Ventinove anni fa moriva Moana Pozzi, era il 15 settembre 1993, una ricorrenza che ora viene celebrata da Discovery+ con una «docu-serie che ripercorre la vita di un’icona senza tempo che ha accompagnato la storia italiana per più di 10 anni», scrivono sulla e-mail per la stampa, Essere Moana – Segreti e Misteri, trasmessa il 14 settembre, proprio il giorno prima della sua morte. Ci eravamo conosciuti anni prima, non proprio amici, diciamo che ero un giornalista suo amico e lei un personaggio mia amica, mai stato a casa sua, mai stata a casa mia. Ma ci eravamo simpatici, la stimavo, la consideravo, la rispettavo e ridevamo. Ridevo con lei perché somigliava a mia moglie, ma tanto (al punto di essere scambiata per lei dai camerieri di un ristorante), Betta Guerreri, che fa la stilista (si divertiva quando la chiamavano Moanuccia). Poi il gioco degli equivoci finì quando Moana decise di correggere quelli che evidentemente considerava difetti, ma che facevano parte del suo fascino, una faccia intelligente su un corpo da pin up. E sparirono il naso volitivo, il mento disegnato, gli occhi vissuti. Non che dopo quelle “correzioni” fosse meno bella, anzi, ma quel visino nordico, con naso minuto, gli zigomi levigati, i denti immacolati, le avevano tolto una grinta intellettuale che aveva, anche se dietro quella sua nuova immagine (tra l’altro più che ben riuscita anche se non ho mai saputo chi fosse stato il suo chirurgo estetico) rimanevano le espressioni di una mente molto, molto pensante.
Scrivo “intellettuale” perché Moana era un’intellettuale e non solo perché leggeva, scriveva, andava al cinema, discuteva, ma perché aveva un intelletto molto vivace, curioso, ragionante, che l’aveva resa davvero unica, e non solo perché fosse un'attrice a luci rosse, ma perché era una un'attrice cerebrale, e grazie a questa sua caratteristica era adorata da grandi intellettuali come Maurizio Costanzo, che la invitata al suo Costanzo Show, o Antonio Ricci, che la volle in Matrioska e L’araba fenice. La incrociavo spesso nei salotti televisivi dove io ero invitato da giornalista e lei come una star. Perché Moana, anche se non tutti conoscevano i suoi film a luci rosse, era una vera star, amata da tutti, tanto che Maria Venturi, la scrittrice e giornalista (è stata anche direttore di Novella 2000 quando io ero agli inizi, tanto che ancora oggi mi chiama “Robertino”) scriveva che la sua la figura di attrice a luci rosse era «istituzionalizzata». Sì, Moana era un’istituzione italiana. Moana mi piaceva molto: bellissima sempre, per nulla volgare, mai, tollerante verso chiunque, anche verso chi la riteneva una prostituta. «Qualcuno mi ritiene una prostituta», mi diceva, «io non mi ritengo una prostituta, ma accetto anche quel giudizio, sono punti di vista». «E chi sei?», le domandavo. «Sono una donna che fa quello che le piace fare, e non si preoccupa del giudizio degli altri cui però porto rispetto, un rispetto che pretendo anche sulla mia persona perché io non provoco, non voglio scandalizzare, faccio quello che faccio, e non è così facile veder quello che faccio se non lo vai a cercare con pazienza là dove puoi trovare i mie film». Tradotto: se poi ti scandalizzi, perché mi hai voluta vedere a tutti i costi?
Una donna che ragiona così non può che essere rispettata, anche se non condividevo le sue scelte, per nulla. Prima di tutto perché non ne aveva bisogno lei, nata da una famiglia benestante, un padre ricercatore nucleare, una madre, sana, attenta, per bene, che faceva la casalinga. Una sorella (che avrebbe poi seguito le sue orme) e un fratello, più piccolo di 14 anni, che, una volta morta Moana, ha rivelato di esserne il figlio e la nonna (come era già successo a Claudia Cardinale), ne aveva assunto la maternità per tutelare la figlia, ancora adolescente. Io non capivo perché avesse dato con la sua scelta un dolore così ai suoi genitori (che però l’hanno sempre amata). Non le perdonavo che frequentasse gente sguincia, volgare, e facesse quei film spaventosi. Ne volli vedere uno, orrendo, nelle luci, nel doppiaggio, con una storia che non stava in piedi dove lei doveva sfiancare a ripetizione una squadra di calciatori per far perdere un incontro. Un film privo di ogni carica erotica, meccanico, direi solo genitale. Da ragazzina aveva anche vissuto all’estero dove il padre si spostava per lavoro, in Brasile, in Canada, in Francia. Insomma aveva avuto anche tante possibilità che altri ragazzi non avevano. Arrivò perfino in Rai con un programma per bambini, una buona partenza (la stessa di Paolo Bonolis), ma scelse di intraprendere la strada del cinema per adulti e fu subito sostituita da Roberta Giusti.
La scelta del cinema per adulti non l’ho mai capita, aveva famiglia, intelligenza, senso critico, non moriva di fame, ma alla fine credo che piacesse proprio a lei e me lo dicevano anche le sue compagne di liceo a Ovada: «Era un’esibizionista, le piaceva esibirsi». Tutto qui. Forse è per questo che era così tanto amata, da tutti, uomini e donne, soprattutto uomini, anche famosi come Massimo Ciavarro e come Andrea Roncato («Guarda che io nella sua pagella ho preso 8», mi dice Andrea, mentre a Ciavarro aveva dato 5, «Ma solo perché non mi sono tolto i boxer», mi ha spiegato poi). La leggenda dice che amò anche Bettino Craxi: «Non dirò mai chi è stato il politico che mi ha amata», diceva lei a Pippo Baudo, «Contava molto, ora non più», il che faceva pensare ancora di più che si trattasse di Craxi. L’ultima sua apparizione televisiva fu su Canale 5, a Il Quizzone, ospite di Gerry Scotti. Era gentile, sorridente, bellissima, ma molto, molto magra, troppo, al punto che qualcuno ha pensato all’Aids, una circostanza smentita dopo la morte dalla famiglia che ha prodotto un esame che lo smentiva. Il Quizzone fu trasmesso l’11 settembre (era stato registrato a luglio) quattro giorni prima della morte. Moana morì forse per un cancro all’Hotel-Dieu di Lione, dove era ricoverata da mesi, il 15 settembre 1994. La notizia fu uno shock, a mio parere, perché il sesso viene visto da alcuni come un antidoto contro la morte, la massima espressione della vita, della rinascita, ma non poteva essere più forte della malattia che l’aveva minata, pare, al fegato. Sul comodino a fianco del letto fu trovata una copia delle Confessioni di Sant’Agostino, che scriveva: «Ci hai fatti per Te, [Signore, ndr], e il nostro cuore è inquieto finché non trova riposo in Te». Riposa in pace, cara Moana, qui non ti abbiamo mai dimenticata.