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Perché nessuno si indigna per il principe Andrea? Uno stupro è meno grave di una pacca sul culo?

  • di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

16 febbraio 2022

Perché nessuno si indigna per il principe Andrea? Uno stupro è meno grave di una pacca sul culo?
Caso Epstein: Andrea d'Inghilterra risolve le accuse di stupro ai danni dell'allora minorenne Virginia Giuffre con una "donazione sostanziale" da milioni di sterline che gli evita processi e incomodi. La notizia fa il giro del mondo, ma nessuno si indigna o entra nel merito della vicenda. Vi ricordate Andrea Serrani, il tifoso fiorentino che tirò una pacca sul culo a una giornalista in diretta tv? Anche se non se ne parla più, lui oggi è in attesa di "maxi-processo" e rischia dai 6 ai 12 anni di reclusione per "violenza sessuale"

di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

Che strana cosa, la pubblica opinione. Perennemente indignata. Che se ne stia in baretti di provincia tra calici di bianchino e briscole, emerga da vox populi televisivi montati ad hoc o sgorghi libera e rivoluzionaria sui social tutta tempestata di trigger e asterischi, tra orgoglio e #MeToo, arriva sempre il momento in cui, semplicemente, si tace. Di solito accade quando interviene la realtà, quel tipo di realtà fattuale, inattaccabile e non riassumibile in un paio di hashtag un tanto al kilo. È il caso della vicenda legale che riguarda oggi il principe Andrea d’Inghilterra, figlio della Regina Elisabetta, colei che impera sul Regno Unito e governa pure parecchie meme wave. Quello che è successo, però, non fa propriamente ridere: il rampollo, sessantaduenne, ha in questi giorni chiuso la vicenda denominata “Caso Epstein” e l’ha chiusa con una lauta somma in denaro (di entità non resa pubblicamente nota) versata alla ragazza che avrebbe ripetutamente stuprato qualche anno fa, avvantaggiandosi di un organizzatissimo racket di minorenni fatte prostituire alla mercè di eminenti milionari (tra cui, si dice, anche Bill Clinton). La storia è tremenda anche solo da scrivere (ed è già una docu-serie su Netflix, qualora la voleste approfondire). Sul fatto che sia tremenda non si discute, certo.  Allo stesso tempo, non si può far a meno di notare come questa notizia non abbia generato il minimo plissé di indignazione nella pubblica opinione di cui sopra. Vi ricordate quando volevamo dare tutti l’ergastolo (come minimo) all’idiota reo di aver palpato il posteriore di una giornalista in diretta tv nel post-partita Fiorentina-Empoli? Ecco, perché nessuno oggi sta dando mano alla forca?

Il “Caso Epstein” si è protratto per anni, tumulando di letame la reputazione di eminentissimi e (alle volte) insospettabili personaggi di fama mondiale, da Trump a Clinton passando per il principe d’Inghilterra, Andrea (che, nel frattempo, si è visto revocare tutti i titoli nobiliari suoi di nascita). Jeffrey Epstein era un imprenditore, ma soprattutto un criminale, amico dei potentissimi del mondo. Perché gli era amico? Si presume per moltissime ragioni, tra le quali, non di certo trascurabile riteniamo quel suo piccolo grande business di prostituzione minorile che aveva messo su insieme alla complice Ghislaine Maxwell, ricca ereditiera coi contatti giusti nell’alta società. Per quasi due decenni, tra Londra, Palm Beach, un’isoletta privata dei Caraibi e altre amene location, era tutto un fiorire di sontuose dimore trasformate stabilmente da Epstein e associata in alcove “per gli amici”. 

Epstein non è più tra noi. Curiosamente, il grande sodale di tutti i potenti (e lo è stato, almeno da metà degli anni Novanta fino ai primi Duemila) è passato a miglior vita una volta arrestato: morto in cella, suicidio, si dice. Prima di esalare l’ultimo respiro, aveva dichiarato di essere in possesso di grandi quantità di materiali considerabili pedo-pornografici riguardanti personalità del mondo dell’alta finanza, dell’imprenditoria e della politica di fama globale ancora non coinvolti da indagini e relativi processi. Ma possiamo credere al caso, alla coincidenza, a un improvviso senso di colpa venuto su all'improvviso dopo circa due decenni di abusi e orrori perpetrati ai danni (anche) di tredicenni. 

Non che la pubblica opinione non sia esplosa riguardo a questa vicenda. Dal 2016, quando Virginia Giuffre, una delle ragazze “scelte” da Epstein per animare le serate con gli amici, ha intentato la causa contro il principe Andrea d’Inghilterra, l’affaire è diventato di mondial dominio (e, per l’appunto, è arrivata anche la grande N a farci su una docu-serie). Oggi quella causa, in cui le accuse al principe Andrea sono di ripetuta violenza sessuale ai danni di una diciassettenne, si chiude con il versamento di un indennizzo a lei (o meglio, all’associazione in difesa di donne in difficoltà che la Giuffre ha messo in piedi negli ultimi anni). 

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Prince Andrew e la diciasettenne Virginia Giuffre, 2004 BBC Panorama

Quindi Prince Andrew che da sempre ha professato la propria innocenza senza prendersi nemmeno un nichelino di responsabilità per quanto accaduto, oggi schiva il processo come le dichiarazioni pubbliche e risolve tutto con il denaro di mammà. Questo mentre i sudditi britannici, per altro, sono imbufaliti: la “donazione” - manco la concretezza di chiamarla “multa”, “sanzione”, “risarcimento danni” -  definita agli atti “sostanziale” senza renderne nota l’entità, si sospetta verrà prelevata dalle casse del Regno Unito, proprio quelle che sono gli onesti contribuenti a rifocillare dal primo giorno di lavoro alla pensione. “Si tratta di 7,5 milioni di sterline”, titola il Daily Mail. “No, sono 12 milioni!”, spara il Telegraph. Comunque stiamo parlando di una cifra sicuramente, ben dicono gli atti con il loro aplomb inglese, “sostanziale”. 

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Un post condiviso da The Telegraph (@telegraph)

Passi che siamo abituati al brutto, all’osceno, al fatto che “tanto per i ricchi le cose vanno così, se la cavano sempre”. E sia detto anche che questa è una vicenda d’oltremanica: non abbiamo nessun compaesano super benestante da mettere alla gogna. Di conseguenza, questa storia non riesce a scuotere la pubblica opinione nostrana che elegantemente ne prende atto, più regale di Elisabetta in persona. Senza un minimo di indignazione, nemmeno uno straccio di hashtag social. Solo una domanda, allora: vi ricordate di quell’idiota toscano? No, quell’altro. 

Ecco, sì. Andrea Serrani, il tifoso fiorentino reo di aver tirato una pacca sul lato b della giornalista Greta Beccaglia in diretta su una tv locale post-partita di calcio. A fine novembre, non si parlava d’altro sul web come in televisione (nazionale). Lo volevate veder pagare per le sue colpe, tutti auspicavano che la moglie lo lasciasse, le sue scuse pubbliche erano state ritenute “insufficienti” per il “reato” commesso, un uomo finito. Un uomo finito che oggi, perché la vicenda si sta protraendo anche se nessuno ne parla più, sta per affrontare un “maxi-processo”, già si è beccato tre (meritati) anni di Daspo e ora come ora rischia dai 6 ai 12 anni di carcere per violenza sessuale. 

Non abbiamo altro da aggiungere, a Onor vostro. 

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