“Mi sento bene e sto bene. Ora sono in mini tournée, monitorato dai cardiologi...”. È un fiume in piena Omar Pedrini, a poche settimane dall'ultimo intervento a cuore aperto (cinque operazioni in due anni), e non smentisce la sua fama di “guerriero”, come lo chiamano i fan, utilizzando il titolo di una canzone dei tempi con i Timoria. E a MOW dice di essere pronto a imbracciare di nuovo la chitarra per un tour vero e proprio, dopo la parentesi estiva (medici permettendo). “Sono un sopravvissuto”, sottolinea, Sospeso, per meglio dire, come il titolo del nuovo album (a sei anni dall'ultimo), 9 canzoni e un'Ave Maria (pagana), il suo lavoro più intimo. Che poi riflette una spiritualità che l'accompagna dagli esordi, e l'impegno di sempre, al fianco dei giovani, per l'ambiente. “Faccio un disco quando ho qualcosa da dire, e lascio spazio alle nuove generazioni, come chiede il mercato...”. A riprova, non ha dubbi: i Måneskin hanno qualcosa, almeno il merito di aver “resuscitato” il rock 'n roll. Ma se da un lato sprona gli eco-attivisti di Ultima Generazione (che cita esplicitamente), e invita la politica al dialogo, dall'altro non concede scusanti a chi fomenta le challange online (vedi alla voce TheBordeline...). Inevitabile, con un cane sciolto come lui, navigare in mare aperto, a un passo dalla reunion (mancata) con Renga, “mai più Timoria”, dice. Mentre apre a Sanremo (nel ventennale dall'ultimo), e all'idea di una super band firmata anni'90. Lo zio rock è di nuovo in pista.
Innanzitutto come sta?
“Questa è la domanda dalle cento pistole; adesso sono in mini tournée monitorato dai miei cardiologi, mi sento bene, sono andati bene. Una ripartenza moderata, anche se il rock non è mai delicato”.
È un combattente nato.
“Fa parte del mio carattere; ho domato la tigre, anche in questi giorni. Prossima settimana farò degli esami per vedere come si comporta questo cuore”.
Speriamo si comporti meglio! Prevede altri concerti?
“Quest'estate è in programma un calendario più morbido rispetto al solito, quindi 6-7 al mese. Ma se tutto andrà bene, ad ottobre partirò col vero tour nei teatri e club”.
Tappa anche in Campania? Magari nel salernitano...
“A Salerno ho fatto uno spettacolo due anni fa, con Alessio Boni; siamo stati una settimana, per le prove, era la prima data. Ho potuto ammirarne la bellezza, bisogna replicare. Sa che c'è un gemellaggio in corso col mio Brescia?”
Come no, è contento del passaggio in B?
“Il ripescaggio è umiliante, meglio guadagnarlo sul campo”.
Andiamo al disco, a sei anni dall'ultimo: non è tipo da hit usa e getta, torna con delle motivazioni.
“Mi fa piacere sentirlo. Da qualche tempo centellino, è giusto uscire quando si ha qualcosa da dire, e poi lasciare spazio ai giovani, come chiede il mercato. Non a caso sul palco con me c'è un ragazzo di vent'anni”.
Sospeso com’è nato?
“Nel mezzo delle difficoltà; l'inizio del lavoro durante il Covid, quando ho saputo che il mio cuore aveva bisogno di un altro pit stop, e ho aspettato un anno per l'intervento, perché i reparti erano diventati reparti Covid. Un figlio messo su tra un ricovero e l'altro, e poi nella mia tenuta in toscana, per questo è il disco più intimo, in assoluto. C'è anche una preghiera...”
Un modo per esorcizzare la malattia?
“Sono sempre stato spirituale, e dall'inizio della mia carriera. Quest' Ave Maria perché è una figura a me cara, per cui ho una certa devozione, e a cui racconto i mali del mondo. Non solo un'esigenza dell'Omar ospedaliero; ma non mi piace definirmi cattolico o buddista, piuttosto un uomo alla continua ricerca di Dio. Suonare negli oratori è la cosa più trasgressiva che faccio. Trovo che alcune figure di preti-coraggio, di chi va nei villaggi a questionare che l'acqua deve rimanere pubblica, per esempio, facciano più politica sociale di alcuni politici. Dirò di più, mi sono disinnamorato della politica dopo la morte di Pannella. Vedo tanti mestieranti, ormai...”
L'impegno di sempre è al fianco dei giovani, per l'ambiente. In una canzone cita persino Ultima Generazione: è dalla loro anche quando imbrattano le opere d'arte?
