C’è chi parla di ritorno alle origini e poi c’è Salmo, nel 2025, che ha fatto qualcosa di molto più radicale: ha disertato. Si è tolto dai radar, ha mollato Milano, ha smesso di spippolare sui social e se n’è tornato a Olbia, tra le colline della Sardegna, in particolare la Gallura tanto cara a un certo Fabrizio De Andrè. Una zona franca che ha ispirato RANCH, perché è lì che ha partorito il suo nuovo album che uscirà il 9 maggio. Sedici tracce, un solo feat - Kaos, quello che per lui “era un semidio quando ho iniziato a fare rap” - e zero compromessi. Un disco che è una dichiarazione di guerra, o forse d’amore, ma sicuramente una ribellione a un sistema.

Salmo non si è semplicemente spogliato della retorica urban milanese, l’ha ignorata. Che è forse l’atteggiamento più efficace per far esplodere la bolla. È tornato dove il rumore di fondo che ascoltano tutti non arriva, dove “poter mettere tutto in pausa, ripensare le priorità, cambiare mentalità e abitudini”. RANCH è un concept album, ma sembra anche un concept di vita. Ed è per questo che suona come un atto di resistenza. Una contro-rivoluzione lanciata da un artista che si è stufato della bulimia di contenuti, degli algoritmi che decidono chi sei, e della musica usa e getta da classifica. Alla presentazione, questa mattina nella sede della Sony a Milano, è stato spiegato che RANCH è “un disco che non rincorre, ma si lascia trovare. Che non si piega, ma prende posizione”. Sembra scritto col sangue. O con l’inchiostro della verità, quella che esce quando hai il coraggio di stare zitto, da solo, senza pubblico.

Salmo non vuole più piacere, vuole dire qualcosa che possa ambire a restare nel tempo. E allora eccolo che spara: “Nelle stanze di RANCH non c’è spazio per la preoccupazione di aderire a un’estetica dominante o a un’aspettativa”. È un disco pieno di angoli, che non cerca l’approvazione: non ci sono featuring studiati per la playlist di Spotify, non ci sono sound progettati per TikTok, non ci sono feat. per aumentare gli streaming e i mi piace. C’è solo lui, e il suo bisogno di non diventare un automa. Perché, anche se non lo dice apertamente lasciando spazio all’interpretazione, questo è il messaggio più forte del disco: ci stiamo robotizzando. Stiamo perdendo il contatto con la carne, con l’anima, con l’imperfezione.

C’è una parola che riecheggia forte in tutto l’album, anche se non viene mai detta: disintossicazione. Da un sistema musicale che ti vuole vendibile prima che vulnerabile, da un mondo che confonde il contenuto con l’apparenza, da una generazione che rischia di vivere nell’emulazione del passato. Un disco che è un invito a domandarci: cosa stiamo diventando? E soprattutto: ci piace la trasformazione in atto e ne conosciamo i rischi? Niente hit, o almeno nessun brano pensato per diventarlo, con Salmo che è talmente consapevole che ammette persino il perché ha rifiutato 1 milione di euro per fare il giudice a X Factor: “Ho partecipato alle prove, gli piaceva il personaggio. Ho fatto lo stronzo, ho tirato fino al milione e poi ho rifiutato. Ma non è stata una questione di soldi, si sarebbe svolto durante la serie tv (Blocco 181) e parallelamente non volevo piangere, perché sarebbe successo. Se un ragazzino avesse cantato con il cuore avrei pianto”. C’è ancora qualcuno che è capace di rinunciare a 1 milione di euro per non piangere in tv? Ecco perché RANCH non è l’ennesimo album rap, ma una diserzione anti-robot: l’ultimo segnale di fumo di chi ha deciso di restare umano.
