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Depp contro Heard (Netflix) è la docu-serie che impone una scomoda verità: la violenza non ha genere

  • di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

17 agosto 2023

Depp contro Heard (Netflix) è la docu-serie che impone una scomoda verità: la violenza non ha genere
Tre puntate che riassumono il processo mediatico più seguito dell'ultimo decennio: la causa per diffamazione che Johnny Depp ha intentato (e vinto) contro la ex moglie Amber Heard. Tra vampireschi TikToker a caccia di follower e testimonianze imbarazzanti, un tristissimo circo mediatico con l'unico merito di aver imposto su scala mondiale una grande verità che piace(rà) a pochi: la violenza non ha genere

di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

Altro che Forum. La causa per diffamazione intentata (e vinta) da Johnny Depp contro la ex moglie Amber Heard è diventata - pure - docuserie Netflix. Come se oramai non sapessimo a memoria, anche solo per osmosi, tutti i più sordidi dettagli della tumultuosa love story tra i due piccioncini hollywoodiani, la grande N ci ripropone il processo (come, mesi fa, aveva già fatto Discovery con la loro causa di divorzio) insaporendolo di horror "grazie" ai reel di TikToker e YouTuber che non si sono persi un istante della baruffa legale per monetizzare il più possibile. Tipo vampiri di Buffy a caccia di sangue fresco. Ma anche alle reazioni dal vivo dei fanatici comuni mortali, in fila davanti a quel tribunale della Virginia manco fossero Fernanda Number Six in attesa del concerto di Harry Styles. Niente di nuovo (o quasi) comunque: le testimonianze rilasciate dalle due parti in causa sono tra le più note e memate, emergono però ulteriori dettagli sul cacca-gate. Heard avrà veramente defecato per dispetto sul coniugal talamo all'apice di una lite? No spoiler. Quello che conta davvero, dopotutto, è la sentenza. Sentenza che, per la prima volta su scala mondiale, ha dimostrato una verità forse intollerabile per i nostri sciagurati tempi: no, la violenza non ha genere. Con buona pace di Instagram e compagnia femministabile. 

I fatti: nel 2018 il Washington Post statunitense aveva pubblicato un articolo di Amber Heard in cui la donna si professava "simbolo di violenza domestica". Johnny Depp non veniva menzionato all'interno del papiello, ma visto che l'attrice (?) era fresca di divorzio dal Capitan Jack Sparrow, il mondo fece immeditamente due più due. Scritto, fatto: da semisconosciuta di bellissima presenza, Amber Heard fu eletta a paladina dell'empowement femminile e delle "survivor" tutte, mentre la carriera dell'ex marito colava a picco: contratti milionari da testimonial per prestigiosi brand revocati bruscamente, le major cinematografiche dimentiche, come per incanto, della sua esistenza. Mentre la "vittima" Amber prosperava, il "cattivo" Johnny veniva rinnegato, con l'onta di essere un "picchiatore di mogli" a pesargli sulla collottola. 

Sei anni così, poi la causa per diffamazione verso Heard per ottenere giustizia e, soprattutto, cercare di ripulire il proprio nome da tali infamantissime accuse che non pochi danni gli avevano creato nel tempo. Durante il processo, salta fuori che la biondissima Amber fosse poco più di una mitomane, con ogni probabilità affetta pure da gravi disturbi mentali. Non regge niente nelle sue ricostruzioni (che nessuno le aveva mai chiesto prima?) e anche il modo che ha di esporre i fatti fa acqua da tutte le parti. A chi ancora sostiene che Depp abbia vinto "solo perché uomo, famoso e potente", questa serie dovrebbe prescriverla il medico di base. 

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Nel corso delle tre puntate, risulta evidente che, come si sul dire, il più pulito tra i due comunque "c'ha la rogna". Si è trattato di una relazione horror piena di ripicche, insulti e reazioni "stupefacenti". Da entrambe le parti. E, emerge chiaramente dalle varie conversazioni private riportate in aula, ad alzare le mani era sempre Amber. Perché lui arrivava in ritardo, perché non le prestava abbastanza attenzioni, perché stava bevendo vino a colazione, perché perché perché... Per tutta risposta, Depp, come dimostrano diversi video, faceva il matto prendendo a calci mobili dalla frustrazione. Ma senza mai torcerle un capello. A differenza della signorina che, al culmine di una lite, gli ha pure tranciato di netto la falange di un dito (in seguito, riattaccata chirurgicamente). Una goduria per nessuno all'infuori, sospettiamo, della ex compagna storica di Johnny, Vanessa Paradis, che si vide mollata con due figli a carico dopo 14 anni di relazione per questa biondina ventiduenne. La immaginiamo seduta sulla riva del fiume, sorseggiando thermos di ayahuasca celebrativa.

