Il Nobel per la letteratura va a Han Kang. Famosissimo il suo La vegetariana (Adelphi). Mai letta, colpa mia (ho letto Hans Küng, conta?). Una buona occasione per recuperare. Complimenti anche alla casa editrice italiana che ha intercettato questa autrice. Prima scrittrice sudcoreana a vincere il premio, altro bel risultato. È chiaramente un oltraggio a Haruki Murakami (da quelle parti del mondo un altro premio non arriverà per un po’, almeno in teoria). Kang è del 1970, quindi relativamente giovane per un Nobel, risaputamente un premio geriatrico, quasi alla memoria. Ultimamente gli svedesi hanno perso qualche occasione, la più grave quella con Philip Roth. Sono andati a cercare gli autori dall’altra parte del mondo, nella speranza di far piacere ai tanti lettori e alle tante lettrici hipster, che andranno a comprare (o hanno già), qualche libro uscito per case editrici indipendenti, e lo leggono accanto alla finestra, con una tisana appoggiata su un mobiletto shabby chic (il ché, nonostante quello che state pensando, non è un male: è un bene, dovreste provare). L’anno scorso l’incredibile drammaturgo norvegese – e poeta, e romanziere – Jon Fosse, altro non esattamente popolare.
Stavolta hanno optato per un’autrice pop, La vegetariana è stato un caso editoriale. In fondo il Nobel è uno Strega a tutti gli effetti, selezione arbitraria per libri arbitrariamente selezionati da comitati, sottocomitati e altri setacci umani, barbosi e in doppiopetto (anche qui; non è necessariamente un male; belli i doppiopetti, sia lode ai baroni barbosi). Però sì, un po’ di Strega c’è in quasi ogni premio (si salvano i francesi, sempre loro, con quel Prix Goncourt, quell’altro Prix Médicis, sempre azzeccati, sempre di alto livello). Ultimamente lo Strega ha evitato cose strane, per esempio Ferrovie del Messico di Gian Mario Griffi, e ha optato per soliti noti o noti per un momento, i trend viventi (da Postorino a, infaustamente per lei, Ada D’Adamo, passando anche per Di Pietrantonio; altra scrittrice che non ho letto, ma che mi dicono sia bravissima). È semplicemente un dato di fatto. E quest’anno il Nobel sembra si sia spostato sempre più verso uno Strega che non un Goncourt, preda del costume tipico degli italiani: premiare il venduto. Se sia un bene è difficile da dire, periodicamente il Nobel viene assegnato a qualcuno che faccia sembrare l’Accademia meno accademica. Dario Fo, Bob Dylan, Han Kang. Solo che l’effetto somiglia a quei casi in cui ci si imbarazza sentendo un cinquantenne dire “bro”. Han Kang, probabilmente bravissima, è un po’ il “bro” del Nobel. A questo punto, di bestseller in bestseller, avrebbero potuto premiare Stephen King.