"Pepsi. Quando non c'è la Coca Cola", questo il claim della nota bevanda americana, eterna seconda rispetto alla leader del settore bibite analcoliche, che ci regala Ricky Gervais nel film The Invention of Lying (Prime Video). Uno slogan piuttosto brutale, ma abbastanza accurato. Negli anni Novanta, però, la faida tra Pepsi e Coca Cola era ferocissima. Per quanto la prima sapesse di non poter realmente competere con il successo della seconda, fece di tutto per lavorare sulla propria immagine in modo da risultare il più cool possibile per i giovanissimi. In termini moderni, potremmo dire che l'azienda spese milioni per far passare il marchio Coca Cola e i suoi testimonial (orsi polari) in roba da "boomer", mentre il brand Pepsi, must have per la Gen-z in giù. Il 1992 fu la volta di Cindy Crawford in un mitologico spot in cui ne sorseggia una lattina in canotta bianca e shorts. Outfit e posa divennero così iconici da essere tuttora replicati "da centinaia di persone ogni Halloween", rivela la stessa top model. A raccontarci tutto ciò e molto di più, ecco arrivare la docu-serie Netflix "Pepsi, Where is my Jet?", l'incredibile storia vera di un gigantesco equivoco (o di una truffa?) che riguarda una pubblicità Pepsi in tv, un Harrier jet e un ventenne di nome John Leonard ostinato quanto basta (grazie anche a una strampalata gang di amici quarantenni - e milionari). Di cosa diavolo stiamo parlando? In ogni caso, c'entra anche l'intero popolo filippino. Imbufalito come mai.
David Bowie, Michael Jackson, Shaquille O'Neal, la Pepsi aveva i testimonial più amati e idolatrati in assoluto nei suoi spot. A un certo punto, però, decide di esagerare, sia a livello comunicativo che di introiti, abbinando l'acquisto di bibite con una raccolta punti legata a merchandising brandizzato. Tutti volevano gli occhiali, la giacca di jeans e altri capi di vestiario con la gigantesca scritta Pepsi appiccicata sopra, anche perché altrimenti sarebbero stati drammaticamente out. Lo spot tv che lancia la campagna vede un ragazzino più tempestato di #Adv di Leone Lucia Ferragni, sfilare fuori casa come il galletto del quartierino. Infine, arriva a scuola planando nel cortile dell'istituto a bordo di un jet. "Decisamente meglio del bus", è la sua punchline, mentre in sovraimpressione scorre la scritta: "7 milioni di punti per un Harrier jet". Sì, ma cos'è un Harrier? Di base, non lo sapeva nessuno, nemmeno i creatori della reclame, ma a John, ventenne come tanti, sembrò un mezzo di trasporto da sogno. Lo voleva. E, diceva la reclame, esisteva un modo per entrarne in possesso.
"Era evidentemente uno scherzo", dichiara uno dei vertici dell'azienda oggi (come ieri), davanti alle telecamere della docu, "nemmeno ai miei bambini, che all'epoca avevano 5 anni, era venuto in mente che quel jet potesse fare realmente parte del catalogo Pepsi". Eppure, a John sì. Anche perché sotto alla scritta in sovraimpressione, non compariva alcun disclaimer. Si trattava di un messaggio promozionale oggettivamente "ambiguo" e allora via di business plan: il ragazzo, insieme a un bizzarro gruppo di amici quarantenni (e milionari) comincia a studiare giorno e notte per trovare un modo di racimolare tutti quei punti con la minor spesa possibile. Il problema è che... dopo settimane di calcoli astronomici e vicoli ciechi, ci riesce.
Buon per lui. E malissimo per Pepsi. L'Harrier jet è un velivolo militare di cui, ancora oggi, esistono poco più di 300 unità al mondo. Costa oltre 24 milioni di dollari. L'azienda, una volta ricevuta la raccolta punti di John, crede sia una burla e tenta di cavarsela con un paio di casse di lattine che spedisce al ragazzo. Questa mossa non fa che acuire la tigna di John che, insieme alla sua gang, farà passare anni difficilissimi alla big firm. Onnipresente in radio e in tv a raccontare la propria storia, l'opinione pubblica come anche la stampa sono dalla sua parte, ovvero da quella del sognatore povero in canna che ha colto un'opportunità per realizzare il sogno americano (nel senso di diventare ricchi dalla sera alla mattina, quindi quello di tutti) e che se lo sta vedendo negare da una Grossa Multinazionale Malvagia. Ohibò.
Intercorrono cause legali che si trascinano per lunghissimo tempo, di base tagliando le teste dei più alti vertici Pepsi, lato advertising. Intervistati dai microfoni della docu-serie, costoro ancora rosicano per aver avuto quella malaugurata idea, totalmente casuale, per lo spot infame. Grazie ad accordi collaterali e all'influenza dell'azienda, la legge tende a dare ragione a Golia, al posto di Davide. Non aspettatevi, però, un finale scontato. John e i suoi amichetti, si vinca o si perda, non mollano di un millimetro e vanno a setacciare l'intera comunicazione Pepsi su scala globale alla ricerca di altri episodi ambigui o potenzialmente truffaldini. Ne trovano? Assolutamente sì. Nelle Filippine, per esempio, si sente ancora l'eco del rancore popolare contro la ditta che qualche anno prima sembrava aver truffatto, sostanzialmente facendola franca, l'intera nazione. La gente scese nelle piazze armata di molotov, ci scappò perfino il morto. Peccato solo che la notizia di questi tumulti non fosse giunta negli Stati Uniti, prima che all'ostinazione di John non capitò di smuovere quello tsunami di polvere sotto al tappeto. Ops.
"Pepsi non si sarebbe mai immaginata che potesse esistere un sognatore come me", dichiara ancora oggi con fierezza l'ex ventenne ostinato John che, insieme a mamma sua, è tuttora orgogliosissimo di aver creato tutto quello scompiglio nella seconda metà degli anni Novanta. Possiamo forse dargli torto? Certo che no. Chissà cosa potrebbe combinare oggi, dando anche solo una rapida scorsa agli #adv di molti influencer più o meno blasonati... Occhio.