Finita la Berlinale abbiamo contattato Marco Giusti, co-autore di molti programmi entrati nella storia della nostra televisione tra cui, per citarne solo alcuni: Blob, Fuori Orario e Stracult, quest’ultimo chiuso (ahinoi) nel 2020. Senza insistere sui grandi testi che ha scritto (dal Dizionario del western all’italiana o quello sulla commedia sexy), ci siamo introdotti in quel campo minato leggeri ma lucidi, come sa fare solo lui, che è il cinema italiano passando per Pam & Tommy, Tinto Brass, Gabriele Mainetti and so on.
Iniziamo dalla Berlinale.
Ho visto soltanto questo film di Paolo Taviani, 91 anni, Leonora Addio. Molto bello, sulla morte come ricordo, sulla vita, sull’essere fratelli…
Dedicato al fratello Vittorio, scomparso nel 2018.
La cosa assurda è che se vai a Roma trovi tre film: questo, il documentario di Ruffini sull’Alzheimer (PerduTamente) e Piccolo corpo sulla bambina morta senza nome. E allora ti chiedi dove va il cinema italiano? È una domanda che seguitiamo a fare dagli anni ‘30. Se pensi che a Cannes c’è il film di Nanni Moretti andato malissimo (Tre piani) e a Berlino c’è il film di un 91enne, in realtà diamo una immagine antica del nostro cinema. La Francia a Cannes ha vinto con Titane, a Venezia con L'Événement (La scelta di Anne), e sono tutte ragazze giovani...
Non c’è ricambio generale oppure c’è ostracismo…
Noi abbiamo Paolo Sorrentino che viene considerato Federico Fellini. Sorrentino, Luca Guadagnino e Matteo Garrone sono i nostri registi grandi. Quelli giovani sono i fratelli D’Innocenzo, Gabriele Mainetti, Pietro Marcello e Alice Rohrwacher.
Credo che questo si rispecchi anche nella critica coi cosiddetti baroni. Magari i grandi nomi come Paolo Mereghetti.
A me sta bene che ci sia Paolo, mi posso divertire un attimo, sono contento che ci sia altrimenti non c’è gioco.
Come la polemica sulla poltrona alla Festa del Cinema di Roma.
Oh dio mio. Anche lì per esempio i festival sono in mano di Alberto Barbera, più di 70 anni, Felice Laudadio ne ha quasi 80 di anni, anche i festival andrebbero un pochino svecchiati. Tornando a Berlino è stata una bella edizione, ha vinto una donna spagnola (Carla Simón per Alcarràs), gli spagnoli non vincevano dal 1983. Però ricordiamoci, appunto, che sia a Berlino che a Cannes ci sono giovani italiani: Carl Chatrian direttore artistico della Berlinale e Paolo Moretti per la Quinzaine des Réalisateurs.
Se ne parlava con Paolo Mereghetti nella nostra diretta: perché gli italiani non esportano i propri film ai festival stranieri (esclusa Berlino e Cannes).
All’epoca mia andava. Come produttore preferisco dare il mio film a Cannes o a Venezia, ma non sempre è giusto, vedi Freaks Out, per me gli ha fatto male, i critici lo hanno distrutto. Magari a Cannes dove ha vinto un film simile, per simile intendo giovane, come Titane, forse sarebbe stato accolto meglio.
È un peccato perché con Gabriele Mainetti (e non solo) l’Italia sembra stia tornando al cinema di genere.
Si, ci prova. Anche Diabolik. Diabolik era un film diciamo d’arte perché i Manetti bros. hanno provato a fare un’opera sofisticata, ossessivi nel volere riprodurre il fumetto. Magari il cinema moderno è un’altra cosa, se vuoi vedere Spider-man vai a vedere quello, i Manetti hanno trovato un pubblico invecchiato con Diabolik. È stata una bella operazione, se fosse andato a Venezia sarebbe stato meglio perché è un film d’arte. Ogni film ha il suo posto, la sua collocazione. Meglio Diabolik a Venezia rispetto a Freaks Out.
Come mai?
Freaks Out ha fatto una operazione complessa, del grande film ricco legato alla graphic novel, in questo caso senza graphic novel a monte. Il dramma è stato che ha toccato l’Olocausto, e non puoi toccarlo in questo modo perché hai un botto di critici americani che ti fanno il culo… come già fecero al povero Roberto Begnini (La vita è bella), ciononostante il film di Begnini è stato stra-visto e molto amato. Gabriele Mainetti sceglie il mondo dove stare e mi piace, ma corre molti rischi e non sempre si vince.
Sempre sul cinema di genere, in questo caso noir/poliziesco, a lei non ha convinto Ero in guerra ma non lo sapevo.
