Il conflitto in Ucraina ha determinato una specie di "caccia al russo" in ogni settore, compreso quello musicale, che per mano di Siae e del suo presidente Mogol, ha deciso di sospendere i pagamenti dei diritti d'autore alle società russe. Una mossa discutibile, promossa come segnale contro la guerra, che ha scatenato immediatamente una vera e propria diatriba tra i musicisti italiani, particolarmente sensibili alla questione. Cogliendo il post pubblico del Maestro Enrico Melozzi - popolare compositore e direttore d'Orchestra (Måneskin annessi) abbiamo afferrato la cosiddetta palla al balzo, disquisendo con lui di questo episodio, e addentrandoci poi sul tema dell'immigrazione e ruolo degli artisti nei confronti della crisi Ucraina. Di fatto con questa chiacchierata inauguriamo anche la rubrica mensile con protagonista il Maestro, un'esclusiva targata Mow.
Siae - col beneplacito del presidente Mogol - ha deciso di "punire" gli artisti russi, trattenendo i diritti d'autore maturati in Italia, per solidarietà nei confronti dell’Ucraina. Che mossa è?
Il mio primo pensiero? Avranno hackerato la pagina della Siae, per forza, è uno scherzo. E invece... non si capisce come sia possibile concepire qualcosa di simile. C'erano tanti modi per affrontare questa situazione e solidarizzare, perché è doveroso farlo, ma non minando proprio quella parte della popolazione più pacifista nonché intellettuale, che starà vivendo senza dubbio un incubo. Colpire loro che senso ha? Mi sembra una follia. Tra l'altro il post è anche scritto male, vaneggia di probabili ritorsioni sui diritti che dovrebbero incassare le consorelle... Chi ha scritto una cosa simile non può stare ai vertici di una società del genere. La Siae è un'istituzione seria. Non dimentichiamo che durante la pandemia ha attuato delle politiche a sostegno degli artisti, in quel caso si sono mossi subito e bene.
Sicuro? Si parlava di semplici pacchi di viveri.
No, la Siae ha dispensato anche soldi, sicuramente più di quelli che ha dato lo Stato. I pacchi di viveri sì, ma è arrivato, e giustamente direi, anche altro. Col fermo dei live erano persi anche i diritti d'autore che ne derivavano, ma la Siae li ha versati ugualmente. In fin dei conti, quando ragionano fanno le cose come si deve.
In questo però...
In questo caso hanno preso una cantonata enorme. Come dicevo, si poteva fare tanto e ben altro. Sono a conoscenza, anche attraverso i messaggi che ha ricevuto Giovanni Sollima (violincellista che ha ideato con Melozzi i 100Cellos ndr) - che realizza diversi concerti in Russia e ha diversi allievi anche lì - che tanto artisti stanno scappando e cercando un lavoro in Italia come musicisti. Ecco, questo poteva essere un reale aiuto di Siae, esercitando il proprio potere sugli organi culturali italiani, offrendo così ospitalità a tutti gli artisti russi che non si riconoscono nel regime di Putin e che cercano aiuto per ricominciare. Poi con lo switf, i diritti erano già bloccati. Quindi cos'è la scelta di Siae? Soltanto una leccaculata alla politica.
Ma in un momento di tale crisi gli artisti italiani hanno o meno il dovere di schierarsi? I più sono un po' silenti.
Con la diffusione dei social network si stanno confondendo un po' i ruoli. Insomma, il pubblico pretende che gli artisti si esprimano come il Presidente della Repubblica, confondendo quindi le persone che campano coi soldi pubblici e rappresentano lo Stato con i musicisti, che sono invece personaggi privati e hanno un loro pensiero, non per forza coerente con la linea politica del Paese. Sui social poi basta pronunciare una parola fuori posto e si è subito attaccati, quindi mi rendo conto che un artista tende a latitare sui temi complessi. Di conseguenza, oltre a schierarsi contro la guerra e la violenza, si preferisce non addentrarsi più di tanto nella materia.
Per timore di essere fraintesi.
