Parlare di risveglio della canzone italiana potrebbe essere un’espressione esagerata. Ha più senso, semmai, utilizzare il termine riscatto. Un riscatto da applicare tuttavia soltanto ad una parte della musica nostrana e nell’ambito di un contesto geografico ben preciso: lo spazio geografico che va da oltre i Balcani all’Estremo Oriente, e che abbraccia quindi Russia e Asia. Mentre i ragazzi di Roma e Milano si sparano nelle loro cuffiette dosi sempre più massicce di trap/rap - un miscuglio sempre più indefinibile, spesso amplificato ai quattro venti da mini casse collegate agli smartphone – ci sono Paesi insospettabili che, tra la canzone all’ultimo grido della popstar di turno e il movimento culturale musicale in ascesa – dal Korean Pop al Japanese Pop – riscoprono vecchie stelle comete della (quasi) defunta scena italiana. Di seguito alcune esperienze e vicende emblematiche.
Dalla Russia con amore
Cantautori vintage invitati in occasioni di kermesse o tour improbabili, brani che appartengono al passato in bianco e nero, 33 giri e audiocassette pressoché introvabili, tutto rigorosamente made in Italy, tutto questo emerge dalla nebbia dei ricordi, come per magia, per intrattenere un pubblico desideroso di ascoltare autori che, in patria, sono stati travolti dalle star dei social network. Certo, in alcuni casi non sono mancate le polemiche, visto che le nazioni interessate a riscoprire autori e cantautori italiani non sempre coincidono con democrazie liberali. Una delle vicende più recenti chiama in causa la Russia di Vladimir Putin. Lo scorso 2 maggio, Pupo era stato invitato a Mosca per partecipare, nei panni di giurato, alla finale del festival Road to Yalta. Apriti cielo: complice la guerra in Ucraina, il cantante toscano era finito nell’occhio del ciclone, salvo poi declinare l’invito (attribuendo però la sua decisione ad altre cause). Nel corso degli anni, la Federazione Russa ha dimostrato di amare la musica italiana. Come quella di Al Bano, personaggio apprezzato per le sue hit, come “Felicità” e “Nostalgia Canaglia”, e più volte esibitosi nel Paese di Putin fino al definitivo cambio di passo. "In questi anni dalla Russia mi hanno chiamato e io ho declinato gli inviti. Ci tornerò quando ci sarà la pace e canterò per il popolo russo e per quello ucraino", ha chiarito qualche mese fa lo stesso Al Bano.
L’Oriente chiama
È pieno agosto a Seoul. Nella capitale della Corea del Sud il termometro sfonda il tetto dei 30 gradi Celsius, complice l’intensa percentuale di umidità. Nel distretto dello shopping di Dongdaemun una folla incessante intasa i marciapiedi. Molte persone si spostano semplicemente per tornare a casa o rientrare a lavoro. Altri sono turisti ma tanti altri ancora si trovano in quest’area per fare acquisti. Scarpe, maglie, pantaloni, gadget di ogni tipo. Negozietti e centri commerciali multipiano e venditori ambulanti non vedono l’ora di definire affari e trattative. Ai piedi di Migliore, un palazzone che fa parte di una catena di grandi magazzini della Corea del Sud specializzata in vendita di abbigliamento e accessori moda, svariati banchetti espongono la loro mercanzia. Un commerciante che a occhio e croce sembra superare i 65 anni dialoga con una coppia di clienti italiani. Loro intendono acquistare un paio di Crocs, o un modello simile, che presenta una suola più alta del normale ed è agghindato da gingilli e spille colorate. Lui, con fare amichevole, offre la mercanzia agli acquirenti per poterla provare, osservare, toccare con mano. Nel frattempo inizia a parlare della sua infanzia. Il fatto che gli avventori fossero italiani, risveglia nel sudcoreano di mezza età un ricordo legato al passato remoto. In un inglese più che stentato chiede ai due clienti se conoscono “Di Bari”. Nel pronunciare questo nome, anzi cognome, mima il verso del violino e intona una melodia. Difficile, per i due italiani, capire cosa voglia intendere il loro interlocutore. Dopo qualche minuto di fraintendimenti, il commerciante prende il suo telefono, entra su YouTube e inizia a scrivere. Parte una compilation di spezzoni musicali, in bianco e nero, di un cantante italiano che si sta esibendo. “Nicola Di Bari. Sanremo”, pronuncia quindi il sudcoreano, ricordandosi l’intero nome del cantautore italiano. Nicola Di Bari, pseudonimo di Michele Nicola Scommegna, è il quarto cantante che ha vinto il Festival di Sanremo per due edizioni consecutive, nel 1971 (con Il cuore è uno zingaro) e nel 1972 (con I giorni dell'arcobaleno), vincendo anche Canzonissima nel 1971. Il commerciante, con gli occhi lucidi – e questa volta con l’aiuto del traduttore – spiega che le canzoni di “Nicoladibari” sono state la colonna sonora di una parte della sua vita. Da giovane si divertiva a guardare le esibizioni dell’artista italiano e ha continuato a farlo anche in tempi più recenti. Da una piccola radiolina posizionata con cura accanto alla cassa del banchetto risuonano le note di canzoni italiane. Di fianco si intravedono numerosi cd: Gianni Morandi, Toto Cutugno. “Nicola Di Bari è il migliore”, conclude però il commerciante, intonando Il cuore è uno zingaro.
I fan di Sanremo
La musica della Corea del Nord è fortemente influenzata dalla situazione politica del Paese. La maggior parte delle canzoni ascoltate dai cittadini locali riguarda il culto della personalità della famiglia Kim o narra svariate vicende storiche della nazione. Attenzione però, perché accanto a tutto questo c’è spazio per diverse sorprese. Estate 2017. Nella biblioteca centrale di Pyongyang c’è una stanza con decine di stereo disposti su tavolini marroni. Sono a disposizione del pubblico, che può utilizzarli per ascoltare cd presi in prestito dalla struttura. La guida che ci accompagna per l’occasione preme un tasto e fa partire Best of di Pavarotti, come accadeva a tutti (pochissimi) gli italiani che avevano la rara possibilità di visitare la nazione più inaccessibile del mondo. Un’altra guida, la stessa che ci accompagna nel tour immersivo di circa un mese in Corea del Nord, ha più volte provato ad intonare famose canzoni italiane del passato (‘O sole mio, Funiculì Funiculà e Con te partirò le più apprezzate) per uccidere il tempo durante i lunghi spostamento in pullman da una località all’altra. In Cina, invece, apprezzano Sanremo – inteso come il festival musicale – al punto da proporne uno ad hoc. Dopo la 73a edizione del Festival di Sanremo, l'Istituto Italiano di Cultura di Pechino ha organizzato un concorso canoro per promuovere la canzone e la lingua italiana oltre la Muraglia. L'iniziativa, rivolta a cantanti non professionisti di ogni nazionalità, consisterà nell'esecuzione, ovviamente in italiano, di una delle canzoni portate in una delle precedenti edizioni del suddetto Festival. I vincitori del concorso riceveranno in premio un biglietto aereo per l'Italia.