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Naska, “The Freak Show” e chi vuole fare la rockstar senza esserlo: “Io sono il diavolo, gli altri a metà serata sono sconvolti”. E sulla salute mentale: “Ho paura che andando in terapia non mi serva più scrivere per calmarmi”

  • di Benedetta Minoliti Benedetta Minoliti

10 ottobre 2024

Naska, “The Freak Show” e chi vuole fare la rockstar senza esserlo: “Io sono il diavolo, gli altri a metà serata sono sconvolti”. E sulla salute mentale: “Ho paura che andando in terapia non mi serva più scrivere per calmarmi”
Naska pubblica venerdì “The Freak Show”, nuovo album in cui dimostra di essere cresciuto, rimanendo però sempre coerente. Nella nostra intervista ci racconta che non può fare college punk a vita e a 50 anni si immagina come Julian Casablancas degli Strokes. E, casualità, oggi è anche la giornata mondiale della salute mentale: “Se penso di prendermi una pausa mi viene l’ansia. È proprio quando mi fermo che la testa va dove non dovrebbe andare”. E Naska, forse neanche volendo, ci ricorda una cosa: puoi andare dallo psicologo, ma la terapia è un’altra cosa. È un momento in cui ti curi e ti esprimi, con i mezzi che ritieni siano giusti per te…

di Benedetta Minoliti Benedetta Minoliti

“Sai, gli artisti fanno di tutto per complicarsi la vita”. A dirlo è Stefano, ufficio stampa di Naska, durante l’intervista. È una di quelle frasi che potrebbe lasciare spiazzati, ma è anche vera. Michele Giacomelli, noto fotografo italiano, ha detto che “la fotografia è una cosa semplice. A condizione di avere qualcosa da dire”, e anche alla musica si potrebbe applicare lo stesso concetto. Se si ha qualcosa da dire, tutto diventa più semplice. Ma se quel qualcosa da dire lo abbiamo perché soffriamo, abbiamo paura, ansia, se andiamo a togliere, il risultato sarà lo stesso? Abbiamo affrontato un discorso simile con Naska, parlando di salute mentale, un tema che oggi, coincidenza, è attualissimo, visto che si celebra la giornata mondiale della salute mentale. Il cantante pubblica domani il suo terzo album, “The Freak Show”, ed è lo specchio di un Naska rimasto sempre coerente a se stesso. Un animo punk e ribelle con tormenti, ansie e storie da raccontare in cui i giovani si possono perfettamente rispecchiare. Linguaggio diretto e semplice sono la chiave di un progetto che funziona, che è maturato nel tempo ma senza mai distaccarsi troppo da quello che è stato in passato. Coerente, appunto. E nel 2024 non è più così semplice essere coerenti, non lasciarsi trascinare dalle mode e non farsi influenzare da quello che è in trend. Naska vuole solo essere se stesso. E questo basta a rendere “The Freak Show” un album godibile, tra brani incazzati e cazzoni e ballad in cui si parla di amori finiti. Soprattutto, c’è la salute mentale. E se "andare dallo psicologo" spaventa, come ci ha raccontato nell’intervista, le sue parole ci portano a fare una riflessione: lo psicologo non è l’unica strada. Sì, chi ci va vi dirà “quanto fa bene” e “quanto siano ben spesi” i soldi che ogni settimana escono dal portafoglio. Ma se provate ad andare altro, vi renderete conto che non esisterà mai un solo modo di affrontare i problemi. C’è chi fa sport, chi si dedica all’arte, chi come Naska fa musica. Tutto questo è, anche, terapia. Un momento in cui ti curi e ti esprimi, con i mezzi che ritieni siano più giusti per te. Così, tra una riflessione e l’altra, abbiamo parlato del suo nuovo album, della data dal 7 dicembre al Forum di Milano e della morte. Sì, anche di quella.

Diego Naska
Naska

Personalmente ho trovato "The Freak Family" veramente divertente. Poteva essere una figata o mega cringe, ma è andata bene. Come vi è venuta l'idea di realizzare un cartone animato? 

Ho iniziato a lavorarci più di un anno fa con Pietro Cascavilla, che ha realizzato tutte le animazioni dei brani che ho pubblicato su Instagram. Ci sembrava una cosa facile da realizzare, essendo un cartone animato, ma in realtà è stato un lavoro lungo, che ci ha dato sicuramente soddisfazione.

Hai mai pensato di fare il doppiatore? Ti ci vedo bene.

Non sei la prima che me lo dice! Me lo ha detto anche la ragazza che ci ha aiutato nel doppiaggio e mi ha chiesto se volessi lavorare con loro. Le ho risposto che faccio già troppe cose, però è stato divertente.

Ti trovo sempre molto coerente. Dal primo album chiaramente c'è stata una crescita, ma non ti sei mai distaccato da te stesso e dal genere che fai. 

