In bilico tra un poeta moderno e un cantautore all’antica, Nesli raccogliere i cocci del suo vissuto e si libera in “Nesliving Vol. 4”, sottotitolo Il seme cattivo, quarto volume della saga (sul mercato dal 10 marzo). Un album di 22 tracce (e un paio di featuring), coraggioso nei contenuti e nella forma, e undicesimo della sua carriera, ma anche l'ultimo, la chiusura del cerchio. Non perché sia stufo di scrivere canzoni, semplicemente volta pagina. “Farò l'autore”, svela, in una chiacchierata autentica, anche più del disco, in cui sereno e consapevole confida: “A 40 anni per la discografia sei morto”. E affila sui sold out “veri o regalati?”. Non solo, allude al fratello maggiore (Fabri Fibra), con cui ha avuto sempre un rapporto conflittuale, ironizza sulle critiche ai Måneskin, e si immagina un autunno politico, un nome, un programma!
Francesco (Tarducci, vero nome di Nesli nda), a distanza di tre anni ci annuncia la sua liberazione?
“È la giusta definizione. Per questo il disco è prodotto quasi interamente da me, corposo come il contenuto, ma è anche l'ultimo legato a un certo tipo di discografia. Ora farò l'autore”.
Dice (Kaino e Abele): ‘a 40 anni da vivo sei morto, a 40 anni da morto sei giovane’. Si riferisce alla discografia?
“Perspicace, è la legge delle major”.
Per questo smette?
“No, è una scelta serena, non un ripiego, mi piace l'idea di iniziare un nuovo percorso, più libero. Non a caso non ho mai seguito le strategie di mercato”.
Nelle difficoltà c'è qualcuno che le ha risposto comunque al telefono?
“No, e lo dico a malincuore, ma funziona così nell'ambiente. Motivo per cui ho scritto un album così crudo”.
‘Non ci sarà mai un trovarsi’: un giorno farà pace con suo fratello (Fabri Fibra)?
“Come s’intuisce dal brano, credo di no”.
Si sente ancora l’eterno secondo?
“È uno status che va oltre la parentela, anche a Masterchef (celebrity) sono arrivato secondo. Ma non sono più nel fondo, non sono più in battaglia, ora sono in pace con me stesso”.
Dica la verità, le è piaciuta la versione de La Fine di Lazza e Emma?
“Promossa, anzi quel duetto mi ha fatto capire che le canzoni sopravvivono a me. Quindi perché non scrivere per altri?”
Nonostante l'ultimo Sanremo, non proprio idilliaco (2017), e la depressione sviscerata in ‘Questa Follia’ tornerebbe al Festival?
“È già successo, ospite di Fasma, come risalire a cavallo dopo una caduta, e mi ha fatto bene. Adesso vorrei tornare come autore”.
Che pensa delle critiche nei confronti dei Måneskin?
“Mi fanno ridere! Anzi, sembrano generate dalla chat dell'intelligenza artificiale (ChatGPT), come fatte apposte, solo per darsi un ruolo. Cosa vuoi dire a questi ragazzi? Sono fregni, giovani, spaccano. E hanno la bassista più figa della terra. Anzi dico questa: avevo uno studio di tatuaggi, qualche anno fa (non era il tatuatore) e Damiano è venuto da noi, era già una superstar”.
Il suo è un album anche politico…
“La politica è diventata intrattenimento, e così non sai più discernere il vero dal falso, e ti disinteressi. Un po' come la Chiesa, non hanno capito come si avvicinano le persone”.
Entrare in politica potrebbe essere il passo successivo?
“Sono stato tentato una marea di volte. Ai tempi mi ero anche inventato degli slogan, ‘Il bene genera bene’ o ‘Andrà tutto bene’. Al momento non ho ancora sufficiente pelo sullo stomaco, ma non è da escludere un autunno politico, ho già il titolo della campagna!”
Come immagina i concerti?
“Questo disco non prevede il live, a meno che non lo chieda a gran voce la gente. È un progetto rivoluzionario anche per questo, non vendo nulla, neanche un biglietto. Anche perché non ci sono più biglietti da vendere. Altro che sold out…”.
Cioè?
“Come la politica, non sai cosa sia vero e cosa no. Sono sold out grazie ai biglietti regalati o sono veri?”