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Cinema, ecco perché i produttori indipendenti di film hanno paura (ma non lo dicono): è caos tra contributi, tax credit e spese per gli “esperti”

  • di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

10 ottobre 2024

Cinema, ecco perché i produttori indipendenti di film hanno paura (ma non lo dicono): è caos tra contributi, tax credit e spese per gli “esperti”
Per avere i contributi selettivi del tax credit del cinema occorre pagare le spese di istruttoria della commissione di esperti del ministero della Cultura. Già questo aveva lasciato perplessi i produttori indipendenti, secondo molti i più danneggiati dalla riforma voluta da Gennaro Sangiuliano. Il problema, però, è che non è chiaro nemmeno l’importo di questa “tassa”: come si legge nel testo del decreto, infatti, si va da un “minimo di 200 a un massimo di 10mila euro”. E sono in pochi quelli che si espongono, per paura di perdere i finanziamenti. Ecco cosa sta succedendo nel mondo del cinema

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

Il tax credit rimane il tema più discusso dell’attualità del cinema. Lo abbiamo visto anche alla Mostra del cinema di Venezia e nelle nostre interviste a Marco Giusti, Paolo Mereghetti e Gianni Canova. La riforma, secondo molti, rischia di danneggiare i produttori indipendenti senza di fatto risolvere i problemi di fondo della nostra industria. Come si possono infatti garantire quegli standard a livello di distribuzione, di numero totale di sale e proiezioni, senza avere dietro una grande casa di produzione? Difficile da dire, specie se non si ha in lavorazione un blockbuster, ma un film che già di per sé punta a un pubblico meno largo. Sempre su questo avevamo sentito anche Federico Zampaglione, regista di The Well. A far discutere, però, non sono i contributi “automatici”, ovvero quelli erogati nel momento in cui gli i parametri richiesti sono soddisfatti, quanto i contributi “selettivi”, aumentati dall’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Per questi ultimi è prevista la valutazione di una commissione di esperti. E sono proprio sui selettivi che si concentrano i produttori indipendenti per finanziare i propri film. Per far passare al vaglio della commissione la richiesta, però, come si legge sul sito del ministero della Cultura, serve il pagamento delle spese di istruttoria: “Ai fini dell’ammissibilità della richiesta di contributo e per lo svolgimento dell’attività istruttoria propedeutica alla successiva sottoposizione dei progetti alla valutazione della Commissione di esperti, è necessario provvedere al pagamento del contributo per le spese istruttorie, commisurato alla tipologia di opera e alle linee/sottolinee di intervento”. Il punto è che non è ancora chiaro l’importo che effettivamente andrà versato. Infatti, “tale pagamento dovrà essere eseguito successivamente alla pubblicazione del decreto direttoriale, recante la quantificazione del contributo per le spese istruttorie, in attuazione del nuovo decreto ministeriale in materia di contributi selettivi, in corso di perfezionamento”. Solo che, come scritto nel decreto di agosto 2024, le spese variano “da un minimo di 200 euro ad un max di 10mila euro”. Insomma, una differenza non da poco.

Nanni Moretti
Nanni Moretti, critico nei confronti della riforma del tax credit
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Il direttore generale Cinema ha risposto al Fatto Quotidiano sul ritardo nella comunicazione degli importi, sottolineando come questi dipendano da un precedente decreto ancora non ultimato e che in seguito dovrà essere “sottoposto al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti”. Solo dopo l’iter di approvazione potrà essere stabilita “l’obbligatorietà o meno del versamento delle spese istruttorie”. “Ora per fare un film dovremo prendere i selettivi, trovare un contratto di distribuzione, avere prime in alcuni festival”, ha detto il produttore Leonardo Baraldi al Fatto. Se prima il tax credit era la base su cui fondare il progetto, ora il contributo “arriverà alla fine”. Anche Nanni Moretti si era esposto sul tema all’ultima Mostra del cinema di Venezia. Un messaggio forte, lanciato da uno degli autori più noti e importanti. Il regista di Caro diario, però, ha la forza di dire quello che pensa. Chi invece lotta per rimanere indipendente teme le ripercussioni di una sua presa di posizione. Così, infatti, ha parlato sempre al Fatto Quotidiano Stefano Pierpaoli, organizzatore dell’evento “No Logo”, a cui hanno partecipato 60 professionisti tra registi e produttori: “Il sistema dei contributi selettivi è marcio da sempre, lo sappiamo bene. Chi si espone teme di perderli”.

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