Succede in Italia a chi si fida dello Stato e dei suoi apparati. Avendo immediato bisogno di certi documenti personali, concordo con il mittente, su sua infelice proposta, la spedizione con la modalità “Raccomandata 1” che non conoscevo. Prevede la consegna per il giorno dopo. Beh, ottimo, mi dico. Sono salvo. Poste Italiane è sempre Poste Italiane, giubilo. L’indomani per tutta la giornata mi apposto fiducioso alla finestra aspettando il portalettere e non uscendo di casa. Pranzo pure in piedi con gli occhi sul piatto e sulla strada. E non mi accorgo che il postino è passato davvero ma se ne è andato, lasciando nella buca delle lettere un avviso di giacenza. Evidentemente ha trovato comodo farla spiccia, piuttosto che percorrere con questo caldo una decina di metri per raggiungere il citofono di casa, aspettare la mia firma sotto il sole e tornare indietro. Comprensibile, dai, siamo umani. Quando nel tardo pomeriggio trovo il foglietto tipo scontrino della Conad mi dico “Poco male, vado alla Posta, importante è che è arrivato”. L’impiegato mi chiede se so leggere, perché in tal caso l’avviso è chiaro: prima di prendere il tagliandino di prenotazione - e impegnare uno sportello sottraendo tempo agli altri utenti - occorre applicare sul totem il codice a barre che c’è sull’avviso per controllare se il plico è giacente ed è dunque in ufficio. E dove dovrebbe essere se è stato poco prima in mano al postino? In magazzino, risponde l’addetto. Dunque esiste un magazzino dove il portalettere è tenuto a depositare le Raccomandate 1 non recapitate, che per quanto costano dovrebbero piuttosto indurlo ad aspettare il destinatario davanti casa fino alla consegna. Va bene. Mi dica dov’è il magazzino e ci vado io, faccio all’impiegato. Non può, ribatte lui, lei deve seguire le indicazioni che trova nell’avviso. Ma io ho urgenza di avere il mio plico, protesto. Mi dispiace, è la procedura, mi fa. Manco a Langley.
Io non ho interrogato il totem, spiego, perché in passato ad ogni avviso di giacenza ho provveduto a ritirare la posta andando allo sportello. Sì, ma per la Raccomandata 1 è diverso. Pensavo che dovesse essere diverso nel senso che si possa avere più facilmente, invece no. Posso richiedere però un tentativo di riconsegna, mi dice l’impiegato. È chiamato giustamente “tentativo” perché Poste Italiane non dà nulla per scontato. Ok, dico, facciamo il tentativo. Eh, no. Il tentativo devo farlo io telefonando al numero che compare sull’avviso. Vado via e lo compongo. Mi risponde un operatore automatico il quale mi chiede, dopo mezza dozzina di opzioni da superare e tanti salamalecchi, se voglio richiedere un tentativo di riconsegna. Sì dico, di che stiamo parlando. La risposta che mi dà l’Intelligenza Postale è che il mio appuntamento è fissato per giorno 17 luglio, cioè dopo ben otto giorni. Alla faccia dell’urgenza. Va be’, l’operatore automatico è sicuramente ubriaco, penso. Richiamo e riesco a parlare non so come con un’operatrice umana del tutto savia, alla quale dico che volevo una riconsegna e mi è stato dato un appuntamento. “Esatto” mi dice, “e una volta avuto l’appuntamento, il tentativo di riconsegna non è più possibile. Deve aspettare giorno 17 e recarsi comodamente allo sportello per ritirare la sua raccomandata”. Tanto savia, penso, non mi pare proprio una che risponde così. Il 17 arriva e all’ufficio postale apprendo, dopo dieci minuti di laboriose ricerche telematiche, che l’agognata busta giacente in magazzino è finalmente tornata. E dov’era esattamente il magazzino? A due chilometri. Sono andato via perplesso e con qualche domanda terra-terra, ma con il mio pacco (a parte quello che mi hanno fatto). Perché il plico non mi è stato consegnato in casa? Perché non è stata tentata automaticamente la riconsegna (cosa ovvia trattandosi di una raccomandata urgente) anziché obbligarmi a chiederla? Perché il plico è andato in un fantomatico e inaccessibile Magazzino e non subito alla Posta dove avrei potuto averlo in giornata? Perché dal magazzino all’ufficio postale sono trascorsi otto giorni, pur essendo vicinissimi? E soprattutto: perché non ho controproposto al mio mittente un servizio di recapito privato invece di affidarmi alle borboniche protocollari e burocratiche Poste Italiane?