Nessuno sembra ricordarsi di Elisa. Elisa Claps, morta a 16 anni. Elisa uccisa a Potenza, la sua città, in una domenica di settembre di 30 anni fa. Elisa scomparsa per 17 anni, ritrovata solo nel 2010, proprio lì dove nessuno l'aveva cercata, lì dove tutti sapevano sarebbe dovuta andare: nella chiesa della Santissima Trinità, zona d'ombra di un caso mai del tutto risolto. Elisa che da quella chiesa non è mai uscita viva, uccisa da Danilo Restivo, il ragazzino "strano e disturbato" di cui tutti hanno sempre sospettato, e che è rimasta lì, in un sottotetto, mentre fuori Potenza andava avanti, provando a dimenticare. Una brutta storia, una pagina nera per la città: questo, è Elisa per Potenza. E anche chi l'ha amata tanto, in quei soli 16 anni che ha vissuto, non sembra riuscire a ricordarsela.
Elisa Claps si legge tutto attaccato, come spesso succede nei casi di cronaca nera dati in pasto alla nazione, tra complotti, teorie, mistificazioni e giudizi affrettati. C'è un orco, un assassino, ci sono complici e aiutanti, favori e poteri forti. E poi c'è la vittima, con i contorni sfocati di chi all'inizio della storia ha già finito la sua parte da protagonista. Così con il tempo Elisa si è trasformata in chi non è potuta essere, in chi l'ha uccisa e in chi ha insabbiato la sua morte, perdendo i tratti definiti della ragazza che era.
Questo succede, troppo spesso, tra indagini e racconti, programmi televisivi, serie tv, libri e documentari. Negli ultimi anni poi i prodotti true crime, racconti di ogni genere su casi di cronaca nera realmente accaduti, sono esplosi nel mercato e - in modo particolarmente evidente - nel panorama dei podcast dove, tra colpi di scena e finali inaspettati, la realtà di queste storie crude ha trovato terreno fertile per attecchire nella mente degli ascoltatori. E' così che, senza colpe o meriti, ElisaClaps scritto tutto attaccato ha preso il posto di Elisa. Per tutti, anche per la sua famiglia. Gildo Claps, il fratello di Elisa, lo ammette con un velo di tristezza nella voce: "Non riesco a pensare a lei prima della sua scomparsa, penso sempre e solo a quello che è successo dopo".
Il primo grande merito di Dove nessuno guarda - il caso Elisa Claps, un podcast di Sky Italia e Sky TG24, realizzato da Chora Media, a cura di Pablo Trincia, è proprio quello di averci ridato Elisa. Elisa che era felice, così felice da scrivere sul suo diario di essere "la ragazza più felice del mondo". Elisa che voleva fare il medico, essere una persona migliore. Elisa che aveva una famiglia straordinaria. Sono i Claps forse, più di tutto il resto, il vero gioiello di questo podcast: una famiglia unita, incredibile nella forza e nel dolore, che in ogni componente mostra una faccia diversa di questo trauma e di questo lutto.
C'è Gildo Claps, fratello coraggioso e fondamentale, instancabile nella ricerca della sorella negli anni di silenzi e domande. Gildo che si attacca alla verità, che combatte come solo un fratello maggiore potrebbe fare ma che mostra, nel momento più duro, la fragilità di chi ha perso tutto: si ferma, salendo le scale del sottotetto della chiesa della Santissima Trinità, e dice al fratello di andare avanti senza di lui, di andare a riconoscere il corpo della sorella - a 17 anni dalla sua morte - al posto suo. Lui che negli anni aveva minacciato l'assassino Danilo Restivo, lui che si era presentato alla sua porta in giro per il mondo, da Potenza all'Inghilterra, improvvisamente fermo su quelle scale straordinariamente umano, vero.
C'è Filomena Claps, la più forte di tutti. Madre instancabile, donna dallo spirito senza eguali. Lei che quel giorno, il giorno della scomparsa di Elisa, aveva già capito tutto ("L'ho detto subito, Elisa a casa non torna più") ma che non ha mai smesso di lottare per trovare la verità. Che ha preso un aereo per la prima volta solo per assistere al processo di Danilo Restivo in Inghilterra, e che poi al processo italiano si è presentata ad ogni udienza portando una gigantografia di una foto di Elisa per mostrarla al suo assassino. Lei che non ha mai perdonato la chiesa e gli uomini che hanno contribuito all'insabbiamento dell'omicidio, lei che ancora oggi alza la voce, lucida e infaticabile, per la sua Elisa.
E poi c'è Antonio Claps, il papà di Elisa. Lui, morto nel 2014, che di questo dolore rappresenta un'altra faccia. Antonio si è arreso quasi subito, distrutto dal dolore, convinto che nessuna verità gli avrebbe mai potuto ridare la sua Elisa. Morto quel giorno insieme a lei, morto di nuovo vedendo Danilo Restivo vivere per anni come un uomo libero, morto per l'ultima volta il giorno del ritrovamento del corpo della figlia. Antonio non si è presentato al funerale, non ha mai avuto a che fare con le indagini, non è più stato lo stesso neanche con la sua famiglia, cercando di andare avanti per gli altri figli.
È forse dal ritratto degli occhi spenti di Antonio Claps che, nell'ultima puntata del podcast, Pablo Trincia tira fuori una domanda che rimette tutto in discussione. Perché in questa storia, in otto puntate di ricerche accuratissime, il finale non sembra aver bisogno di nessuna ulteriore domanda, ed è proprio lì che chiedersi qualcosa, qualcosa di così difficile, fa male a tutti. Nelle storie di true crime c'è un assassino e una vittima, ci sono i buoni e i cattivi. I buoni sono Elisa e la sua famiglia, le vittime, mentre i cattivi sono Danilo Restivo, un ragazzo mentalmente disturbato fin dalla prima adolescenza, e la sua famiglia. Un padre importante che lo ha sempre aiutato, lo ha coperto, lo ha mandato lontano da Potenza e ha usato tutti i suoi contatti e le sue amicizie per difenderlo. Una madre e una sorella che in questo gioco delle parti sono state parte attiva, cieche davanti all'evidenza.
Eppure, dopo aver ripercorso le storie delle vittime di Restivo (Elisa Claps, Heather Bernett e - forse - anche Joan-Ok Shin), dopo aver seguito i suoi passi da Potenza a Bournemouth, Pablo Trincia spezza la corda di una narrazione tradizionale e pone a tutti una domanda, una di quelle a cui nessuno vorrebbe mai essere chiamato a rispondere: "È peggiore il lato dei Claps o è più difficile la posizione dei Restivo? Cosa avrei fatto io, da padre, se fossi stato nella posizione di Maurizio Restivo? Sarei stato io il primo a mettere in guardia gli altri da mio figlio o lo avrei difeso ad ogni costo?".
Non lo sappiamo, non possiamo saperlo. Non c'è un lato migliore in una storia in cui tutti escono distrutti, da 30 anni incastrati in "due incubi diversi che però sono terribili allo stesso modo". È questo, il vero contributo di questo podcast, il motivo per cui una ricerca accurata e precisa, sul campo, non si riduce a ciò che già conosciamo ma va oltre, restituendoci Elisa, la sua famiglia e il valore di una domanda impossibile a cui rispondere.