Jazz café (La Nave di Teseo, 2023) è un negativo. È il mondo nella sua vera luce, con i colori di una macchina fotografica – quella di Raffaele Simone, professore emerito e linguistica all’Università Roma Tre – che non fa sconti. Che raccoglie tutto, un uomo bloccato dai funerali del papa e impossibilito a ritornare a casa, un magistrato a Parigi alle prese con un vecchio caso, un delitto innominabile che un avvocato affiderà a un enigmatico isolano, l’uomo di Malta. Tutti racconti accomunati da un unico comun denominatore: la visione da jazz café di Simone, un taglio laterale rispetto al presente, fatto di gusti che oggi non si hanno quasi più, da tenere chiusi in una vetrina con vecchia insegna giallo-marrone, al tavolo circolare di un locale dimenticato dai più, che la sera organizza jam session nella stanza fumatori. Niente di noir, nonostante sia un’atmosfera irrefutabilmente rodata da altri generi. Ma in questo caso Simone si impegna per trarre da questa propria inattualità non un gesto di disprezzo verso i suoi simili, quanto del disincanto mai davvero definito sulla lunga strada che porta alla ricerca dell’ordine delle cose, cioè felicità più giustizia. Una meta, è chiaro, che non arriverà mai.
Sono sette racconti ma un’unica storia, la medesima, scritta con gusto letterario e raffinatezza, che la Nave di Teseo ha il merito di proporre a un pubblico vasto nonostante non vi sia un vero piglio commerciale evidente (non è la storiella scritta dal personaggio per racimolare spiccioli). È un’opera doppiamente interessante, perché convive in essa una scelta da parte di chi pubblica di assoluto buongusto e una costruzione narrativa inusuale. Rapida, è vero, ma mai sintetica, né tantomeno pensata per far saltare sul divano. Trovare raccolte di racconti tanto sobrie, per loro stessa natura, è sempre più raro. Il vero colpo di scena è questo libro, che si aggiunge a una linea di pubblicazioni dal sapore scuro del café, quasi amaro alla fine, bevuto nel contesto di una solitudine esistenziale ed estetica che non è mai snobismo, anche quando quel café, che è la vita, sembra lo si debba bere da soli, di fronte a un mare disarmante, in una notte sublime. In quel momento che è il rinculo della marea, che è quasi tornare indietro, che è quasi guardare al passato.