C’è che chi – come Colapesce e Dimartino – celebra una “musica leggerissima”. Un tempo invece, pur ironicamente, si diceva che erano “solo canzonette”. Insomma, la pop music si presta a etichette e interpretazioni mutevoli, ma mai ci saremmo aspettati, nell’estate 2023, di dover utilizzare una tipica espressione dello slang americano (fronte hip hop, soprattutto) per commentare la singolar tenzone fra Paolo Meneguzzi e J-Ax. Questa, senza dubbio, è “some heavy shit”.
Tutto è iniziato una settimana fa, sabato 22 luglio, con un’intervista del nostro magazine a Paolo Meneguzzi. Si chiacchierava placidamente di pop music quando l’artista, quasi volesse aggiungere una nota a margine che si era momentaneamente dimenticato, mi chiede se può fare un’ultima considerazione sulla questione. E sgancia la bomba d’acqua che forse serviva, in quei giorni di caldo torrido: “L’estate pop 2023 è deprimente. Il medium pop mi pare svilito. Vedere gente tutta tatuata che va su un palco a cantare la “Disco paradise” di turno mi fa tristezza. Quelle sono marchette. Il pop dev’essere anche visionario, evoluto, curato ai massimi livelli. Se fai i dovuti confronti tra un prodotto e l’altro, te ne accorgi della differenza. Il pop migliore non è dozzinale, affatto”. Le leggi dei new media sono inflessibili: quella è la notizia, e quello viene rilanciato, massicciamente, da tutte le testate. Soprattutto dopo la risposta di J-Ax che, via Instagram, non si fa attendere: “Eh, sei sicuro che TU, vuoi parlare di marchette? Comunque ciao, io ti ricorderò sempre come la versione ordinata su Wish di Tiziano”. A cui aggiunge, allargando il campo, un concetto meno ad personam: “A tutti capita di fare canzoni che non “connettono” col mercato, con la moda o con i gusti delle nuove generazioni. Se quando succede vi ritrovate con in mano un pugno di mosche vuol dire che non avete una fan base che vi supporta anche nei momenti in cui non siete mainstream”.
Nelle parole di entrambi c’è una questione evidentemente personale, scatenata in primis dal rilievo di Meneguzzi, ma c’è anche un tentativo, per quanto polemico, di parlare di pop music in senso lato. Di cosa si intenda per pop music. Lo spunto per un dibattito lo coglie subito Morgan, che tre giorni dopo il primo botta e risposta, dalle colonne del nostro magazine rilascia alcune dichiarazioni molto nette, in pieno Morgan-style appunto, alla nostra Giulia Sorrentino: “Ha perfettamente ragione Paolo Meneguzzi, perché il pop è una forma d'arte. Noi italiani la chiamiamo "musica leggera", ma abbiamo inventato una definizione che non c'è nel mondo, quando in realtà il concetto di “musica leggera” io lo userei per definire “il pop è scadente”. In pratica la musica leggera si può tradurre in “voglio imitare il pop esclusivamente per delle ragioni commerciali”, quindi ne imita la patina, l'esteriorità, ma non certo l'essenza artistica”.
Sempre martedì 25, quando ormai la polemica può vantare il suo proverbiale carattere “virale”, arriva la controreplica, via Facebook, di Meneguzzi: “Parli di papponi ma fai il pappone che sta attaccato ai ragazzini per non cadere nell’oblio che probabilmente tanto ti spaventa e per fare i fighi ci urlate ancora “legalizzala” […] Quale cavolo è il vostro messaggio? A me pare solo che il messaggio sia “dai facciamo soldi”. Creiamo un sistema costruendo standard di scarsa qualità, perché è più facile; perché la qualità è molto più difficile da sostenere. Forse la qualità te la sei dimenticata o perché meglio attaccarsi al treno del trash o di chi ha i follower? Attento, non ho parlato di fan, ma di follower”.
Tutti, al di là degli affronti personali, toccano temi forti che meriterebbero analisi più attente, ma il contesto, comprensibilmente rovente, non facilita alcun dibattito. Ci prova Claudio Cecchetto, sempre dalle nostre colonne, a buttare acqua sul fuoco deviando un po’ dal centro della contesa: “Italodisco dei Kolors ha le carte in regola per superare tranquillamente il 2023. Tra una decina d’anni, quando ancora lo ascolteremo, sarà in grado di stamparci un sorriso di piacere in faccia”. Come dire: guardiamo anche altrove, dai, alla fine quei due hanno scherzato un po’. Ehm, mica tanto, perché il temporaneo silenzio di J-Ax, nel frattempo, porta con sé il sibilare sinistro di quei momenti in cui il ragazzino più vivace del gruppo è misteriosamente quieto. Cosa starà architettando?