Chiarisco, non è un bene che non si esprimano, ma fanno fatica. È richiesto un livello tale di precisione in qualunque cosa che altrimenti si viene seppelliti subito dalla rabbia e dagli insulti altrui. Di fatto siamo stati invasi dai social senza essere preparati al loro utilizzo. Non dimentichiamoci poi che viviamo in uno Stato in cui la cultura è controllata completamente dalla politica. Qual è linea del Governo? Mandare le armi...
Sei contrario?
Assolutamente sì, non so come si poteva reagire, ma di certo è sbagliato consegnare armi in un Paese in guerra. Io poi sono un pacifista totale. La guerra non la comprendo, sono come un ragazzino di 12 anni di fronte a tutto questo. Sappiamo però che anche l'Italia ha un introito importante dalla vendita di armi... (Beretta e compagni). Invece avremmo potuto occuparci di tutt'altro, offrendo ospitalità, raccogliendo fondi per creare campi profughi e restituire dignità alle persone in fuga, creando lavoro e concretizzando di fatto una politica d'accoglienza virtuosa. D'altra parte, armare a casaccio, lo sostengono anche gli esperti, trasforma un conflitto strutturato in un certo modo in qualcosa difficile da prevedere.
La guerra in Ucraina allargherà anche i confini dell'accoglienza in Europa?
Questa volta siamo l'ultima nazione da raggiungere, dal punto di vista geografico (a differenza dei flussi dal Nord Africa), ma è anche vero che siamo comunque una meta ambita, che ospita già migliaia di ucraini. Siccome il problema stavolta toccherà direttamente quei Paesi che "fanno le regole" in Europa, probabilmente si inizierà a capire che la questione immigrazione è reale, e che non sono capricci dell'Italia. A tal proposito, in questi giorni ho sentito farneticare anche di differenza tra profughi e migranti economici.
Facciamo la differenza tra rifugiati.
Capito? Profughi di serie A e serie B. Quelli dell'Africa sono morti di fame, quindi ci rompono i cogli*ni, come se anche loro non scappassero dalla guerra, magari da conflitti diversi, dove le telecamere non arrivano facilmente. Quindi occhio non vede... D'altronde il livello culturale in Italia sta crollando miseramente.
Si percepisce anche dalla discriminazione nei confronti della cultura russa - in generale - che sta soffocando la ragione dei più.
Per fortuna è successo quel casino con Dostoevskij alla Bicocca, ha fatto capire a tutti che strada pericolosa stiamo prendendo. Aggiungo anche che reclamare una presa di posizione da un artista che ha famiglia in Russia non mi sembra una mossa molto intelligente, ma al di là di questo, l'episodio universitario è un errore clamoroso.
Non è l'unico.
La follia continua e continuerà. Viviamo in un mondo acchiappa like, questa è la malattia del momento. Il consenso politico però è più articolato di un cuoricino su un post. Piuttosto, cari politici, non andate sempre nella direzione della pancia per ottenere un facile consenso, perché questo sta appiattendo tutto. Penso che un politico su un social non ci dovrebbe neanche stare, ma andare per strada, veramente tra la gente. Ma possiamo fondare una nazione su Facebook?
Pertanto anche Mogol (per conto di Siae) si è equiparato a questa linea?
Anche peggio, è stato piuttosto un desiderio spasmodico di manifestare che anche loro erano allineati al comune pensiero. In sostanza, non mi è sembrato un atto indipendente, ma solo una dimostrazione ipocrita di aver fatto la propria parte.
C'è tempo e modo per rimediare.
Del resto il post ha pure pochi like (ride), con corredo di commenti solamente negativi. Oltretutto la visibilità della pagina non corrisponde nemmeno al valore strategico di un ente di quel valore, direi volentieri due parole anche al loro social media manager. E usciamo poi anche dalla logica che un artista statuario, geniale, possa essere il Presidente di Siae. Gino Paoli prima, Mogol dopo, un incarico simile non è da indirizzare ad un artista, ci vuole una figura politica. Ognuno deve fare il suo.