I Coma Cose mi piacciono parecchio per una serie di motivi. Il primo è che fanno musica difficilmente ascrivibile a un genere preciso: una sensibilità pop, un flow e un’attitudine che ricorda il rap ma è più dilatato, meno ostentativo, arrangiamenti che strizzano l’occhio a certa elettronica intellettuale che però sconfina inaspettatamente nella rassicurante trappata quasi tamarra. Poi ci sono i testi, che evocano situazioni quotidiane, amori, smarrimenti, paure come tanti altri ma lo fanno con uno stile, una poetica e un gusto per il calembour surreale relativamente unico (“Alice guarda i gatti perché i Kanye West”, “oggi tutto bene ma domani-comio”, “Le nostre guerre fredde riscaldate al microonde”). Il secondo motivo è che sono un duo, un format meno narcisistico di un artista solista ma più intimo del concetto di “band”. Il terzo è estetico: sono belli in modo non convenzionale, sembrano sempre muoversi al rallentatore, osservatori distanti ma allo stesso tempo partecipi di un’epoca frenetica e difficile. Presenti ma defilati, in periferia anche quando sono al centro (dei riflettori), Fausto “Lama” e Francesca “California” uniscono l’incertezza e l’eccitante paura del nuovo al rassicurante calore del vecchio, in uno sposalizio difficile che quando riesce fa giustamente gridare al miracolo.
Ragazzi io sono un fan della vostra musica anche perché faccio fatica a categorizzarla. È difficile da descrivere, è cantautorato nel senso che siete autori di ciò che cantate. Come nasce questo cocktail?
Lama: hai detto bene, è un cocktail, un pout pourri di cose, come nasce non lo sappiamo bene neanche noi come. E questa è una cosa figa perché ci lascia un sacco di spazi ma diventa anche difficile per noi perché uno dei nostri dogmi è sempre stato quello di divertirci con la musica ma non replicarci. Magari un pezzo parte dai Beatles o una roba magari rap, però non abbiamo uno schema prestabilito.
California: Quasi tutti i pezzi partono da chitarra e voce di base.
Lama: Più raramente piano e voce, con un beat. Io diciamo che due sequencer, due macchinette le strimpello e si mette giù l’idea. Per noi ogni canzone è un continuo lavoro, come scrivere un libro.
Infatti, molti giochi di parole nei vostri testi sembrano frutto di un gran lavoro di scrittura. Ci sono sempre doppie letture…
Cali: Si dai, è un delirio di cose messe insieme.
Lama: ci divertiamo!
Nei vostri pezzi mi sembra che convivano cose “nuove” (beat algidi e synth) e cose “vecchie” (un certo approccio melodico pop).
Lama: Beh, è una situazione patologica per noi perchè, come tutti, dopo un po’ ci annoiamo. E quindi all’interno di una canzone cambiamo. Hai scritto la prima strofa e il ritornello, solitamente scrivi la seconda strofa ma io credo che ogni musicista si dica “ma che minchia di voglia c’ho di scrivere una seconda strofa?”
Penso alle strutture dei pezzi degli Oasis, strofa, ritornello, strofa ritornello, bridge assolo strofa…
Lama: si tutte uguali hahah!
Io ho sempre preferito i Blur, molto più articolati. A proposito voi siete team Blur o team Oasis?
Lama: Beh, Blur!
California: Blur, decisamente…
Lo sapete vero che siamo in netta minoranza? Guardati male come quelli che mettono i calzini di spugna bianchi coi mocassini. In una vecchia intervista Damon Albarn diceva che gli Oasis, contrariamente ai Blur, hanno sempre saputo chi erano e chi volevano essere.
Lama: Beh io credo comunque che “What’s The Story Morning Glory?” sia uno degli album più belli di sempre, i Blur sono meglio per me, ma come “disco”, come “opera” quello è molto meglio di tutto.
Vi siete conosciuti lavorando in un negozio di borse vero? Quando Lama aveva già esordito nel mondo della musica con un altro progetto.
