prova che ha dato qui su Apple Tv +, meriterebbe a stento il ruolo di comparsa. Anzi, del runner. Che qualche anima pia gli rimetta la maschera dell'Uomo Ragno, per cortesia.