Quindici edizioni di MasterChef Italia, di cucina fighetta che ci ha insegnato il termine “impiattamento” e ha allevato frotte di severissimi recensori su Trip Advisor. MasterChef è in piena adolescenza ma anziché scalpitare, fare i capricci e avere crisi d'identità, la sua identità la tiene ben salda: stesso format, il cooking show di Sky va infatti avanti senza stravolgimenti.
Ennesimo programma di una tv che non si rinnova, che quest'anno festeggia corsi ventennali o giù di lì, MasterChef non è più uno show di cucina. È il Grande Fratello degli aspiranti cuochi. Perché se c'è una cosa che a Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo, Giorgio Locatelli e compagnia cucinante riesce bene, è proprio farci conoscere i concorrenti. Esattamente quello in cui, invece, non è riuscito il Grande Fratello, a dispetto della sua natura di "reality".
Che ieri si sia conclusa l'edizione meno vista di sempre del Grande Fratello, è già noto: la porta rossa di Cinecittà si è chiusa lasciandosi dietro un misero 14,3% di share che, tradotto in valori assoluti, equivale a 1milione 620mila telespettatori. Uno degli show di punta della rete ammiraglia Mediaset, almeno in teoria, non raggiunge nemmeno i 2milioni per la finale: nonostante il tentativo di cambiare rotta, di ripulirlo dalla tossicità dello scorso anno, la conduzione di una veterana come Simona Ventura. Scrittura svogliata e inizio a un orario improponibile, uno dei punti deboli è stato proprio il cast composto da concorrenti che se inizialmente sembravano anche interessanti, si sono rivelati senza “x factor”, giusto per citare un altro show made in Sky. Concorrenti cioè, per cui non veniva spontaneo tifare o, al contrario, pure sperare assolutamente che non vincessero.
Al contrario, abbiamo conosciuto subito gli aspiranti cuochi di MasterChef che si sono dati battaglia ai fornelli per accaparrarsi l'agnognato grembiule. Concorrenti che hanno preso forma attraverso la cucina: basta un gesto, un ingrediente, un ricordo di famiglia legato alla preparazione, per raccontarsi agli chef e al pubblico. La cucina che è oasi felice e riscatto: l'evasione di un ragazzo che vive chiuso in casa, la passione di un uomo di 92 anni che vuole non solo partecipare, ma vincere; le radici di chi ha origini lontane. A MasterChef sono serviti pochi minuti per dare un volto agli aspiranti concorrenti, per individuarne le caratteristiche. Altro che clip e "blocchi" dedicati: molto più efficace il collante di una passione comune, che una conversazione stravaccati in un giardino di erba finta, con la piscina da un lato e la doccia vista inquilini dall'altro.
Così, con il minutaggio che scorre, montaggio e scrittura fanno la differenza: i concorrenti di MasterChef acquisiscono una loro identità, mentre quella dei casalinghi del Grande Fratello svanisce dietro le dinamiche di gruppo, dietro le coppie che assorbono chi le compone. MasterChef è una cucina che vediamo: non ci sono ricette da replicare, nessuna istruzione per l'uso. Finito lo stupore dei primi tempi per le preparazioni sofisticate, finito il divertimento per gli scazzi in cui si tiravano piatti, questo adolescente ora vuole saperne di più: vuole capire meglio gli adulti che fanno parte della sua vita.
Intanto, dopo due puntate, la classe è completata: 20 i grembiuli bianchi in gioco, pronti a sfidarsi a partire dalla prossima settimana.