California: Si, ci siamo conosciuti iniziando a parlare di musica, avevamo amicizie in comune e abbiamo deciso di buttarci in questa avventura.
Lama: Si, Coma Cose era un po’ il canto del cigno per me. Mi sono detto “ok, ci ho provato con la musica, non è andata, ora faccio qualcosa per divertirmi, senza pensare a hit, classifiche…” infatti nella primissima fase Coma Cose era molto più underground. Poi piano piano è tornata forse la voglia di comunicare in modo più universale, si sono ammorbidite certe cose e la componente più pop si è fatta predominante.
Voi siete grandi osservatori vero? Io mi immagino voi che andate in giro per la periferia, vedete cose e finiscono in un pezzo…
Lama: Si, infatti in questo periodo è difficile scrivere perché c’è un sacco di tempo per farlo ma non c’è un cazzo da dire… e penso che quello che è stato fatto durante il lockdown, quando riapriranno i cancelli, resterà lì, fermo. Conosciamo tanti colleghi che hanno i dischi pronti e aspettano. Sicuramente è giusto perché poi ci fai il tour. Ma forse il motivo è che si aspetta l’”aria nuova”, la ripartenza.
Quando scrivete producete molti “scarti”? Oppure un pezzo lo iniziate e lo finite?
California: no no, è un continuo prendere, buttare, lasciare lì, rimescolare. Una canzone attraversa almeno 6/7 fasi prima di essere finita. Poi inizia la produzione e allora ciao…
Lama: Adesso abbiamo pronti 5 o 6 pezzi buoni e ne abbiamo scartati almeno 20, ma 20 finiti eh. Perché alla fine, come dici tu, noi ce lo chiediamo: “Ma chi li ascolterà poi questi pezzi?” Ed è un pò una trappola.
California: Magari poi passa anche troppo tempo e ti stufi, magari quello che hai fatto ti sembra vecchio…
E comunque vostri bravi hanno spesso un livello di produzione molto alto.
Lama: beh si io ho fatto il produttore per tanti gruppi, prima la mia parentesi da artista per una major. Sui nostri pezzi bisogna fare un plauso a Mamakass, un duo di produttori che lavorano con noi dal giorno zero e sono sempre stati determinanti. È un matrimonio che dura da sempre.
Asian Fake, la vostra etichetta, mi sembra abbia avuto anche un ruolo molto importante.
California: Si si.
Lama: sono partiti praticamente con noi, tre anni fa. Prima le etichette indipendenti erano una cosa, ora sono cambiate, nel senso che fanno più da “incubatore” di nuovi progetti, diventando una sorta di piattaforma a 360 gradi che cura anche la comunicazione e loro sono molto sul pezzo in questo. Che poi è la cosa che stanno facendo tutte le indipendenti adesso. Tre o quattro anni fa si parlava di “indie”, il nuovo fantomatico linguaggio dei giuovani, poi sono arrivate le major e hanno “cannibalizzato” la cosa, nel bene perché hanno portato economia e alzato il livello, nel male perché alla fine hanno distrutto un ecosistema che era un piccolo miracolo. Ma ci sta, è normale che dopo tre o quattro anni la scena cambi. Si va avanti.
Ecco, quando si parla di “indie” io penso a naturalmente a un sound un pò dissonante, un pò marcio, spigoloso, a un circuito di live diverso dal Forum o dall’Olimpico. Forse dipende solo dal fatto che sono un vecchio che ha in mente i dischi della SST o dell’Amphetamine Reptile. Però non capisco cosa abbia di “indie” uno come Tommaso Paradiso, che va benissimo eh, però dopo aver ascoltato i suoi brani Venditti mi sembra trash metal. Cosa è “indie” oggi?