Temo che cercando di fare un film oggettivo sui fatti, al film sia rimasto pochissimo sapore. Non è il cinema di genere che aveva in testa il regista, a un certo punto diventa noioso. Poi il tutto per arrivare, purtroppo, alla scritta finale su Cesare Battisti. Sarebbe stato interessante vedere la controparte, i P.A.C (Proletari Armati per il Comunismo) dal punto di vista storico. Purtroppo per quanto Francesco Montanari sia un amico e sia bravissimo non basta.
Forse è mancato il coraggio di essere un film, spero mi passino il termine, di ‘destra’.
Perché non puoi essere fino in fondo di destra, e per non perdersi una parte del pubblico si è rimasti in sospeso e si sono persi tutti.
A questo punto vai fino in fondo.
Se lo fai perché te lo hanno chiesto a destra, come io credo, magari Matteo Salvini e Giorgia Meloni… tu dici che hai fatto un film sulla realtà storica. Ma qual è questa realtà se non so niente di quelli che sparano?
Oggi è possibile un ritorno alla commedia sexy?
Il fatto strano che ho riscontrato in questi giorni, ho visto ne L’amica geniale una rilettura del ruolo della donna, della mamma, della moglie all’interno della famiglia borghese anche della generazione dei sessantottini di un marito che non fa niente e vuole solo scopare e, contemporaneamente, Così fan tutte massacrato (sulle parti intime) su Cielo tv. Ed è una brutta cosa. È chiaro che oggi non possiamo fare più film come li faceva Tinto Brass, un film sul culo di una attrice. Se rivedi il film con gli occhi di oggi è abbastanza imbarazzante, perché tu sei sempre dalla parte del maschio che guarda. Questi film erano un’altra cosa rispetto all’erotismo del cinema, non erano Nagisa Ōshima, Marco Bellocchio o Bernardo Bertolucci. Però queste opere rappresentavano la vera faccia della nostra società, la verità era questa. Adesso la situazione è migliore, hai uno sguardo diverso perché ci sono più registe rispetto al passato.
Però non manca un cinema del desiderio oggi? Piattaforme come Pornhub l’hanno ucciso?
Se tu vedi Pam & Tommy (Disney +) e c’è lui che parla col suo pisello, è tutto tranne che erotico. C’è un uso interessante del nudo ma al contempo non devono fare risultare Pamela Anderson come una scema, ed è una cosa ridicola.
Non conosco Pamela Anderson ma se fosse scema avremo la libertà di riportarlo, in quanto verità, sullo schermo o no?
No. C’è da dire che gli americani sono sempre stati molto rigidi su questo, eravamo noi negli anni ‘70 a non avere regole.
Eravamo dei debosciati…
Eravamo completamente pazzi, abbiamo dato il via a tutto il cinema erotico sudamericano, turco, era una situazione assurda…
Abbiamo anche ispirato la Spagna post-franchista col fenomeno del destape (Bigas Luna o il primo Pedro Almodóvar).
Esatto, perché loro quando muore Francisco Franco si comprano tutti questi film italiani, penso ai film con Lando Buzzanca… è un boom pazzesco in Spagna, in ritardo rispetto a noi ma così i nostri film hanno conosciuto nuova vita. Comunque ci sono state delle resistenze, le femministe erano molto cattive con Lando Buzzanca, non avevano tutti i torti perché lui era visto come ‘lo scopatore’. Invece, i personaggi successivi tipo Alvaro Vitali e Lino Banfi erano maschi comici, era una situazione più leggera. Lando, invece, era il maschio siculo, un finto nuovo maschio. Quando vengono scoperti questi film in Spagna, Brasile e Messico lui era già ‘morto’ da noi.
Non è una questione solo di femminismo, ma abbiamo un modo diverso di vivere la sessualità adesso, forse per questo non esiste più la commedia sexy?
Qual è un film che trovi sexy oggi?
Nessuno. Non sento nessuna tensione erotica.
E Gaspar Noè? Love?
Credo che Love sia l’anti-erotismo, o come disse qualcuno è porno perché è il desiderio del desiderio.
Love, però, andava visto in 3d nella Sala grande di Cannes, con lo sperma che arriva addosso. Sto pensando ad altri film… quelli italiani, devo dire, erotismo, ahimè, zero. Speravo in Miriam Leone in Diabolik, ma non fa niente di che. Però dipende anche dal regista, Mario Bava con due scene li rendeva sexy (Philippe Law e Marisa Mell in Diabolik, 1968), c’era un altro gioco visivo.
Non riesco a pensare a nessun regista adatto a riportare l’erotismo al cinema
Luca Guadagnino con Chiamami col tuo nome, oppure Sorrentino che ha giocato spesso col sesso…
Come in E’ stata la Mano di Dio, la tensione che sente il protagonista verso la zia (Luisa Ranieri). Alcuni, a Venezia, si sono scandalizzati per quelle pulsioni sessuali verso una parente.
Eppure abbiamo creato tutto un cinema su zie, pseudo nipoti e cosi via.
Così sia.