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Mare fuori o Gomorra dei poveri? I napoletani meritano di specchiarsi in qualcosa di più

  • di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

28 febbraio 2023

Mare fuori o Gomorra dei poveri? I napoletani meritano di specchiarsi in qualcosa di più
Mare fuori o Gomorra dei poveri? Spopola in ogni dove la fiction Rai ambientata in un carcere minorile a Napoli. Altra sagra del già visto e dei luoghi comuni. Prevedibile persino nella trama e recitata peggio. Per caso ai napoletani piace immedesimarsi nella me*da?

di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

“Nun te preoccupá, guagliò, ce sta ‘o mare fore”. Mare fuori o Gomorra dei poveri? Spopola in ogni dove (anche se a scoppio ritardato), la fiction Rai inaugurata nel 2020, e giunta alla terza stagione, ambientata in un carcere minorile di Napoli (dall’originale Nisida), complice l'esplosione su Netflix e persino Raiplay. Houston, abbiamo un problema, c’è chi parla di rivoluzione. Intanto fioccano lodi sperticate, meme viralissimi e ospitate più o meno di rilievo (incluso Sanremo). D'altra parte a Napoli le pallottole fanno parte del panorama, mozzafiato in tutti i sensi. Stavolta la strenua difesa, e in primis dei campani, è che il sud ne esce proprio bene, per mezzo della redenzione e rieducazione. Certo dimenticando per strada l'unica narrazione proposta sul capoluogo, attraverso mandolinate e malaffare.

l’italia è un paese fondato sulla sigla di mare fuori pic.twitter.com/sVjhBqXv86

— 𝗻𝗼𝗲; 𝘴𝘶𝘳𝘧 𝘵𝘳𝘪𝘱 𝘦𝘳𝘢☕️ (@emifriendz) February 10, 2023

Eppure la visione mi ha aperto la mente, ho capito alcune cose. Un esempio? Prendi carta e penna turista giunto a Napoli. La serie insegna: appena metterai piede in città subirai il borseggio di qualche adolescente armato. “M'hanno miso ‘o fierro ‘mmano e me hanno ditto: spara”, la colonna sonora non mente. Ma non è colpa dei ragazzi, poveretti, è che sono nati in questa terra avvelenata e arretrata. E senti senti, è la città stessa che costringe le famiglie a delinquere, attraverso una cultura camorristica che si respira ovunque, e dal primo vagito. Per questo poi si è pronti a morire e uccidere in qualsiasi momento, per il potere, per l’onore della famiglia, insomma per non sentirsi “o piecoro”. E sicuro non sentirai parlare altro che dialetto, visto che la scuola e la cultura non esistono. Per fortuna ci sono i sottotitoli, ma dal vivo e all’occorrenza, meglio procurarsi un vocabolario bilingue. Ebbene, il napoletano-tipo è ritratto esattamente così, un po' ignorante e un po' vigliacco, di certo disonesto e al massimo un simpatico che può far ridere.

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Un post condiviso da Matteo Paolillo (@matteopaolilloofficial)

Insomma, l’ennesima sceneggiata napoletana è servita. La sagra dei luoghi comuni, la fiera del già visto. L'esaltazione del delinquentello di turno vittima di una filosofia che non concede alternative, e condita per giunta dalla finta ribellione giovanile. Per non parlare della prevedibilità della trama, e sin dai primi episodi, e l'odi et amo tra i figli (bellocci) dei clan rivali – l’imitatissima Rosa Ricci (Maria Esposito) e Carmine Di Salvo (Massimiliano Caiazzo) - così da far godere le ragazzine (alla Tre metri sopra il cielo) - e l'elementare livello di recitazione (na chiavica) dei più (presi dalla strada, e si vede). Malgrado ciò, il dato è certo: la quarta stagione si farà. Perché come si apprende alla fine di ogni puntata “la serie è stata realizzata con la collaborazione della Film Commission Regione Campania ed è stata selezionata nell’ambito del Programma POC - Potenziamento della promozione turistica e valorizzazione dell’immagine della Campania attraverso le produzioni audiovisive”. Valorizzazione dell’immagine della Campania? Per caso ai napoletani piace immedesimarsi nella merda? Mica basta uno scorcio del Vesuvio per sentirsi fieri.

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Un post condiviso da Gennaro Della Volpe (@realraiz)

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