Con J-Ax – ancora per poco – in versione “Albus Silente”, è Andrea Scanzi del Fatto Quotidiano, a prendere posizione, ieri, con un video di venti minuti sul proprio canale YouTube: “Voglio parlare di una cosa apparentemente leggera, che non è leggera per niente: la musica leggera […] È triste prendere in giro una persona che ha avuto successo e adesso ne ha un po’ meno. Quando lo si fa notare troppo vuol dire che non si hanno argomenti. E questo è il tipico atteggiamento che ha avuto J-Ax”. Scanzi riparte dalle prime dichiarazioni di Meneguzzi, quelle che attaccano specificamente “Disco paradise”. E critica pesantemente la reazione di J-Ax: “Uno che non ha più successo quindi non può criticare uno che ha successo? […] Non è che uno quando ha successo ha ragione e gli altri devono stare zitti”. Per poi sostenere, verbatim, le parole del post di Meneguzzi su Facebook: “E su questo ha ragione anche Morgan. J-Ax è il sistema […] Tecnicamente, testualmente, contenutisticamente, ideologicamente ha ragione Meneguzzi”. Un video tosto in cui Scanzi, quindi, prova a chiudere la contesa decretando un vincitore. J-Ax, però, non ci sta e nel pomeriggio di ieri decide di schiacciare l’asso sul tavolo come i giocatori di carte più incazzati. Base hip hop bella tosta e liriche al vetriolo per un freestyle decisamente potente diffuso, anche questa volta, via Instagram (ritenuto da molti suoi seguaci un social “meno boomer” di Facebook). Il pezzo si intitola “Invidia del Peneguzzi”. Tra i versi anche: “Mettiamo questa cosa in prospettiva, per me questo non è un dissing, è beneficienza estiva”; “E tu mi fai la predica per una gloria breve come la tua fama in Sudamerica/E mo’ su Instagram ti insultano, su Facebook ce l’hai fatta, nel regno dei coglioni, complottisti e terrapiatta”; “E dici che faccio il pappone con i ragazzini? No, nini, io ho detto che gli streaming sono meglio di quando il tuo produttore faceva giochini da gioppini e si comprava i tuoi dischi truccando la classifica Fimi”; “È vero sono vecchio ma pure tu sei vecchio e io ci sta che parlo d’erba come Willie Nelson/Tu invece non puoi più vendere sesso nei pezzi d’amore alle bambine che aspettano il primo mestruo/Entrambi siamo escort, io quella d’alto bordo tu quella cessa che uno dice: “non me la ricordo”/Mettiamole ‘ste cose al loro posto: tu fai le marchette io al limite ho gli sponsor”.
In serata, su Instagram, la breve replica di un Meneguzzi ridanciano che finge di chiamare al telefono Fedez. Però gli risponde J-Ax: “Ah, J-Ax, il segretario di Fedez. MI passi Fedez, per piacere? Perché ci tenevo a parlare con lui. Sì, bello il dissing, bellissimo, mi ha fatto ridere un sacco, però mi passi Fedez?, dai. Facciamo sul serio un attimo”.
Con la menzione di Fedez da parte di Paolo Meneguzzi siamo quasi certi che la faccenda non si chiuderà qui. Come finirà, nessuno lo sa. Per ora, però, possiamo osservare un paio di cose: l’atteggiamento di Paolo Meneguzzi nei confronti di J-Ax ricorda un po’ quello che ebbe Dikele Distefano nei confronti di Fedez in quella ormai celebre intervista per Esse Magazine. Secondo: se qualcuno vuole proprio “offendere”, allora cala il nome di Giorgia Meloni. Scanzi, che la pensa in maniera totalmente opposta a J-Ax, accusa quest’ultimo di essere “meloniano” per la sua capacità di non accettare il dissenso. J-Ax, da par suo, accusa Meneguzzi di essere come la Meloni perché: “Ideali, famiglia e valori, io parlo di cannoni e tu come Giorgia Meloni”. E poi l'ultima stilettata di Meneguzzi, una "letterina" la chiama,, introdotta su Instagram con una frase che alcuni hanno giudicato di cattivo gusto: "Tutti al funerale di "Pappon Paradise'". Tutto il resto è ancora da dibattere. Perché sì, nonostante tutto, la pop music è una cosa (anche) seria.