Questa notte sarà da Oscar. Da 00.15 su Sky e NOW sarà possibile seguire la cerimonia di premiazione dei migliori film dell’anno in diretta guidata da Francesco Castelnuovo, insieme a Francesca Baraghini e Gianni Canova, rettore dell’Università Iulm di Milano, autore e critico cinematografico e “Cinemaniaco” per Sky. La nottata si preannuncia ricca di ospiti tra cui Costantino della Gherardesca, Lillo&Greg, Claudia Gerini e moltissimi altri. Alla vigilia della grande soirée, abbiamo contattato telefonicamente proprio Canova per farci raccontare pronostici e indiscrezioni sulle statuette che verranno. Il Professore segue e commenta la cerimonia per il ventesimo anno di fila, quindi fare l’alba per questa occasione, sicuramente non lo intimorisce: “Figuriamoci, domani alle 10 del mattino sarò a fare lezione!”, ci dice. Tra la nomination di È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino come Miglior Film Internazionale, la “rivincita di Twilight” e la (forse) scoperta di un nuovo Leonardo DiCaprio, andiamo a tastare il terreno per provare a intercettare quali statuette fioccheranno (e, soprattutto, a chi. O quantomeno quali artisti e interpreti se le meriterebbero maggiormente). Su tutto, innegabile per Canova, la “profonda crisi che sta attraversando il cinema hollywoodiano”.
Partiamo da Paolo Sorrentino: il regista di È stata la mano di Dio ha dichiarato di non sentirsi tra i favoriti, anzi, di questa cinquina. Come mai, secondo lei? Solo scaramanzia o c'è qualcosa di più?
Sorrentino ha grande conoscenza di Hollywood e di Los Angeles e ha dunque ben contezza delle previsioni dei bookmaker, oltre a disporre della saggezza di non illudere se stesso né i tanti estimatori del suo film. L’impressione generale è che l’Oscar al Miglior Film Internazionale sia già stato assegnato a Drive my car. E lo sa bene anche Sorrentino.
Infatti Drive my car è candidato anche come Miglior Film… Ha senso, nella sua opinione, inserire lo stesso titolo in entrambe le categorie?
Perché no? Quando c'è merito, è bene metterlo in evidenza. Inoltre, Hoollywood ha capito di non poter più essere così Hollywood-centrica. Sa quante volte negli ultimi 11 anni, l’Oscar è andato a un regista nordamericano? Soltanto una, ovvero con La La Land. Gli altri anni hanno vinto messicani: 2 volte Hinarritu, Cuaron, Del Toro, poi la statuetta è andata a un francese, Michel Hazanavicius, per The Artist. Non possiamo certo dimenticare il coreano Bong Joon-ho con Parasite… Tutto ciò è segno che c’è una crisi endogena all’interno del sistema della macchina hollywoodiana. Anche quest’anno dovrebbe vincere Il Potere del Cane che è il film di una regista islandese, non americana.
Il Poter del Cane è il suo favorito?
No. Anche perché secondo me non ci sono film straordinari. Ho apprezzato comunque La fiera delle illusioni di Del Toro, Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson e anche West Side Story di Spielberg.
Però mi stava accennando a una specie di “crisi” di Hollywood, il cui termometro può essere il numero di Oscar vinti da registi nordamericani negli ultimi 10 anni, come diceva. Può approfondire?
Hollywood sta attraversando una crisi di idee spaventosa. Come dimostrano anche le nomination di quest’anno: o vince ll Potere del Cane, che è neozelandese, oppure pare possa vincere Coda, che è diretto da una regista nordamericana ma di origini ungheresi. E il film è comunque il remake di un cult movie francese, La famiglia Bélier. Insomma, Hollywood o gioca coi suoi soliti supereroi, cosa che sa fare benissimo come dimostrano Batman, Spiderman e Avengers vari, oppure sembra non sapere proprio che pesci pigliare.
Il cinema italiano per l’America è “solo” Paolo Sorrentino?
È molto difficile intercettare i gusti dell’Academy e Paolo Sorrentino ci riesce. I suoi due film nominati agli Oscar sono lungometraggi su altrettante città, Roma e Napoli, che nell’immaginario, anche in quello americano, hanno una forza dirompente. Poi Sorrentino ha dietro dei produttori che sanno intrattenere quelle relazioni che servono a far notare un film dall’Academy. I produttori di Sorrentino svolgono, infatti, un ottimo lavoro in questo senso. Più in generale, una nomination non è mai soltanto una questione estetica, è sempre anche una questione politico-diplomatica ed economica.
C’è anche il valore del film, comunque…
È stata la mano di Dio è assolutamente un gran film, ma come lo era anche Youth - La Giovinezza, eppure quello non fu candidato. Comunque di schifezze non ne arrivano agli Oscar, questo è certo.
Non le sembra, però, che il livello generale sia un po’ più basso rispetto allo scorso anno? Stando sulla rosa per il Miglior Film Internazionale, allora c’era lo splendido Un altro giro, oggi troviamo, stando circa nella stessa area geografica, La persona peggiore del mondo…
L’anno scorso c’era The Father, un film straordinario, quest’anno non ci sono film a quell’altezza. Per non parlare di Un altro giro, vincitore come Miglior Film Internazionale: bellissimo. Non ci sono quest’anno nominati a quell’altezza, secondo me. Concordo.