Penso di essere coerente, sì. Anche perché raccontato sempre le mie esperienze negli album, non ho voluto costruire un personaggio. Se lo avessi fatto sarebbe stato più complicato rimane coerente, mentre invece ho scelto di essere "semplicemente" me stesso. 

Chi ti segue su Twitch come ha preso il tuo percorso musicale? Commenti negativi e critiche, o hanno imparato ad apprezzare quello che fai?

Ho iniziato con Twitch durante la pandemia, nel 2020, ma faccio musica dal 2016. Quindi, chi mi conosceva per la musica al massimo ha scoperto che facevo anche Twitch, non il contrario. In realtà molti hanno capito che le sub e alle donazioni mi hanno aiutato a fare musica da indipendente e a costruire il mio progetto musicale.

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Oggi è la giornata mondiale della salute mentale. In "Piccolo" affronti proprio questo tema, di cui sempre più artisti hanno iniziato a parlare. Quello dell’industria musicale è un mondo che può soffocarti. Ti prendo l’esempio di Sangiovanni, che è distantissimo da te come artista, ma ha deciso di prendersi una pausa.

Sai che se penso di prendermi una pausa mi viene l’ansia? È proprio quando mi fermo che la testa va dove non dovrebbe andare. Mentre invece quando scrivo, vado in studio, butto fuori tutto. In questo momento la musica è un po’ cura e malattia, non so se mi spiego. Lo dicevo anche a Franchino Er Criminale: ho pensato di iniziare ad andare dallo psicologo. Però, la maggior parte delle canzoni le scrivo nei momento in cui sto male, e ho paura che andando in terapia quei momenti li gestirei in un altro modo, invece di gestirli scrivendo. Nei miei brani parlo degli sbatti che ho in testa, dei problemi, delle mie esperienze, e magari se imparassi a gestire meglio gli attacchi di panico, l’ansia e tante altre cose, non mi servirebbe più scrivere per calmarmi.

È un po’ un cane che si morde la coda. Cosa ne pensi invece di chi vuole provare a spiegarti “in tre semplici mosse” come curarti, magari su TikTok o Instagram?

TikTok e Instagram ti fanno vedere tutto in base a cosa metti like. A me non capitano questi video, non ne vedo mai.

A distanza di un album troviamo "Horror 2". Stessa storia, persona diversa?

Diciamo che ho rivissuto situazioni simili. Nonostante sia cresciuto, mi ritrovo ad affrontare cose che mi sono gà capitate, quindi ho pensato di andare avanti con un "secondo capitolo" e raccontare una nuova storia.

E per quanto riguarda la data al Forum, invece, come ti senti?

Non sento per nulla la pressione, anzi non vedo l'ora di salire sul palco e mi dico "ma quando cazzo arriva il concerto? Perché devo aspettare ancora?" (ride, ndr.). Mi hanno pure messo a fare la cyclette per fare cardio. Non ci siamo mai fermati in questi anni e quando sono live penso solo a divertirmi. Il concerto poi riprenderà il tema dell'album, quindi sarà un vero e proprio "freak show".

Ci saranno ospiti? Nel disco è presente solo il feat con Gemitaiz e Greg Willem. Perché non hai inserito altre collaborazioni?

I miei dischi sono sempre tuti molto personali. Bello mettere le collaborazioni nei singoli, ma negli album racconto la mia storia, non avrebbe senso chiedere a qualcuno di inserirsi in una strofa o nel ritornello. Non ne sento la necessità, com’è stato anche negli altri due album.

In "Mi diverto", che apre il disco, dici: "Vogliono fare per forza le rockstar, poi fanno serata con me e hanno due infarti". 

Mi capita di vedere gente che vuole fare la rockstar e a metà serata se ne va via. Adesso c’è molto la cosa di voler essere così, anche i trapper che adesso inseriscono batterie, chitarre, la band, prima era una cosa da sfigati adesso fa cool dire “rock”. Però ecco, a metà serata li vedo sconvolti, mentre invece io sono il diavolo. Vogliamo fare le rockstar? Facciamolo fino in fondo!

Senti, ma non hai paura di arrivare a trent’anni e ritrovarti sul divano e smette di fare la rockstar?

No, io ho paura di non arrivarci a trent’anni (ride, ndr). La mia vera paura è questa. So di non poter fare "college punk" per tutta la vita. Se mi immagino a 50 anni mi vedo un po’ come Julian Casablancas degli Strokes, che ha continuato a fare musica ed è cresciuto. Penso sarà così anche per me, con la mia musica che cambierà perché si cresce. Poi oh, quando muoio voglio essere seppellito al Cimitero Monumentale, con l’effige di una stratocaster, nome e cognome e la scritta “mi sembrava di stare bene”. 

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