“Lo dice un amante dell'arte, che ha curato tanti festival. È come una coltellata vedere un pomodoro sul Van Gogh o del liquido nero nella famosa fontana (Barcaccia) a Roma, già massacrata dagli ultras di mezza Europa. Eppure per il calcio non ho sentito le stesse polemiche. Per cui, c'è una predisposizione sbagliata nei confronti di questi giovani; ciò che mi ha spinto ad andare alle loro manifestazioni. Parlo da cane sciolto e da anarchico, a protesta pacifica non si risponde con un processo, ma col dialogo. La situazione potrebbe peggiorare, facciamo attenzione”.
A proposito di dialogo e giovani, s'è posto delle domande sulle challenge online? In riferimento agli youtuber e alle sfide estreme...
“È uno dei pericoli del nostro tempo, lo vivo anche come padre e dovrò drizzare le antenne. I social sono il teatro dei nostri ragazzi, se c'è chi li utilizza in modo positivo, c'è chi per la caccia al consenso li usa in modo rischioso. Questi eccessi nascondono qualcosa: pochezza culturale e anche stupidità di chi li segue. Chi mette i like diventa la benzina per certi meccanismi. Pensiamoci prima di ‘fomentare’ tali imprese, freniamo prima gli esibizionisti, altrimenti siamo ugualmente responsabili”.
Degli anni '90 rimangono Pedrini, Morgan, Cristiano Godano, Manuel Agnelli: avete mai pensato a far qualcosa insieme?
“Il pensiero c'è stato, quando ho pensato di fare la reunion, senza successo, dei Timoria. Sarebbe una bella idea, anzi, chissà che non si realizzi una super band. Quel decennio è stato di qualità, e non è un caso che 30 anni dopo i leader dei gruppi principali siano ancora in giro. Non eravamo meteore; oggi invece vedo chi diventa star mondiale troppo in fretta e nel contempo in fretta si dimentica”.
Parla dei Måneskin?
“Non proprio, non ho capito il meccanismo che li ha portati subito in alto, ma non posso che provare simpatia, hanno ‘resuscitato’ il rock a favore dei giovani. Se a Natale alcuni ragazzini chiedono una chitarra o una batteria in regalo, invece d'altro, è merito loro. Spero che facciano anche un gran disco, hanno la possibilità di lavorare con ottimi autori e produttori, e durare nel tempo”.
Passo a un altro brano del disco, il primo singolo anzi, Diluvio Universale, anche colonna sonora degli angeli del fango. Sa che uno degli eventi pro-alluvionati è stato annullato?
“Perché? Più eventi ci sono, meglio è, non capisco, ci deve essere sotto dell'altro... ‘Non c'è da dire/ma c'è da fare’, frase che i romagnoli hanno fatto loro; a tal proposito ho già partecipato a Oltre le nuvole, con tanti altri colleghi, e farò altro al Mei di Faenza, cerchiamo di raccogliere fondi”.
Quante volte le domandano della reunion con Renga?
“Mi chiedono, mi chiedono... Ci ho provato fino al 2018; con Francesco da tempo ho sotterrato l'ascia di guerra. Ci eravamo separati a causa di rapporti umani...”
So di una donna.
“Ahimè, era la mia. Come dicevo, qualche anno fa ho provato a riunire la band, ma per mezzo del suo manager ci comunicò che preferiva andare a Sanremo. Ho rispettato la decisione, anche se avrebbe fatto bene anche a lui. Posso dirlo, adesso: non farò mai più la reunion dei Timoria”.
Mai più?
“Mi sono messo l'animo in pace, ho tagliato quel cordone ombelicale. Chissà, un giorno potremo fare dell'altro, ma senza scomodare quel marchio”.
E a Sanremo tornerebbe?
“Racconto questa: quest'anno volevamo proporre La giusta guerra (seconda canzone dell'album ndr) al Festival. Invece si è resa necessaria la quarta operazione, e non l'abbiamo più proposta. Amadeus lo saprà tramite quest'intervista. Ma il prossimo anno, per il ventennale dall'ultimo Sanremo, quando poco dopo la mia vita è cambiata per via della malattia, chissà che non arrivi un invito. Un pensierino ce lo farei”.
A chi dice grazie?
“Dico grazie alla scienza e a Dio, a mia moglie che ha una forza straordinaria, ai miei bambini, ai volti degli amici, agli occhi di mio papà. Quando esci e entri da un ospedale a mancarti sono le cose semplici. Ho fatto mio questo slogan: quando siete felici, fateci caso; le grandi malattie insegnano quanto sia prezioso il tempo, alla fine sono un sopravvissuto”.