“Punk rock energy” è la definizione che Teona Strugar Mitevska, la regista di Mother!, dà all’ordine disordinato di Madre Teresa, la sua spinta missionaria e la sua rigidità liberticida, a tratti oscurantista, quasi improponibile oggi. Il film è presentato alla Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti e racconta qualche giorno della santa, che santa non era. Non solo le sue posizioni antiabortiste, ma appunto il lato oscuro della sua ortodossia a tratti malata di dispotismo. Il punto di vista, d’altronde, è reso ancora più chiaro dalla scelta della musica rock, lontana dalle colonne sonore agiografiche e alle bomboniere sonore dei classici biopic in odore di cattolicesimo. Non è un ritratto dissacrante, né un documentario polemico, ma una fotografica a forte contrasto, che mette in scena la complessa psicologia di una donna capacità di costruire un impero, fondato solo in parte sulla sua devozione cristiana. Tutto bello, ma chi fosse davvero Madre Teresa di Calcutta, o almeno quale fosse il suo lato oscuro, ci era stato già raccontato e, almeno stavolta, i giornalisti arrivano prima degli artisti. Certo, non esattamente un giornalista qualunque, ma uno dei cavalieri dell’apocalisse atea, Christopher Hitchens, uno dei più grossi polemisti a cavallo tra XX e XI secolo, amico di scrittori come Martin Amis e di filosofi come Daniel Dennett e scienziati come Richard Dawkins. Un giornalista, cioè, al di sopra di ogni standard: tanto stilisticamente quanto culturalmente.

E il titolo del suo libretto d’attacco è tanto esplicito quanto magnifico nella sua oltraggiosa polisemia: La posizione della missionaria: Teoria e pratica di Madre Teresa (ora pubblicato dall’editore italiano Minimum Fax). Per intenderci sul livello di estremismo e cattiveria di Hitch, che in Italia verrebbe cancellato (cancelled) dall’Ordine dei giornalisti, quasi come se fosse l’Osama Bin Laden delle torri d’avorio del buoncostume letterario, basti prendere l’incpit di questo saggio: “Chi potrebbe essere tanto meschino da prendere di mira una vecchina rugosa e avvizzita, carica di anni, che ha consacrato tutta la sua vita ai bisognosi e ai derelitti?” La risposta è, ovviamente, una sola: lui. Quello che Hitchens mette in mostra è la grande menzogna della narrazione pro-malati e pro-poveri di Madre Teresa. Precorritrice, per certi versi, del cosiddetto “comunismo col rolex”, Madre Teresa, che condanna i poveri a morire nei suoi lazzaretti, accettando il dolore come strada per avvicinarsi a Dio e somigliare a Cristo, si andava poi a curare nelle migliori cliniche private del mondo, dividendo il tesoretto di donazioni e finanziamenti per la sua cura e per l’espansione del suo ordine. Una forma di imperialismo missionario perfettamente compiuto, mai messo in discussione quando era in vita, anche per via della sua abilità nel comunicare svariate bugie sulla natura dei suoi aiuti e sui luoghi che le interessava conquistare.

Basti pensare a Calcutta. Come spiega Hitchens, “essenziale per il progetto di Muggeridge [il regista che con il suo documentario darà fama internazionale a Madre Teresa, ndr], addirittura essenziale per l’intero culto di Madre Teresa, è l’idea di Calcutta come di un girone infernale,” ma “Quando alcuni anni fa visitai personalmente la città, mi sentii subito alquanto ingannato dalla propaganda anti-Calcutta promossa dai vari Muggeridge del mondo. E quando mi diressi verso la sede delle Missionarie della Carità in Bose Road, ebbi un vero e proprio shock. Tanto per cominciare c’era quell’iscrizione sopra la porta: Chi ama la correzione ama il sapere. Non conosco l’origine della citazione, ma sapeva di riformatorio”. In quell’occasione Hitchens incredibilmente si trattenne, inoltre, dal commentare il rito malsano che Madre Teresa – la sua guida speciale – metteva in scena a ogni passo, quando frotte di poveracci si inginocchiavano per baciarle i piedi. Per quanto pulito e ben presentato, l’ospedaletto era comunque più piccolo di quanto sarebbe stato necessario per far fronte ai problemi incredibili di Calcutta. Madre Teresa non aveva forse abbastanza soldi per allargare l’attività? “Tenete presente che le entrate complessive di Madre Teresa bastano e avanzano per attrezzare svariati ambulatori di prim’ordine nel Bengala. La decisione di non farlo, e di gestire invece un centro improvvisato e inefficiente che rischierebbe denunce e proteste se fosse diretto da qualsiasi branca della professione medica, è deliberata”. Hitchens ricorda anche il controverso discorso per il Nobel della Pace, quando invece di parlare di pace Madre Teresa parlò di aborto, facendo notare che sì, molti bambini morivano in Africa, “ma milioni di bambini muoiono intenzionalmente, per volontà delle loro madri. E se una madre può uccidere il proprio bambino, che cosa ci impedirà di toglierci la vita, o di ucciderci a vicenda? Nulla”. Insomma, dall’aborto alla guerra planetaria come dalla canna al buco sul braccio. Di questo, in fondo, si nutriva il consenso per Madre Teresa. Teologia spicciola e propaganda reazionaria, più o meno a buon diritto considerata coerente con l’insegnamento della Chiesa.

Una Santa sempliciotta, più che della semplicità, tanto che Hitchens chiuderà, in postfazione, con questa intuizione: “Snobismo intellettuale? Solo se il compito degli intellettuali è di esortare il Signor e la Signora Qualunque ad accontentarsi di poco, o di meno. Ripetutamente, da quando mi sono cimentato nel progetto di giudicare la reputazione di Madre Teresa in base alle sue azioni e alle sue parole anziché le sue azioni e le sue parole in base alla sua reputazione, mi hanno rimproverato e accusato di mettere in ridicolo i numi tutelari della gente semplice”. Ora, il film non parla esattamente di questo, ma di quelle premesse psicologiche, umane, che portarono Madre Teresa a essere la guru che poi è diventata. A Hitchens non gliel’hanno perdonata. Ma magari Mitevska ha ben altri santi in paradiso.
