Dario Argento è ricoverato all’Ospedale Rizzoli di Ischia per una crisi respiratoria, durante una vacanza. La causa pare sia “riconducibile a una broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), patologia con cui il cineasta convive da tempo e che negli ultimi giorni avrebbe manifestato un peggioramento”, fa sapere Il Mattino. Nell'attesa di sapere di più sulle sue condizioni, che fortunatamente non sarebbero gravi, riscopriamo i film che hanno segnato il cinema mondiale firmati da uno dei più grandi di sempre, se non il più grande di tutti. Il nome di Dario Argento è legato a Suspiria, Phenomena, Opera, ma anche a Profondo Rosso e Il Gatto a nove code. A un cinema che abbracciava quello di Bava, si avvicinava a un giovane Avati e, chiaramente, andava lontano, verso Alfred Hitchcock. Perché in un’estate calda come questa non c'è niente di meglio che occupare il tempo riscoprendo e rinfrescandoci attraverso i film dell'orrore. Film, quelli di Argento, che a distanza di cinquant'anni sono ancora incredibilmente attuali, presenti, 'terrificanti'. Anche nel sangue denso di Profondo Rosso, nelle grida di terrore un po' agée, negli spalti di un teatro, nelle luci e nelle ombre del suo cinema. Argento è un uomo, un artista che cammina con l'ignoto e ce lo fa vedere in quello che crea. Lui fa, produce (l’ultimo è Occhiali Neri, del 2022) da sempre. Forse con una consapevolezza diversa rispetto ai suoi colleghi, considerando che ha iniziato a muovere i primi passi nel cinema già a Paese Sera, un famoso quotidiano romano, come critico cinematografico.

Tornando ai film da vedere o riscoprire. La trilogia degli animali. L'uccello dalle piume di cristallo (1970), Il gatto a nove code (1971), e 4 mosche di velluto grigio (1971). Il primo nasce da un romanzo di Friedric Brown La statua che urla, in cui uno scrittore assiste a una aggressione subita da una donna e poi, piano piano lo slancio verso l’onirico. In Il gatto a nove code c’è la strana idea di unire un genetista a un ex giornalista non vedente. Insieme per combinare i colori e venire a capo di un mistero (con Catherine Spaak e James Franciscus). E poi il terzo, l’ultimo della trilogia. 4 mosche di velluto grigio. Un batterista, una morte, un incubo ricorrente. E poi la musica, la notte. Dopo Profondo Rosso, la danza assurda di Suspiria, i teatri dell’Opera. Tutto è lucido nello sguardo di un Maestro che ci ha insegnato ad aver paura, ricordato in ogni parola dai registi di tutto il mondo (per citarne un paio, Tim Burton, Gaspar Noè e Ari Aster), Dario Argento forse troppo poco omaggiato a casa sua, l'Italia (qui ne avevamo parlato con il critico Steve Della Casa).