Sia Paradis che Kate Moss, comunque, sono intervenute a processo, insieme ad altre ex compagne dell'attore, per testimoniare come lui non fosse mai stato manesco o di indole violenta. In tempi di #MeToo, chi si sarebbe mai spesa così, pubblicamente, per difendere un uomo accusato di essere l'equivalente domestico di Mike Tyson? Nessuna. A meno che la certezza riguardo alla completa innocenza del chiamato in causa non fosse del 100 %. E, infatti, lo era. 

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"L'unica persona di cui io abbia mai abusato è me stesso", dichiara Depp di fatto sputtanando ogni propria più intima fragilità (dall'abuso di droghe all'infanzia difficilissima) in mondovisione. La serie, sul finale, assume un tono piuttosto cerchiobottista, dando spazio all'animosità dei fan di Depp che insultavano Heard via social fin dal principio del processo. Fattaccio di cui anche lei, professione vittima, si è lamentata a più riprese, ma del tutto ininfluente rispetto alla questione in dibattimento. 

"Dillo Johnny, dillo pure al mondo che sei vittima di violenza domestica... Chi ti crederebbe?", questa una delle ferali intercettazioni che hanno di fatto gettato la credibilità di Heard negli abissi. Una frase pronunciata di certo al culmine dell'ira, ma comunque indicativa del "sentiment" che l'opinione pubblica riserva alle diatribe tra moglie e marito, compagna e compagno: ha sempre ragione lei, lui è un povero stronzo, un bruto. A prescindere. E questo è un problema. 

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È un problema perché tale narrazione fa a cazzotti perfino con la realtà fattuale, quella fuori dalle bolle social, in cui viviamo ogni giorno: abbiamo tutti nella rubrica del telefono o comunque nella nostra cerchia di amici, il disgraziato "rovinato" dalla ex "stronza". Può essere che ora viva in macchina per pagarle gli alimenti, oppure che sia il classico "sottone" che si fa torturare dall'arpia di turno e oramai sono anni che campa così, dipendente e scontento. Le relazioni "tossiche" (ovvero quelle che, prima o dopo, a tutti, maschi e femmine, capita di instaurare con una carogna) sono sempre esistite e intaccano la psiche, il benessere della donna che ne cade vittima, tanto quanto quelle dell'uomo che vi si ingabbia. Per rendere l'idea prendendo a esempio il peggiore dei casi, l'acido viene gettato anche in faccia ai maschi per vendetta "sentimentale". Solo, quando accade fa meno notizia, come se non importasse a nessuno. Come se non dovesse importare a nessuno, tanto mica fa views. 

Il caso Depp-Heard ha aperto gli occhi del mondo su una verità tanto importante quanto scomoda: esistono i sopravvissuti alla violenza domestica, proprio come le sopravvissute. Solo che fino all'affaire Depp, non venivano menzionati dai media di massa. E tuttora non lo sono. Ma qualcosa si muove, finalmente: nella serie Netflix, uno YouTuber ringrazia l'attore per aver dimostrato che "la violenza non ha genere". E fa bene. Le carognate che le donne fanno agli uomini vengono derubricate a dispettucci, scherzetti divertenti a cui si reagisce ridendo o chiudendo la questione con un bel "comunque se lo sarà meritato". Non benissimo. Considerato anche, informazione importante, che un uomo, in caso di bisogno, non può fisicamente entrare nella maggior parte dei centri anti-violenza per chiedere aiuto. Queste sono le regole, rischierebbe di turbare le traumatizzate presenti - il che a livello concettuale ci sta pure, niente da dire. Oltre a dover superare lo stigma di "essersi fatto picchiare da una femmina", poi, anche andasse a denunciare sevizie fisiche, psicologiche o verbali, si ritroverebbe davanti alle grasse risate di parenti e amici, spesse volte delle forze dell'ordine, perfino. 

Amber Heard non ha minato la credibilità del genere femminile e delle vere vittime di abusi, ha solo ricordato che non basta la parola di una persona per mandare a rotoli la vita di un'altra. Che non può e che non deve bastare, in nessun caso. Si comincerà davvero ad affrontare il discorso della violenza, in quanto problema sistemico, quando si parlerà di "persone", "individui", "soggetti" disturbati, maneschi e/o manipolatori. A prescindere dal loro sesso di nascita o percepito. Prima, è e sarà solo hashtag, bagarre social, integralismo che porterà magari qualche K di follower in più. Non certo, soluzioni.

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