C’è qualcosa di irritante e insieme di patetico nel vedere il proprio nome, il proprio volto, la propria voce ridotti a una confezione patinata e televisiva, stirata, liscia, rassicurante come la superficie di un lago finto. Miss Fallaci, la serie di Rai 1 con Miriam Leone, è un'opera così morbida e levigata che più che raccontare una storia, la decora. Più che interrogare una vita, la addomestica. Non è questione di somiglianza, né di fedeltà storica: non mi aspetto che un’attrice mi restituisca la mia voce, i miei gesti, la mia rabbia. Ma se proprio vogliamo raccontare una donna, è necessario almeno rispettarne la sostanza. E questa serie, invece, non racconta niente. Si limita a imbellettare. Il problema non è Miriam Leone, che fa quello che può con quello che ha. Il problema è che quello che ha è un copione che riduce il giornalismo a una passerella, la scrittura a una posa, l’inquietudine a un vezzo estetico. Perché la giovane Oriana – che in questa serie si muove tra redazioni ovattate e sogni di gloria – non è altro che una bambola con la penna in mano. Una ragazza brillante, certo. Ma priva di rabbia. E senza rabbia, senza ostinazione, senza il senso di urgenza che spinge un cronista a rischiare tutto, cosa resta?

Un bel vestito. Una voce educata. Una ribellione tiepida, che sa di slogan pubblicitario più che di battaglia vera. Ora, capisco il problema. Capisco la difficoltà di raccontare una donna che non voleva essere raccontata. Io stessa ho passato la vita a sottrarmi agli stereotipi, a combattere le etichette, a difendermi dall’imbalsamazione prematura. Ma allora, mi chiedo, se proprio si deve ridurre Oriana Fallaci a un'icona televisiva, perché farlo senza il suo carattere, senza il suo cuore? Forse perché la verità è più scomoda della finzione. Perché è più semplice vendere l’immagine di una donna affascinante che quella di una donna difficile. È più facile mostrare una giornalista in cerca di conferme, piuttosto che una che le conferme le distruggeva. E soprattutto, è più rassicurante vedere una giovane Oriana che sorride, che accarezza la sua ambizione con leggerezza, invece che una che lotta, che sputa sangue sulle parole, che non ha paura di dire quello che pensa. Ma una storia raccontata a metà non è una storia. È una menzogna elegante. E questa serie, con tutto il rispetto per il talento di chi l’ha realizzata, è una menzogna che mi riguarda. E io, le menzogne, non le ho mai sopportate.