Lama: Beh, nel mio progetto precedente, Edipo, condividevo il manager di Tommaso Paradiso. Io ho vissuto quindi la sua crescita da vicino e posso dire che ha fatto quello che hanno fatto tutti: coi The Giornalisti la gavetta, diversi dischi indipendenti, poi è passato a una major e infine ha azzeccato un momento, una convergenza, un suono che lo ha fatto esplodere.
California: e comunque alla fine “indie” è solo un’etichetta usata dai giornalisti per definire qualcosa di nuovo, anche se magari nuovo lo è solo in parte.
Io in genere odio la nostalgia e credo che tutto sommato questa, almeno da fruitore, sia una grande epoca. Voi li comprate i dischi?
Cali: Beh, ultimamente poco…
Lama: Si con Spotify ci siamo impigriti, diciamo che mi piace comprarmi i classici in vinile, quei 50 dischi che tutti dovrebbero avere li sto piano comprando, i Beatles etc.
California: Si, il vinile ti porta ad ascoltare la musica in modo diverso, meno distratto. Lo metti sul piatto e ti godi la musica molto di più.
Lama: Adesso Sfera Ebbasta pare abbia fatto una cosa figa: ha implementato Spotify… in pratica mentre ascolti i brani puoi sfogliare una specie di booklet virtuale, vederti i video… non ho capito bene nemmeno io ma sembra una cosa molto interessante…
L’artwork e l’aspetto visivo conta tanto nel vostro lavoro?
Lama: beh, si, diciamo che se hai le idee chiare… noi produciamo tanto ma salviamo poco, quindi essendo matti ma abbastanza cervellotici nell’artwork ci mettiamo tanto la testa, poi Francesca ha fatto anche studi specifici…
California: si diciamo che ho delle skills, vari programmi, cerchiamo di far le cose noi perché ci piace, fa parte del progetto, della comunicazione. In generale se affidi il tuo lavoro a qualcuno di esterno, anche se bravissimo, 99 volte su 100 ti farà una proposta che non ti soddisfa. E’ come andare dal parrucchiere, infatti sono 10 anni che non ci vado.
Una delle cose che mi ha molto colpito è stata la velocità esponenziale con la quale vi siete “diffusi”: prima un video su Youtube, poi un altro, poi delle date, poi un disco, poi palchi sempre più grandi. Il tutto nel giro di un paio d’anni.
Lama: è stato tutto molto veloce anche per noi, c’è stato tantissimo da lavorare. Finito un singolo ne preparavamo un altro, poi il video, poi il visual del live. Noi fino ad Hype Aura non ci siamo mai fermati quindi del successo, se di successo si può parlare, ci rendevamo si conto ma non ci siamo mai fermati a cercare di capire questa “macchina” che era partita. A fine tour abbiamo detto “fermiamoci e capiamo un attimo che è successo”. Però è arrivato il lockdown, quindi l’abbiamo capito si… ma adesso ci manca quello che c’era prima: ovvero su 52 weekend passarne 40 fuoricasa.
La gente deve sapere: quando caccerete altro materiale?
California: Beh stiamo definendo gli ultimi tasselli proprio in questi giorni. Diciamo che abbiamo un po’ di pezzi superstiti dopo tutti quelli che abbiamo buttato via… mancano i video. Quella è una parte molto divertente ma dovremo capire come farli…
Lama: la musica c’è, potrebbe uscire anche stanotte, anche se non credo…
Ci sono alcuni artisti con cui vi piacerebbe lavorare?
Lama: beh l’anno scorso abbiamo fatto un paio di collaborazioni, una con Francesca Michelin e una coi Subsonica. In realtà ci sono tantissimi artisti che amiamo…
California: Il fatto è che è difficile pensarci, perché il nostro è già un featuring, siamo già in due!
Lama: Si, c’è lui, c’è lei, bisognerebbe trovare l’altro!
Del resto lo diceva anche un noto collega di Fausto e Francesca, “lui chi è, già è difficile farlo con te…”.
La chiacchierata video integrale con i Coma Cose la trovate sul profilo Instagram di Mow Mag.
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