Però è anche un’annata di rivincite: c’è quella di Kirsten Stewart che per più di un decennio è stata nel sentire comune “solo” la Bella Swan di Twilight e difficilmente ce la saremmo immaginata addirittura agli Oscar…
Ecco, non concordo con chi ha ancora pregiudizi su di lei. Inoltre, ho visto Spencer di Lorrain e non riesco a comprendere le recensioni freddine uscite dopo Venezia. Si tratta di una favola nera, di un horror metafisico perfettamente narrato e girato. Non sarebbe stata certo fuori luogo, per questo lungometraggio, anche una candidatura come Miglior Film. Incredibile anche che non sia stato nominato per i Miglior Costumi. La performance della Stewart nei panni di Diana è assoluta: riesce a far passare sul suo viso una tavolozza di espressioni incredibile: dall’angoscia al senso di carcerazione fino alla voglia di ribellione, di tenerezza, all’amore per i figli, alla diffidenza nei confronti del marito traditore che accusa lei di essergli infedele… Davvero una prova notevolissima.
E menomale che non aveva espressioni! Un po’ come il suo compagno di Twilight, Robert Pattinson, che dopo anni di grandi lavori passati pressoché inosservati al grande pubblico e forse anche alla critica, ha tirato fuori un Batman straordinario. Per quanto lui oggi agli Oscar non ci sia, pensa che Pattinson stia seguendo le stesse orme di Leonardo DiCaprio?
La stessa maledizione, dice?
Eh, sì. Se così vogliamo chiamarla…
Guardi, bisogna tener conto che l’Academy è formata pressoché da attori. E quando si diventa membri dell’Academy, tali si resta a vita. Questo comporta che l’Academy sia composta da attori anziani che di fatto hanno il controllo sulla maggior parte dei voti. Quindi parliamo di attori anziani con gusti legati alla loro epoca, per non dire un po’ conservatori. Non voglio fare della psicologia spicciola ma l’attore anziano a fine carriera guarda sempre con un po’ di diffidenza il giovane interprete che prima o dopo lo scalzerà. Soprattutto se questo giovane talento è bello e “si permette” di avere pure successo commerciale. La maledizione di DiCaprio fu legata a Titanic e, sì, parallelamente in un certo senso quella di Pattinson è legata al successo della saga di Twilight.
Quindi si potrebbe fare un paragone, a questo punto? Pattinson potrebbe diventare il nuovo DiCaprio o, in un certo senso, lo è già?
Beh, DiCaprio è certamente più bravo. Però la carriera di Pattinson ha sicuramente grandissime prospettive davanti a sé, se continua così.
A proposito di paragoni “arditi”, ma tornando in Italia: secondo lei la parabola di Gabriele Muccino che, dopo il successo in Italia, è stato chiamato da Hollywood dove, però, non è riuscito a brillare del tutto, può essere simile al percorso che sta facendo Luca Guadagnino?
Direi di no. Si tratta di due carriere molto diverse, due personalità non assimilabili. Muccino è entrato con forza dentro al sistemo produttivo americano ma senza riuscire a diventare un fenomeno di culto, almeno per la parte più radical di Hollywood. Guadagnino, invece, è riuscito a intessere una serie di relazioni. Non c’è solo Suspiria, c’è anche Chiamami col tuo nome con Timothée Chalamet e quel film è valso un Oscar alla Miglior Sceneggiatura. Muccino a un Oscar non si è nemmeno mai avvicinato.
Come ben ricorda, Guadagnino è il “responsabile” dell’esplosione della carriera di Chalamet che oramai ritroviamo ovunque al cinema…
Esatto, è Guadagnino che l’ha sdoganato. E anche questo ha un peso a livello di influenza. Mentre invece, non è Muccino che ha sdoganato Will Smith, è Will Smith che ha sdoganato Muccino a Hollywood.
Un regista italiano che meriterebbe l’Oscar e che non si chiami Paolo Sorrentino…
Beh, sicuramente Matteo Garrone, non c’è dubbio. E poi c’è tutta una nuova generazione di grandi talenti che hanno tantissime idee. Tornando all’Italia, abbiamo anche i Fratelli d’Innocenzo che, se avessero alle spalle produzioni più potenti, potrebbero arrivare lontano. Ma anche a Gabriele Mainetti. Solo per citare i due casi più eclatanti. In ogni caso, stiamo vivendo una stagione di grande interesse per il nostro cinema.
Lo stesso "grande interesse", però, non sembra che si possa dire di riscontrare verso le registe italiane. Si fa quasi fatica, a livello mainstream, a menzionarne qualcuna. Non trova?
No beh, ci sono registe italiane importanti: la Comencini, per esempio, è stata candidata all’Oscar per la Miglior Sceneggiatura con La bestia nel cuore (2006, ndr). Tra le generazioni più giovani non si può non citare assolutamente Alice Rohrwacher. Oppure Paola Randi che ha fatto quel gioiello che è Tito e gli alieni.
Certo, ma nel concreto: se dovessimo fermare qualcuno per strada per chiedergli nomi di registi italiani, molto probabilmente i nomi delle filmmaker donne non uscirebbero fuori perché non sono ancora mainstream quanto i loro colleghi uomini. Come mai, secondo lei?
È vero, per ora le conoscono soprattutto, se non solo, gli addetti ai lavori. Questo perché in effetti la loro presenza è ancora minoritaria. Però, all’Università io vedo nella classe di Cinema, come in quella di Regia, moltissime ragazze bravissime, nettamente migliori degli studenti maschi. Quindi credo sia davvero questione di poco perché il talento femminile possa finalmente sorprendere prendendosi il ruolo che merita nel panorama cinematografico italiano come internazionale.
Speriamo! Intanto, tra le nomination più importanti di quest’anno, non ci sono molti candidati afroamericani…
Sì, ma tanto si sa che vince Will Smith, accetto scommesse, e quindi questo riequilibra il tutto.